Rivka Barissever
Università Cattolica del Sacro Cuore – Facoltà Di Scienze Della Formazione – Corso Di Laurea In Scienze Dell’educazione – Relatore: Giuseppe Vico – Anno Accademico 1999
- CAPITOLO I: La famiglia ebraica nel secolo XX
- CAPITOLO II: Il matrimonio ebraico
- CAPITOLO III: I valori fondamentali dell’ebraismo
- CAPITOLO IV: I riti quali eventi evolutivi
- CAPITOLO V: Educazione, famiglia, Shoah
Introduzione
Ho deciso di svolgere questa trattazione in quanto ritengo che la famiglia ebraica sia portatrice di valori universali per cui non differenziandosi eccessivamente da qualunque altra famiglia, pur mantiene una certa interessante specificità.
In realtà non è semplice cogliere le caratteristiche davvero specifiche di un sistema di valori, usi e ritualità che non solo riflettono un particolare stile di vita ma soprattutto una visione pedagogica particolare. In questo lavoro ho cercato di cogliere le peculiarità della famiglia ebraica e del pensiero ebraico considerando l’argomento da diverse angolature.
Il testo è suddiviso essenzialmente in cinque parti. Nella prima, ho introdotto l’argomento delineando sul piano storico, lo sviluppo e l’evoluzione della famiglia ebraica del nostro secolo per poi focalizzare l’attenzione a questioni strettamente pedagogiche. In questo ambito, ciò che mi ha particolarmente affascinato è stato analizzare il ruolo educativo della donna all’interno della famiglia. Quest’ultima, subendo l’influsso dell’epoca moderna, ha modificato in parte la propria struttura allo scopo di addeguarvisi pur cercando di mantenere intatte le proprie finalità e le proprie peculiarità.
La seconda parte del testo si occupa dei valori educativi, molti dei quali universalmente riconosciuti, trasmessi dalla famiglia e dalla filosofia ebraica. In tale contesto emerge come il fondamento dei valori ebraici si fonda su concetti molto simili a quelli della cristianità pur restandovi una certa differenza di significato.Nella terza parte della trattazione, essenzialmente correlata alla seconda, ho iniziato col soffermarmi sulla particolare ritualità del matrimonio ebraico che rapresenta una fase essenziale e ricca di significato della vita ebraica. L’istituzione del matrimonio è portatore, infatti, di valori fondamentali, motivo per cui essa è regolata da numerose leggi e proibizioni. Le finalità del matrimonio coincidono, inoltre, con quelle della famiglia. Per questi motivi il matrimonio riveste una grande importanza nella vita famigliare ebraica per cui ho ritenuto appropriato allargare la trattazione accennando anche all’istituzione del divorzio secondo il punto di vista ebraico.
Il quarto capitolo è dedicato, invece, all’aspetto delle ritualità ebraiche e al loro significato educativo, per cui è stato necessario operare una scelta inquadrando le ritualità che riflettono più espressamente insegnamenti pedagogici e valori educativi ebraici. Nello stesso capitolo ho illustrato il problema della crisi spirituale in cui stà vivendo parte dell’ebraismo di oggi quale è riflessa dal valore e dall’ebraicità dei riti.
Infine, nell’ultimo capitolo che può essere considerato una conclusione in parte separata dal resto del lavoro, è stato sviluppato il tema dell’educazione sulla Shoah dal duplice punto di vista delle problematiche educative che esso ha la potenzialità di suscitare e dell’influsso che tale argomento esercita sul progetto di vita delle giovani generazioni.Al rigurdo viene trattato anche l’argomento della complessità e delle forme di elaborazione di tale esperienza da parte dei sopravvissuti e delle loro famiglie.
La presenza di interessanti testi sull’educazione e sulla famiglia ebraica ed articoli riguardanti testimonianze sulla Shoah mi ha incoraggiato a persistere nella ricerca e mi ha permesso di organizzare il lavoro intorno ai nodi centrali ed ai vari interessanti aspetti della pedagogia ebraica.
CAPITOLO I: La famiglia ebraica nel secolo XX
1.1. Aspetti storici
1.2. L’educazione dei figli
1.3. Il rispetto della persona
1.4. L’educazione attraverso l’esempio
1.5. Lo studio della Bibbia
1.6. Il quinto comandamento
1.7. Il ruolo della donna
1.8. Prospettive storiche
È mio intento delineare le caratteristiche fondamentali della famiglia ebraica di oggi attraverso una panoramica generale delle diverse influenze e modifiche che essa ha subito nel corso di questo secolo ma anche alla luce di una ben più antica tradizione che la rende simbolo per eccellenza dello stile di vita ebraico.
1.1. ASPETTI STORICI
Nel corso del ventesimo secolo, la famiglia ebraica, è andata incontro ad un numero talmente elevato di variazioni e modifiche da risultare del tutto eterogenea. La sua struttura, nei secoli, ha assunto forme diverse in accordo con il paese di residenza, classe socioeconomica e livello d’acculturazione.
Gli storici della famiglia hanno descritto la famiglia contemporanea come una piccola unità domestica con poca spinta ad estendere i propri confini all’ambiente circostante creando, così, forti legami affettivi al suo interno ma anche una sottile barriera fra sè e la società nel suo insieme.
Contrariamente alla famiglia estesa tradizionale, la moderna famiglia nucleare tende a divenire sempre più nucleo di consumo che di produzione.In questo senso la famiglia ebraica sembra essersi modernizzata rapidamente1).
Prima ancora della sua emancipazione all’interno della società borghese, alle soglie del ventesimo secolo, i suoi membri risultavano aver stretto forti relazioni affettive attorno al proprio nucleo.
Ciò che caratterizzò maggiormente la sua modernizzazione fu, però, la forte riduzione della fertilità e del numero dei figli a causa del forte desiderio di ascesa sociale e della relativa necessità di prole in lavori comuni all’interno del popolo ebraico quali le piccole imprese commerciali. Essa viene considerata la più piccola unità sociale attraverso la quale la cultura e l’eredità ebraica vengono trasmessi e tutelati.
Il focolare domestico ebraico resta, durante il ventesimo secolo, il centro delle pratiche e cerimonie sociali e religiose in quanto è all’interno delle sue mure che si festeggia settimanalmente il sabato ebraico (lo Shabbat) e vi si celebrano i pasti delle maggiori festività religiose.
La famiglia ebraica si presentava, alle porte del ventesimo secolo, circondata da un forte mito circa la propria forza e stabilità quale si era mostrata nei secoli.
L’armonia domestica era un ideale a cui la famiglia ebraica mirava non solo attraverso la cura delle interazioni quotidiane e delle relazioni interpersonali, ma anche attraverso particolari ritualità e feste.
L’ordine e la serenità domestica risultano essere valori centrali nella famiglia borghese del ventesimo secolo.
Risulta essere questo il motivo per cui gli ebrei desiderosi di vivere secondo gli standards della classe media urbana citarono la famiglia ebraica come segno della propria aderenza alle norme borghesi.
