Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Dopo una lunga e difficile malattia, se n’è andato ieri mattina Rav Giuseppe Laras, che per venticinque anni è stato il rabbino capo di Milano e anche dopo il suo ritiro da quel ruolo ha conservato la responsabilità rabbinica di Casale e di Ancona e la presidenza del tribunale rabbinico del Nord Italia.
Giuseppe Laras ha rappresentato la personalità più importante dell’ebraismo italiano nella generazione successiva a Rav Toaff, quella cioè che ha iniziato a operare nella stagione dell’ammodernamento del paese e dell’apertura del mondo cattolico e ha proseguito la sua influenza determinante fino a poco dopo il volgere del secolo, quando i tradizionali schieramenti politici e culturali hanno iniziato a collassare, l’islam si è imposto come un problema diretto e pericoloso anche per i paesi europei, il terrorismo è dilagato e nel mondo ebraico si è proposta una nuova generazione di rabbini, formatasi per lo più almeno in parte in Israele e più attenta all’influenza di quel rabbinato.
Personalità forte, preparatissima, di carattere molto determinato, Rav Laras ha segnato profondamente la vita ebraica italiana di quei decenni,, fra l’altro guidando il dialogo ebraico-cattolico, grazie anche alla sua profonda amicizia col cardinale Martini. È stato anche e soprattutto un maestro di pensiero, non solo per aver formato generazioni di rabbini e aver insegnato i precetti e la dottrina tradizionale alle comunità che ha guidato, soprattutto ai giovani; ma per aver portato il pensiero ebraico al pubblico assai più grande delle università, degli incontri interconfessionali, dei giornali.
Questo lavoro si è tradotto in numerosi volumi, la cui forma è stata positivamente segnata dalla vocazione professorale: se si vuole leggere un’esposizione chiara, completa, logicamente strutturata sulla storia del pensiero ebraico nelle sue diverse periodizzazioni, e in particolare sull’amato Maimonide, ma anche su temi apparentemente più marginali come la concezione ebraica dell’amore e della coppia, i libri di Rav Laras sono indispensabili. Questo lavoro di chiarimento e insegnamento, di studio dei testi e di storicizzazione della vicenda intellettuale dell’ebraismo ha contribuito potentemente a far capire alla cultura italiana, da decenni chiusa nei recinti simmetrici di cattolicesimo e comunismo, altrettanto chiusi alla peculiarità della tradizione di Israele che esiste e vive da millenni una cultura ebraica, ricca e complessa.
Queste sono tutte ragioni per cui è doveroso ricordare Rav Laras e lamentare la perdita, anche per chi non è stato suo allievo e ha dialogato con lui in tempi intermittenti, imparando dai suoi scritti e dalle sue lezioni. Ma ce n’è un’altra, che bisogna ricordare su questo sito. Rav Laras, che ha patito un’esperienza della Shoah molto diretta, è sempre stato attentissimo ai rigurgiti dell’antisemitismo, anche negli ambienti con cui intratteneva con profonda convinzione un dialogo istituzionale, e ha capito forse meglio di chiunque altro nel mondo ebraico italiano l’importanza dello Stato di Israele e la necessità di difenderlo contro gli attacchi militari ma anche quelli politici.
Negli ultimi anni , quando i suoi impegni quotidiani della cattedra rabbinica si sono allentati e insieme il suo stato fisico ha iniziato a peggiorare, Rav Laras si è convinto della necessità di intervenire direttamente e pubblicamente in questo senso. Le sue lettere, i suoi articoli di giornale, le sue interviste hanno assunto progressivamente un aspetto di urgenza e di preoccupazione profonda, cui il rabbino ha sentito di dover far corrispondere una chiarezza di espressione e un’energia sempre più forte. Anche la sua ultima lettera, il testamento spirituale che ha affidato prima di cedere alla sua malattia, ha questo carattere di urgenza, preoccupazione per lo stato dell’ebraismo italiano ed europeo, convinzione che la condizione perché la vita ebraica continui si trovi solo in Israele.
Anche per questi contributi, che molti hanno subito come imprudenti ma che in realtà erano frutto di profonda saggezza, dobbiamo essergli totalmente grati. Di poche persone si può dire davvero che abbiano amato come lui l’ebraismo e la sua ispirazione divina con tutta l’anima, con tutto il cuore (che nel mondo antico è la sede del pensiero) e con tutte le proprie forze. Dopo tutto il lavoro fatto in vita, ora è il suo ricordo a essere di benedizione per tutto il popolo ebraico e in particolare per gli ebrei italiani.
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