I ruoli dei membri della famiglia ebraica del nostro secolo subirono modifiche in conseguenza della sua integrazione all’interno della borghesia locale e della più ampia società.
Essa era incentrata, fin dai tempi più antichi, sulla differenziazione del ruolo maschile e femminile in modo da creare tipologie ideali tramandate attraverso le generazioni.
Con l’epoca moderna questi generi cominciarono a subire l’influenza dei cambiamenti socioeconomici e culturali che investirono l’Europa.
Innanzitutto è il ruolo della donna a proiettarsi al di fuori delle mura domestiche in modo da divenire una presenza attiva nel sociale e nel mondo del lavoro.
Cambiò l’immagine culturale del ruolo femminile. Essa era stata, nei secoli, considerata il baluardo della tradizione domestica e responsabile dell’educazione dei figli soprattutto durante l’infanzia.
Non bisogna, però, ignorare le modifiche subite dal ruolo maschile che non ebbero conseguenze meno decisive per la famiglia moderna.
L’uomo venne a ricoprire nuove responsabilità nel mondo del lavoro attraverso l’apertura ad una serie di nuove professioni che lo integrarono all’interno del mondo del business rendendolo sensibile ad una nuova ideologia basata prevalentemente sul guadagno e sul consumo.
Egli, di fatto sempre meno presente all’interno della famiglia e meno coinvolto all’interno delle ritualità famigliari, venne ad essere sempre più escluso dall’educazione dei propri figli. In questo modo l’uomo sperimentò una forte discontinuità rispetto al passato.
L’antica tradizione dello studio della Bibbia in quanto professione venne trascurata e limitata all’interno di circoli ristretti ed elitari.
Malgrado ciò vi sono alcuni elementi di continuità nei ruoli rispetto alla tradizione.
La libertà nella scelta del coniuge può essere considerato un elemento di continuità in quanto venne praticata gradualmente fin dagli ultimi due secoli così che l’ideologia dell’amore romantico sostituì quasi definitivamente la tradizione dei matrimoni combinati.
Inoltre, malgrado la famiglia nucleare risulti essere la forma dominante di struttura famigliare lungo tutto il corso del ventesimo secolo, la famiglia estesa continua ad essere una forma di supporto alla famiglia ancora presente ed attiva all’interno della comunità.
1.2. L’EDUCAZIONE DEI FIGLI
Attraverso le pagine del Talmud2) viene continuamente messo in evidenza come risulti basilare, all’interno della vita ebraica, la funzione parentale.
L’intero pensiero ebraico sulla famiglia ruota intorno a concetti pedagogici riguardanti l’educazione dei figli in quanto la trasmissione delle conoscenze dei genitori alla prole è il fondamento stesso della famiglia ebraica e garanzia per la continuità dell’identità ebraica e dell’intera comunità.
La parola “figli’ in ebraico si traduce con “banim” da cui stessa radice deriva il sostantivo “bonim” (costruttori).
I figli permettono la costruzione della comunità e da essi dipende il suo futuro ed è anche per questo motivo che i figli vengono considerati, dall’ebraismo, un prezioso tesoro donato da Dio.
Tutti i più grandi maestri del tradizionale pensiero ebraico sono concordi nell’affermare che lo scopo principale dell’educazione consiste nel trasmettere fondamentali valori universali sulla base di una sana relazione fra genitori e figli.
La Bibbia insegna che i genitori e i maestri hanno l’obbligo di guidare i propri figli nella distinzione fra il Bene ed il Male nelle diverse sfere della vita.
In essa vi è scritto che per un educazione sana, madre e padre dovrebbero essere in accordo su concetti educativi di base, uniti e coerenti nelle proprie azioni.
Il Talmud suggerisce che, nell’educare i propri figli, un genitore debba lasciare che ” la mano sinistra rigetti mentre la destra accolga” ossia l’amore (simboleggiato dalla mano destra, più forte) debba comunque sempre seguire la punizione e debba essere adoperata maggiormente rispetto alla severità.
Non meno rilevante della liturgia sinagogale è, per l’ebraismo, la liturgia quotidiana che si dipana fra le pareti domestiche.
Louis Isaac Rabinowitz3), è possibile leggere: ” La costante insistenza sul valore della famiglia come unità sociale per la propagazione delle virtù domestiche e religiose, nonchè il fatto significativo che la parola ebraica per matrimonio è “qiddushin”, cioé santificazione; ebbero il risultato di fare della casa ebraica il fattore più vitale nella soppravvivenza del giudaismo e nella preservazione del modo ebraico di vita, molto più che la sinagoga e la scuola”
Se il rapporto maestro-discepolo resta assolutamente fondamentale nello svolgersi del giudaismo, è necessario notare come i primi insegnamenti religiosi del rampollo vengano impartiti in famiglia dalla madre e dal padre, secondo una lunga serie di prescrizioni bibliche.
Il padre e la madre sentono, dunque, come un dovere il loro “parlare” ai figli, almeno fino al “bar/t mitzvà”4), dei comandamenti, dei gesti, dei riti culturali della loro fede.
1.2.1. Educazione in sviluppo
L’ideale educazione ebraica è quella che si pone in una prospettiva di continuo sviluppo e reinforzamento.
Innanzitutto è compito dei genitori quello di essere autocritici e sviluppare al massimo le proprie potenzialità e la propria personalità in modo da participare più consapevolmente all’educazione dei propri figli.
Il sostantivo figlio viene tradotto, nella lingua ebraica, con la parola “ben” dalla radice del verbo “banò” che significa costruire. Quindi, per quanto riguarda l’educazione si dovrebbe dire costruire un figlio al posto di crescere un figlio.
Non sarebbe possibile far costruire una casa da un medico, allo stesso modo è inconcepibile che un genitore ebreo “costruisca” il proprio figlio senza almeno una generale conoscenza delle basi pedagogiche dell’educazione dei figli che facciano da “fondamenta”.
E’ basandosi su questo principio che la tradizione ebraica delega un ruolo speciale e molti insegnamenti all’educazione dei genitori.
1.2.2. Educazione integrale
L’Educazione da impartire ai figli deve essere integrale e completa in modo da comprendere un ampio bagaglio culturale esteso a diversi ambiti della conoscenza.L’Educazione integrale dell’uomo ha come scopo pìrincipale la sua civilizzazione. Egli risulta civillizzato solo qualora si comporti in modo integro, giusto ed onesto.Questo é anche lo scopo dell’educazione ebraica e la maniera più sicura di raggiungerlo è attraverso un educazione fondata su forti basi etico-morali e religiose.Quindi, secondo l’Ebraismo, è necessario che il bagaglio culturale di un ebreo comprenda conoscenze nell’ambito della storia, lingua, religione e pensiero ebraico. Tutto ciò avrebbe anche il merito di permettere ad una minoranza, quale risulta essere il popolo ebraico, di mantenersi saldo nella propria identità e permettere la propria continuità.Ai fini di uno sviluppo armonico della persona e della sua soppravvivenza all’interno di una particolare società, però, è necessario che gli studi generali e secolari ricoprano un ruolo non meno fondamentale all’interno del curriculum di un educazione integrale.
Inoltre è necessario chiarire che le credenze fondamentali dell’Ebraismo sono tutte indirizzate verso un rafforzamento delle capacità mentali ed un aumento delle conoscenze umane sia di genere religioso che laico.L’Educazione laica e quella religiosa devono riuscire a concigliarsi armonicamente all’interno di una gamma di conoscenze personali.Inoltre, l’educazione alla salute risulta essere un altra componente facente parte di un educazione completa.
Dall’insegnamento ebraico che cita: “prenderete cura delle vostre vite”(Deuteronomio 4:15) è lecito dedurre l’importanza della cura del proprio corpo e della propria salute.Le leggi ebraiche che governano l’educazione alla salute spaziano da proibizioni contro tutto ciò che possa mettere in pericolo la propria vita a regole che governano l’esatta cura del proprio fisico.Oltre a ciò, un ruolo particolare riveste nel campo educativo ebraico l’obbligo paterno di insegnare un mestiere al proprio figlio in modo da poterlo rendere, una volta cresciuto, economicamente autosufficiente.Il Talmud fornisce una motivazione etica all’enfasi con cui si insiste su questo comandamento: se non si addempisse a questo dovere religioso sarebbe come se si insegnasse il furto alla propria discendenza.Questo obbligo viene, così, a rivestire un valore religioso e non viene relegato ad essere puramente un dovere pratico a carattere laico.E’ evidente, dunque, come solamente attraverso un educazione che sia indirizzata alla persona nella sua integrità è possibile avvalorare la salute mentale di ogni individuo.
1.3. IL RISPETTO DELLA “PERSONA”
E’ presente anche nella tradizione ebraica il concetto cristiano che si debba educare la “persona” nel suo insieme e nella sua complessità, rispettandone la personalità attraverso il rafforzamento delle sue varie componenti.L’educazione influenza vari aspetti della personalità quali il carattere, lo stile di vita,e le ambizioni e ne modella i valori.
Questo concetto è dedotto in maniera indiretta dalla frase talmudica: “Lascia che l’amore del tuo discepolo ti sia caro quanto il tuo” e da quella biblica: “Ama il tuo prossimo come te stesso” ma è anche attestato da un antica tradizione di pensiero rabbinica.
L’educazione ebraica mira all’uomo nella sua completezza in quanto i suoi insegnamenti e le sue argomentazioni riguardano diversi ambiti della personalità e della vita.Il rispetto alla “persona” del figlio, nella sua unicità, parte dal concetto religioso secondo cui ogni uomo ha valore infinito in quanto creato ad immagine divina.Alcune delle fondamentali componenti a cui si indirizza l’educazione ebraica nel rispetto della persona sono: l’Autostima, l’Indipendenza, la Disciplina e l’Amore.
1.3.1. L’autostima
Un compito importante dell’educazione ebraica consiste nello sviluppare la stima di sè, delle proprie capacità e potenzialità.
La Bibbia insegna ad amare il prossimo come se stessi.In questo concetto, però, sembra dato per scontato il fatto che le persone amino effettivamente se stessi in modo da amare gli altri con la stessa intensità.In effetti, il comandamento biblico implica che prima che una persona possa amare gli altri debba essere capace di amare se stesso.
Ciò risulta, inoltre, essere un interessante concetto psicologico.
E’ convinzione di parecchi rami della disciplina psicologica che le persone a cui manca l’autostima difficilmente riescono a stabilire soddisfacenti e sincere relazioni d’amore e d’amicizia con il prossimo.
Numerosi studi a carattere psicologico confermano come il modo in cui una persona è stata cresciuta e considerata dai propri genitori sia ciò che contribuisce maggiormente all’autostima nell’adulto.
Secondo il pensiero ebraico, un genitore deve agevolare il processo d’indipendenza e di sviluppo della personalità del figlio anche attraverso la dimostrazione di stima e rispetto.
1.3.2. L’indipendenza
La tradizione ebraica enfatizza l’indipendenza come fondamentale caratteristica dell’uomo maturo .
I figli devono essere incoraggiati a divenire gradualmente indipendenti dai propri genitori.Può essere presa a simbolo di questo fondamentale concetto, la legge religiosa secondo la quale un figlio viene avviato ai doveri religiosi e ai comandamenti ancor prima di raggiungere i tredici anni, data della sua maturità religiosa.L’essere genitori iperprottettivi viene visto, nel pensiero ebraico, in maniera negativa in quanto intralcerebbe la giusta e naturale attitudine verso l’indipendenza presente nel bambino e ne distruggerebbe l’autostima.
1.3.3. La disciplina e l’amore
La Bibbia insegna che i genitori hanno il compito e la responsabilità di guidare i figli nel fare propri determinati valori e sviluppare la capacità di distinguere fra il bene ed il male nelle diverse sfere della vita.
La disciplina consiste in una parte essenziale della guida verso i valori in quanto serve a rafforzarli avvalorando la giusta attitudine comportamentale. L’assenza di disciplina comporta l’assenza di guida.
La letteratura ebraica cita spesso l’idea che la disciplina debba sempre essere seguita da affetto ed amore in modo che il figlio non interpreti la punizione come un rifiuto verso la sua persona bensì quale intolleranza verso l’atto commesso. La parola “disciplina” deriva dal sostantivo “discepolo”, da ciò è possibile derivare un importante concetto pedagogico. Non è possibile forzare l’insegnamento di una materia ad un discepolo in quanto esso deve risultare dal desiderio d’imparare. Allo stesso modo la vera disciplina deve scaturire dal desiderio di farsi guidare.Il terreno su cui instaurare un approppriata disciplina ed una sana relazione è quello in cui si sia riusciti a rendere il proprio figlio un “discepolo”.Ciò richiede pazienza e perseveranza ma soprattutto é necessario che prima il genitore abbia costruito un rapporto d’amore consolidato con il proprio figlio. Questo insegnamento può essere dedotto dal commento pedagogico al Mishlei del Gaon di Vilna che spiega come a volte sia necessario non farsi false aspettattive su risultati immediati ma avere l’acutezza e la pazienza di retrocedere, quando necessario, prima di proiettarsi in avanti.
1.3.4. L’importanza dell’ambiente
L’ebraismo pone la famiglia al centro della comunità e ne fa il baluardo dell’educazione, nella difesa di valori universali vissuti nella quotidianità attraverso la pratica di riti, usi, costumi e regole derivanti dalla tradizione e dalla religione ebraica. Il gruppo, la comunità, l’ambiente, in generale, hanno un influenza non trascurabile sulla personalità futura del bambino. La persona e la comunità più ampia sono strettamente interdipendenti. Nell’ebraismo il ruolo ed il contributo di ogni singolo individuo alla propria comunità e alla società in cui vive sono fondamentali. Dalle singole persone dipende il futuro della comunità, la quale, a sua volte, ha il compito di tutelare il singolo e venire incontro alle sue esigenze.Il singolo e la collettività sono posti allo stesso livello d’importanza pur nella loro specificità.
1.4. L’EDUCAZIONE ATTRAVERSO L’ESEMPIO
La pedagogia ebraica paragona la relazione genitore-figlio a quella maestro-discepolo.Come per la relazione maestro-discepolo, quella parentale è delineata come una relazione fondata essenzialmente sull’esemplarità. Le prime interazione madre-figlio avvengono primariamente attraverso l’imitazione e la ripetizione di gesti e parole.
Grazie all’imitazione, il bambino ancora neonato, impara le azioni e nozioni di base che ne permettono la sopravivenza.
Le ritualità quotidiane e lo stile di vita ebraico sono fondati sulla ripetizione. La preghiera del mattino, le benedizioni del pasto, e il lavaggio delle mani, sono gesti ripetuti con cadenza quotidiana.
Attraverso queste ritualità vengono tramandati quotidianamente particolari insegnamenti, significati e valori. E’ responsabilità del genitore addempiere a tali ritualità per primo in modo da educare attraverso l’esempio e la coerenza. La stessa personalità paterna e materna devono essere d’esempio allo sviluppo armonico del carattere del proprio figlio. Anche una volta adulto, il figlio non dovrebbe mai smettere di considerare il proprio padre un modello e una fonte di conoscenze. E’ questo il motivo per cui divenire genitori non viene considerato un fatto connaturale o privo di difficoltà. Al contrario, esso è un arte la cui padronanza non è mai del tutto raggiunta; l’essere un buon genitore e un buon maestro è uno scopo a cui l’uomo deve tendere tutta la vita.
1.5. LO STUDIO DELLA BIBBIA
Un genitore ebreo è obbligato dalla legge rabbinica a preparare il proprio figlio a condurre una vita che segua il percorso morale tracciato dal Vecchio Testamento. 5) La costante reiterazione nel Pentateuco6) del dovere d’insegnare i precetti divini al popolo, e in special modo al giovane, deve aver stimulato una qualche sorta di educazione religiosa tra gli ebrei fin da tempi antichi.
Perfino fin dall’era dei Giudici un giovane era capace di scrivere in ebraico(Giudici 8:14).7) Probabilmente per secoli l’educazione religiosa è stata insegnata dai leviti8), i quali vi si dedicavano per professione.
Lo studio della Bibbia è talmente fondamentale che il suo valore egguaglia quello di tutte le altre “mitzvot”9) messe assieme.
E’ attraverso questo studio che il popolo ebraico è riuscito a preservare, nei secoli, la propria identità e specificità malgrado fosse stato disperso fra le nazioni.La responsabilità a riguardo dello studio della Bibbia incombe primariamente sul padre ma vi si occupa anche la madre, pur non avendone l’obbligo religioso. Ella indirizza il figlio verso una vita spirituale soprattutto durante i primi anni di vita.
Il padre è obbligato ad insegnare la Bibbia al figlio secondo quanto è scritto in essa “ed insegnerai ai tuoi figli stando a casa, camminando per la via, coricandoti ed alzandoti”10) e secondo il comandamento biblico “e lo insegnerai diligentemente ai tuoi figli” (Deuteronomio 6:7).Un padre che sia impossibilitato ad insegnarla personalmente al proprio figlio è libero di incaricare un maestro a suo posto.
A riguardo della madre, ella acquista merito esortando il proprio marito ed i propri figli allo studio. In questo modo ella ricopre un ruolo maggiormente indiretto nella trasmissione della tradizione biblica.
Le donne non sono obbligate a studiare la Bibbia ma di fatto, nel corso dei secoli, esse ne sono state spesso partecipi e a volte protagoniste sia nell’apprendimento che nell’insegnamento in famiglia.
Il comandamento del chinuch (insegnamento) richiede ai genitori di abituare il figlio a compiere i propri doveri religiosi fin dall’infanzia.
Questo insegnamento deve essere adeguato all’età e al livello di comprensione della persona.Lo studio della Bibbia viene sviluppato attraverso lo studio dei commenti ad essa relativi che evidenzino i numerosi esempi positivi di bontà e carità che vi si possono trovare e che indirizzano il giovane verso un educazione ai valori che possa essere applicata al quotidiano.Dalla Bibbia è possibile trarre insegnamenti su valori universali e sempre attuali quali l’amore per il prossimo e la pace ma anche esmpi negativi di “controvalori”i la gelosia e la corsa verso l’arricchimento.
Studiarla significa, per un ebreo, essere continuamente a contatto con il proprio passato, le proprie origini, la propria storia ma anche la propria cultura ed identità.In essa sono illustrate diverse tradizioni, vi compaiono differenti popoli ma vi sono citati valori universali in modo da rendere possibile che ogni allievo vi si riconosca e,contemporaneamente, viene evidenziato ciò che unisce tutti i popoli.Lo studio della Bibbia risulta essere superiore perfino alla preghiera in quanto, secondo la concezione ebraica, esso può permettere un “dialogo” con il Signore mentre la preghiera viene descritta metaforicamente come “monologo”.Lo studio, al contrario della preghiera, non solo avvicina al divino ma né permette, inoltre, la comprensione.Esso unisce le generazioni in quanto vi è tenuto il giovane quanto l’anziano divenendo, così , un patrimonio comune che garantisce la sua trasmissione generazionale.
Lo studio della Bibbia viene considerato un valore a se’ stante, ma contemporaneamente risulta essere un mezzo con cui garantire la trasmissione di altri valori.Lo scopo principale di questo studio è quello di aumentare la spiritualità dell’uomo attraverso il “fare”, attraverso l’accompimento degli altri doveri religiosi e non consiste semplicemente in un accrescimento delle potenzialità intellettuali.
Uno studio che non porti ad azioni approppriate per quanto riguarda la relazione con il Signore o con il prossimo fallisce nel suo scopo.
1.5.1 Lo studio della Bibbia e le donne
La storia dell’educazione delle donne ebree illustra il carattere dinamico della legge ebraica in relazione con la realtà sociale.
E’ una storia di tradizioni e transizioni culminate nel ventesimo secolo in cambiamenti di grandi dimensioni. Nel corso dei secoli, diverse comunità ebraiche hanno garantiti, a livello informale, lo studio della Bibbia e delle mitzvot alle donne che ne fossero interessate malgrado esso non sia considerato un obbligo femminile dalla religione ebraica.
E’ importante notare che durante il ventesimo secolo, si sviluppò un dibattito generale in termini di eduazione femminile dove su spinta di diverse correnti di tradizione ebraica si discusse anche di studio della Bibbia per le donne in modo che ai giorni nostri essa risulta maggiormente accessibile alle donne. Nell’antichità, però, esso non fu sempre possibile in quanto, lo studio, era considerato prerogativa strettamente maschile.
1.6 IL QUINTO COMANDAMENTO
La relazione parentale viene paragonata, nelle fonti bibliche e Talmudiche, a quella particolare relazione che s’instaura tra l’uomo e il Divino.Ciò può essere dedotto dal fatto che questo particolare comandamento fa parte dei comandamenti riguardanti il rapporto fra l’uomo e D-o. Infatti i dieci comandamenti inscritti su due tavole, contenevano cinque imperativi su ognuna di cui i primi cinque generalmente relazionati al rapporto dell’uomo con il divino mentre gli ultimi cinque legati al rapporto con il prossimo.Il quinto comandamento fa parte dei primi cinque. Malgrado il quinto comandamento sia basato sul concetto di gratitudine, questo obbligo non diminuisce di valore anche se, e qualora, i genitori non dessero niente ai propri figli. (Presunto sia possibile)
Nel quinto comandamento si parla di “onorare e riverire i propri genitori” intendendo per “onorare” un atteggiamento rivolto all’amore reciproco, condizione necessaria per un accettazione incondizionata del genitore, mentre il termine riverire viene inteso come atteggiamento rispettoso che il figlio dovrebbe tenere nei confronti dei genitori cercando di mostrarsi degno del loro amore. L’onorare un genitore implica il fatto che il figlio venga considerato degno di ricevere amore dai propri genitori anche nel caso non sia in grado di raggiungere gli standards che i genitori vorrebbero che raggiungesse o non soddisfi le loro aspettative. Questo genere di relazione duale rispecchia nella tradizione ebraica lo stesso genere di rapporto che s’instaura con D-o: Il Signore ama l’uomo sia maternalmente che paternalmente.
E per questo motivo che nel Talmud la mitzvà di onorare e riverire i genitori viene vista come preparazione a mostrare apprezzamento al Signore così come lo mostriamo ai nostri genitori.
Malgrado non vi siano perfetti stereotipi di modelli genitoriali e ogni madre o padre sia in essenza una sintesi di differenti modalità parentali, nella tradizione ebraica l’amore paterno viene visto essenzialmente come un sentimento contingente mentre l’amore materna come incondizionato. L’orientamento base della relazione paterna è di tipo reverenziale per natura. E’ per questo motivo che la Torah enfattizza maggiormente il fatto che un padre debba essere onorato.
L’orientamento base della relazione materna, invece, è ricco di amore e onore ed è per questo motivo che viene enfatizzato il dovere di reverire la madre in modo da compensare alla naturale inclinazione a mostrare più amore che timore. Nella Bibbia è scritto di onorare e riverire i propri genitori ” come il Signore tuo D-o ti ha comandato”(Deuteronomio Ch.5) ossia in quanto dovere religioso e disinteressatamente verso ciò che ne riceviamo in cambio.
Ramban, uno dei maggiori filosofi ebrei, nel commentare il comandamento pone in evidenza come la tradizione ebraica sia basata sulla sua trasmissione orale attraverso l’educazione delle giovani generazioni.In questo modo il rispetto verso il genitore è la pietra cardine della tradizione ebraica che risale fino al patriarca Abramo cosiché il quinto comandamento risulta essere il garante per gli altri nove.Il verso di “Esodo” riferente al quinto comandamento evidenzia che come conseguenza dell’adempimento, di questo comandamento “si allungheranno i tuoi giorni sulla terra”ossia, la nazione ebraica verrà preservata, sicura, sulla propria terra.Inoltre quest’ultimo verso viene commentato anche come allungamento della vita del singolo sulla terra.
La mitzvà di onorare i propri genitori è scritta nella Torah, immediatamente dopo l’appello agli Ebrei a simulare il comportamento divino comportandosi in modo santo.(Levitico 19:1-3)
Da ciò si può trarre l’insegnamento che solo quando i genitori riescono a riempire la propria dimora di una particolare atmosfera di santità viene assicurata una giusta educazione e vengono poste le basi perchè i figli possano onorare e riverire i propri genitori. La Torah insegna che un “uomo” deve riverire i propri genitori, ossia anche un uomo adulto ha l’obbligo di farlo ed è in questo modo, attraverso l’esempio, che i suoi figli , a loro volta, l’onoreranno.In questo modo un singolo genitore fa in modo che si delinei una situazione in cui sia lui stesso che suo figlio onorino i rispettivi genitori.Inoltre, questa mitzvà occupa un ruolo importante nella Torah proprio a causa della difficoltà di adempierla in modo approprriato. Numerosi anneddoti nel Talmud e nel Midrash11) mettono in chiaro come fosse considerato fondamentale questo obbligo e quanto fosse basilare in quanto valore. Oltre agli impedimenti pratici che possono impedire l’addempimento di questo dovere ve ne sono di genere emotivo quali la profonda difficoltà psicologica nel sentirsi indebito verso altri. L’uomo per natura tende all’indipendenza e può sentire come costrittivo la necessità di esprimere il proprio apprezzamento. Inoltre vi può essere la tendenza a dare per scontato e non apprezzare il vero valore di ciò che i genitori donano ai propri figli in quanto l’uomo tende ad avere l’aspettativa di un continuo provvrdere ai propri bisogni. Questo problema secondo la visione di parecchi maestri della Torah, è rafforzato dalla tendenza attuale dei genitori a porsi in relazione di equità davanti ai figli in modo da ricoprire un ruolo di amicizia.L’onorare e il riverire i genitori rapresentano due distinti comandamenti con relativi differenti parametri.
Generalmente, onorare include tutte quelle azioni che servono ad esprimere rispetto filiale attraverso le parole, i fatti ma anche attraverso il pensiero.Dall’altro lato, gli stessi genitori hanno l’obbligo di non porre ostacoli verso la piena attuazione di questo comandamento e parallelamente di non esentare il proprio figlio da questo dovere evitando qualsiasi situazione che possa permettere al figlio di dimostrare il proprio onore.L’onore ai propri genitori deve essere dimostrato personalmente e non attraverso terzi e consiste nel provvedere alle necessità primarie dei propri genitori anche quando essi non facciano richieste esplicite.Nel caso non si tratti di richieste riguardanti necessità di base il figlio è obbligato solo nel caso sia una richiesta esplicita.Per quanto riguarda l’aspetto pratico di questo dovere esso consiste fondamentalmente nel garantire l’alimento, il vestiario e il trasporto per i propri genitori nonchè di servirli personalmente nel caso non fossero autosufficienti.
Invece, il riverire consiste nell’evitare alcuni generi comportamentali che possano turbare i propri genitori.Questo tipo di dovere include il non contraddire apertamente le parole o l’opinione dei propri genitori, il non chiamarli per nome o sedere al loro posto.
I doveri che i genitori hanno nei confronti dei propri figli derivano anch’essi da commenti e chiarimenti riguardanti il quinto comandamento.E vietato ad un genitore il percuotere il proprio figlio una volta cresciuto per evitare di trasgedire all’ingiunzione” non porrai alcun ostacolo davanti al cieco”(Levitico19: 14), in quanto l’azione paterna potrebbe causare una mancanza di rispetto o una ribellione da parte del figlio.Inoltre un genitore ha l’obbligo di non comandare al figlio di compiere un azione che danneggerebbe l’altro genitore. Nel caso lo facesse al figlio è permesso disubbidire.
Nel caso un genitore senta che il figlio si rivolge in maniera degradante ed umiliante verso l’altro genitore, è obbligato a prenderne le difese.
L’obbligo di onorare i propri genitori si estende oltre il corso della loro vita e assume diverse forme.E’ uso frequente quello di dare ai propri figli il nome dei nonni oppure fare carità in nome dei propri genitori.
E’ possibile dedicare un lavoro compiuto ai propri genitori come , ad esempio, la stesura di un libro oppure fare delle preghiere speciali in loro onore.Per quanto riguarda gli obblighi di tipo finanziario, il figlio eredita i debiti del padre ed è obbligato a saldarli al più presto.
Oltre all’obbligo di onorare i propri genitori, un figlio è tenuto ad onorare alcuni altri parenti pur se l’onore dovuto ai genitori ha chiaramente la precedenza. Questo obbligo è derivato in certi casi da versi biblici mentre in altri è di natura rabbinica.Esso riguarda l’onore dovuto a genitori adottivi, sorelle o fratelli maggiori, nonni e suoceri.
1.7. IL RUOLO DELLA DONNA
La specificità della donna, nella lingua ebraica, è dichiarata direttamente sul suo nome: “ichà”, donna in ebraico, non è solo il femminile della parola “ich”, uomo, ma il fatto che venga aggiunta una lettera nel nome della donna, simboleggia, secondo un commento ebraico, la differenza e scecificità della donna. Nell’Ebraismo, la famiglia è considerata la base della vita sociale; il Talmud attraverso le sue leggi, mira ad assicurarne la purezza e la stabilità.
Malgrado le socità dell’antico medio oriente fossero essenzialmente a carattere patriarcale, la Bibbia riserva un immagine favorevole alla donna, in particolare in ambito famigliare ma anche all’interno della vita religiosa d’Israele.Inoltre, riconoscendo lo specifico ruolo che la donna riveste all’interno della famiglia, il Talmud le attribuisce un alto rango.Malgrado le sfere d’attività maschile e femminile all’interno della famiglia divergano, la donna non occupa un livello d’importanza inferiore all’uomo.Attraverso il ruolo che riveste in famiglia, la donna contribuisce allo sviluppo e alla continuità della comunità.
1.7.1 La donna nella tradizione religiosa
La Torah, nel suo complesso, si propone due scopi: Il perfezionamento dell’anima ed il perfezionamento del corpo.In altri termini essa si prefigge di portare l’uomo a realizzare al massimo la Volontà divina attraverso l’osservanza degli obblighi religiosi.Per meglio raggiungere questo scopo anche gli istinti più comuni devono essere guidati e disciplinati.In generale, secondo la concezione ebraica, gli istinti di base sono due: la conservazione di se stessi, della propria vita(attraverso l’alimentazione) e la conservazione della specie attraverso la procreazione.Ad essi è possibile aggiungere un altro aspetto (più che un istinto) che non si riscontra se non nel genere umano: il desiderio di progredire coltivando la propria mente ed il proprio spirito.
Nell’Ebraismo buona parte dei precetti che mirano a regolamentare questi istinti è affidata proprio alla donna ebrea che di fatto diviene la vera responsabile dei momenti più qualificanti della vita.
Se tale è il ruolo della donna, è evidente che è suo preciso dovere conoscere a fondo questo ruolo attraverso lo studio della Torah.
L’unica cosa che può esserle preclusa è lo studio fine a se stesso, tale da occupare tutto il suo tempo, perché, se ciò fosse concesso, non avrebbe la possibilità di espletare quelle mansioni a lei connaturate.
Gli obblighi che la Bibbia affida in modo particolare alla donna, e che sono in relazione agli istinti di base sopra elencati, sono fondamentalmente “mitzvot domestiche” in quanto é la donna ad essere maggiormente presente entro le mura domestiche.
Nulla preclude alla donna ebrea la possibilità di svolgere fuori casa una qualsiasi attività lavorativa, ma ciò nulla deve togliere al suo impegno nell’espletamento di quegli obblighi che le sono esplicitamente affidate.
In base all’elencazione che ne fa la Mishnà, gli obblighi religiosi specificamente affidate alle donne sono:
-La prelevazione di una parte dell’impasto destinato alla panificazione;
– La purità famigliare;
– L’accensione dei lumi al Sabato e durante le maggiori festività;
A riguardo del primo obbligo, al fine di rendere sacro l’istinto primordiale della necessità di nutrirsi per mantenersi in vita, la Bibbia insegna a destinare a Dio una parte di ogni nostro impasto destinato alla pianificazione.Il pane è l’alimento per eccellenza, in quanto esempio evidente di trasformazione ad opera dell’uomo di una sostanza esistente in natura e per questo motivo in molte civiltà assume una valenza sacrale.Di fronte alla necessità di alimentarsi tutti gli esseri viventi agiscono istintivamente da predatori considerando l’alimentazione una proprietà.L’ottica dell’Ebraismo è totalmente diversa.Il cibo, come tutto ciò che è stato creato, non é proprietà dell’uomo bensì del Creatore ed è questo il significato delle molte limitazioni relative all’alimentazione.La donna è destinata dal Signore a dare nutrimento: è con se stessa che nutre e fa vivere i figli. E’ quindi logico che ad essa sia affidato anche il compito di sacralizzare il nutrimento attraverso questa cerimonia.La consacrazione del secondo istinto, quello della conservazioine della specie, viene fatta attraverso le regole di purità famigliare ed è probabilmente collegata agli scopi stessi dell’esistenza del mondo.Ne consegue che il matrimonio, vita coniugale, gravidanza, alattamento, ed educazione dei bambini sono compiti fondamentali in quanto sono mezzi per garantire la continuità del genere umano. Essi sono tutti aspetti della vita legati al ruolo femminile.Se tutto ciò ha un valore sacro, gli atti, sia pure istintivi e naturali, che concorrono a realizzare tale scopo devono essere “sacralizzati” per non perderne di vista i valori che li devono informare.
Vi è, inoltre, un aspirazione eminentemente umana: Lo studio di questioni che trascendono i nostri sensi.La realtà umana si esplica attraverso il tempo, ed è nel tempo che periodicamente è necessario recuperare il contatto con il mondo spirituale.Questo è, in genere, il significto dell’osservanza delle ricorrenze ebraiche.
Le festività ebraiche vengono sacralizzate e solennizzate attraverso l’accensione di lumi, da parte della donna, che simboleggiano il desiderio umano di luce spirituale.Come in tutti gli altri aspetti dell’Ebraismo, ciò che si richiede all’ebreo è soprattutto di “fare” perchè solo l’azione ha il potere di rendere consapevoli che gli insegnamenti morali e spirituali ci coinvolgono direttamente.
In accordo con la legge della Mishnà (Kid 1,7) riguardo a ciò a cui le donne sono esenti, in termini di obblighi religiosi, è prescritto che le donne sono obbligate a tutti i comandamenti negativi e a quelli positivi non direttamente legati a limiti temporali.
1.7.2 L’Egualianza dei sessi
La donna nella Bibbia non è considerata uguale all’uomo nel senso che alla parola “uguaglianza” possiamo dare nel nostro secolo ma in numerose citazioni bibliche se ne esalta la dimensione umana e il ruolo fondamentale che ha, più volte, ricoperto nella storia del popolo ebraico.Lo status sociale della donna, in quanto essere umano, viene riconosciuto dalla legislazione ebraica che la pone su un piano di equità legale pur riconoscendone le differenze e la specificità rispetto all’uomo. Ad esempio la legge stabilisce uguale rispetto per padre e madre e le regolamentazioni pertinenti all’alimentazione e alle conseguenze dell’adulterio valgono sia per l’uomo che per la donna in egual misura.All’interno del patto religioso che lega gli ebrei, su uomini e donne incombe la stessa responsabilità morale in casi, ad esempio, quali l’apostata o i voti religiosi.Inoltre, malgrado la legge biblica non vieti la poligamia, da numerose fonti emerge la preferenza e la maggior frequenza, fin dai tempi biblici, della monogamia considerata unanimamente l’unione ideale.Gli ebrei orientali che, nel corso del Medio Evo, avevano più di una consorte risultano essere stati influenzati più dalle pratiche islamiche che dalla legislazione talmudica che regolamentava i matrimoni.Il paragone profetico dell’amore del Signore per Israele con quello del marito per la propria moglie poteva essere fatto solo in una società dove le donne venivano rispettate e occupavano posti importanti.
1.7.3. L’Immagine della donna
Nella letteratura rabbinica12) si riscontrano una grande varietà di attitudini nei confronti della donna.I tratti caratteriali delle donne divennero, all’interno del pensiero e della mentalità popolare, proverbiali.E’ sritto nel Talmud che un uomo privo di moglie vive senza gioia, benedizione e bontà e che deve amare la propria moglie e rispettarla più di se stesso.Dai proverbi popolari emerge un immagine di donna giudiziosa e perseverante nel raggiungere i propri obbiettivi.
D’altra parte, però, la donna viene vista come fonte di tentazione in diversi spunti biblici e ad essa vengono attribuiti la predilizione verso la magia e l’occultismo.Vi é un attitudine ambigua verso l’elemento femminile anche nel pensiero cabbalistico che se da una parte le attribuisce il merito di rispecchiare il lato femminile presente nella divinità e nei mondi trascendentali, dall’altro la descrive come elemento passivo facente parte della sfera del giudizio e della severità.
E’ impossibile parlare di un unica attitudine ebraica verso la donna ma generalmente le immagini positive superano quelle negative.
La letteratura ebraica nei secoli ha illustrato le qualità da ricercare in una sposa e moglie. Emergono alcune caratteristiche stabili e ricorrenti sull’immagine femminile ideale.Innanzittutto è la compassione ad essere maggiormente lodata quale caratteristica essenziale.
Essa deve essere rivolta verso gli svantaggiati quali l’orfano, la vedova, lo straniero, ma anche gli animali. E’, inoltre, auspicabile che una donna visiti i malati e gli anziani, e li conforti.
Ciò dovrebbe comportare interesse ed entusiasmo e non mera pietà in quanto questo genere di attitudine deve essere fondata sulla comprensione e deve essere construttiva e creativa.
Un altra caratteristica essenziale che una donna ebrea dovrebbe possedere, secondo la tradizione talmudica, è la modestia in quanto fondamenta per gli altri valori ebraici.Il termine “modestia”13) è generalmente utilizzato nella lingua ebraica per indicare relazioni fra uomo e donna ma è generalizzabile a qualunque altra situazione che implichi il rapporto con il prossimo.La modestia indica la pudicità e la privacy in ambiti quali il vestire ed il parlare.
Vi è inoltre una componente caratteriale, non strettamente femminile, che nell’Ebraismo è più volte elogiata: la perseveranza nei propri obblighi religiosi e sociali e la costruzione di una forte eticità.
La Bibbia considera l’aspetto fisico un nobile attributo, ma i suoi più grandi commentatori ed i rabbini hanno posto in luce l’importanza che essa non debba essere la qualità dominante e sicuramente non la principale da ricercare in una donna.Questi attributi non devono essere confusi con la mancanza di autostima o con la debolezza. Al contrario, essi sono elementi caratteriali più facilmente riscontrabili, secondo l’Ebraismo, in donne forti , devote e con una buona autostima.
1.7.3 Il ruolo educativo della donna
Il ruolo educativo della donna come, emerge dalla pedagogia ebraica, riguarda strettamente l’educazione dei figli in famiglia ma in un senso più ampio include l’educazione infantile impartita in qualunque struttura sociale.E’ importante specificare che durante i primi anni della sua vita, il bambino era lasciato alla madre o ad una nutrice, ed era proprio la madre a fornirgli i primi rudimenti pedagogici,soprattutto morali,che potevano proseguire anche nell’adolescenza.Nell’ebraismo, a differenza di quanto accade presso la gran parte dei popoli è considerata ancor oggi determinante l’appartenenza del bimbo alla madre e non al padre: ogni figlio/a ebrea è , per la legge religiosa, ebreo/a.In ogni caso, i ragazzi più grandi erano normalmente affidati al padre che era tenuto ad insegnarli la Bibbia mentre alle figlie erano insegnati il giudaismo e le responsabilità domestiche a casa dalla madre stessa.Oggi, questa distinzione non esiste più.
Alla donna spetta per primo il compito della trasmissione dei valori della tradizione attraverso particolari ritualità domestiche che fungono da simboli per fondamentali concetti morali.
1.7.4. Aspetti storici riguardo al ruolo della donna ebrea
La donna ebrea, nell’antichità, era di fatto spesso esclusa da gran parte della vita comunitaria e spesso rilegata fra le pareti domestiche, sottomessa dal padre o dal marito.In questo contesto le esemplari donne ebree della Bibbia rapresentano un importante eccezione in quanto posero la base per una trasformazione del ruolo e dell’immaginario femminile.Con il medio Evo si designarono due sfere di civilizzazione molto diverse tra loro.Al mondo occidentale si oppose quello orientale sotto sovranità musulmana.Le varie differenti situazioni socioculturali ed economiche che si delinearono per le varie comunità ebraiche costituirono un fattore determinante nell’evoluzione dello status della donna.Un problema grave, dell’epoca, risultava essere il frequente abbandono delle donne cui mariti partivano in cerca di guadagno, in pellegrinaggio in Terra Santa o per motivi di studio.
La poligamia risultava più frequente malgrado fosse stata legalmente proibita nel decimo secolo.L’istruzione fra le donne era ancora poco comune, soprattutto in Oriente dove le donne dovettero subire maggiori limitazionisia da leggi appartenenti alla società circostante che da quelle di origine talmudica.
Ciò rese l’emancipazione della donna all’interno della loro epoca, molto difficile.Molti storici considerano l’espulsione dalla Spagna nel 1492, una data estremamente importante per il popolo ebraico ma anche estremamente rappresentativa, a livello, simbolico, dell’inizio dell’epoca moderna.
Nelle civiltà orientale, la donna non avrà i mezzi per opporsi al suo status sociale fino ad un epoca estremamente recente mentre nel mondo occidentale occuperà un ruolo sempre più importante sotto l’influenza di diversi fattori.Innanzittutto, nel mondo occidentale, l’emancipazione del popolo ebraico comportava una rivalutazione dei problemi comunitari come quello del ruolo della donna sempre più esteso al di fuori dell’ambito domestico.Purtroppo, però, lo status effettivo della donna subì modifiche molto lente a causa della continua ricerca di soluzioni embrionali mal definite che di fatto non contribuivano a sradicare la ben radicata mentalità sociale.
La donna ebrea risultava doppiamente discriminata: in quanto donna ed in quanto ebrea. Fortunatamente la donna ebrea di oggi ha accesso agli studi ed al mondo del lavoro ed è probabile che una futura rinascita dell’Ebraismo passi attraverso una nuova valorizzazzione della donna.
1.8. PROSPETTIVE STORICHE
La famiglia ebraica malgrado abbia subito varie modificazioni nel corso dei secoli si è quasi organicamente adattata ai vari ambienti storici in cui ha dovuto sopravvivere.Durante il corso del ventesimo secolo, essa ha subito, accanto alle varie modifiche, una forte perdita di valori soprattutto valori strettamente ebraici.Un temo tutt’ora ricorrente all’interno della comunità ebraica è quello dell’emancipazione della famiglia ebraica all’interno della società attuale che può implicare l’assimilazione dei suoi mermbri e la perdita dell’identità ebraica a causa delle nuove opportunità proposte da una società sempre più tollerante verso le minoranze e la diversità.
Questo tema è intrinsecamente legato a quello della famiglia in quanto essa ha lo scopo di porre e preservare le fondamenta dell’identità ebraica.Alle donne fu spesso attribuita la responsabilità riguardo all’assimilazione delle giovanio generazioni in quanto esse venivano considerate le dirette responsabili dell’educazione famigliare.
In realtà il fatto che l’uomo avesse perso il ruolo di guida delle giovani generazioni all’interno della famiglia e che non fosse più un modello educativo per esse fu una delle cause principali dell’assimilazione.
Infatti l’uomo sempre più estraneo all’educazione dei figli e sempre meno coinvolto all’interno delle ritualità famigliari diede un suo personale contributo alla perdita d’identità.Accanto ai problemi educativi specifici riguardanti l’educazione dei figli, il popolo ebraico ha la particolarità di far parte di una minoranza e di avere quindi delle caratteristiche peculiari aggiuntive.Una minoranza che sia nazionale o religiosa, è continuamente minacciata dalla perdita d’identità per cui è indispensabile lo sviluppo di un educazione in famiglia che comprenda la consapevolezza della propria diversità e della propria specificità.
Inoltre, durante questo secolo, si sono affermate delle correnti religiose e di pensiero che si sono poste come alternative all’ebraicità tradizionale.I movimenti di pensiero americani dei Riformisti e dei Conservatori sono tra gli esempi più imponenti e conosciuti del nostro tempo. Fortunatamente, parallelamente, si sono delineate particolari controforze all’interno di comunità ebraiche organizzate che si sono, soprattutto negli ultimi decenni, mobilitate nel combattere la disintegrazione della famiglia ebraica minacciata dalla perdita della propria specificità, mediante programmi educativi e attraverso il rafforzamento dei servizi sociali.
Questi programmi, seppur diversi fra loro, hanno tutti uno scopo comune: quello di organizzare situazioni in cui sia possibile la riunione di membri di famiglie estese e curare il dialogo intergenerazionale.
Molto si è cercato di fare, inoltre, per impedire l’aumento dei matrimoni misti attraverso il rafforzamento della conoscenza della propria religione e tradizione. Malgrado ciò, i matrimoni misti costituiscono una realtà in aumento soprattutto in America ma anche in alcuni paesi europei. I cambiamenti che le società occidentali subirono nel corso del nostro secolo ebbero un serio impatto sul futuro della famiglia ebraica.L’aumento del divorzio, la riduzione della fertilità, la presenza sempre maggiore di matrimoni misti, l’omosessualità, la droga e l’alcolismo sono tratti sociodemografici che hanno contribuito ad alterare la struttura famigliare.
Tutte queste realtà, inoltre, rischiano di avere un effetto negativo non solo per la continuità dell’identità ebraica e del popolo ebraico ma anche sullo sviluppo armonico della personalità dei figli.
La famiglia ebraica resta il fattore più vitale nel contribuire alla preservazione dello stile di vita ebraico proprio perché esso pone la famiglia come nucleo della società. Si delinea per la famiglia ebraica un futuro incerto ma sono già state gettate le fondamenta per un suo rinnovamento in modo da preservarne la specificità che risulta essere la garanzia per la sopravvivenza di una minoranza.
1) La famiglia ebraica occidentale si modernizzò prima e più rapidamente di quella dell’Europa orientale.
2) Il termine “Talmud” viene più comunemente usato per indicare l’insieme di insegnamenti e i commenti alla Mishnà (La legge orale). La parola Talmud vuol dire principalmente “studio” o “insegnamento”.
3) Enciclopedia Ebraica, alla voce “Family”,I. Mendelsohn,R. Patai, A.F. Rainley,D. Aronson,I. Epstein, M.M. Kaplan, I. Maybaum.
4) La maggiorità religiosa
5) In ebraico viene tradotto con il termine Torah che si riferisce alla legge orale e scritta
6) Il Pentateuco é l’insieme dei cinque libri della Torah, ossia del Vecchio Testamento
7) Probabilmente per secoli l’educazione religiosa è stata insegnata dai leviti, I quali vi si dedicarono per professione.
8) Essi erano I membri della tribù dei “Levy” che si occupavano, prima della distruzione di Gerusalemme da parte di Tito nel 70 a.C., di particolari mansioni sacerdotali.
9) Il termine ” mitzvà” deriva dalla radice ebraica “zava” che significa “comandare” o “ordinare”.
Nell’uso comune esso ha preso il significato di buona azione.
10) Nella benedizione dello “shemà” che viene letta tre volte al giorno.
11) Il “Midrash” designa un particolare genere di letteratura rabbinica costituente un antologia di omelie composte da racconti biblici e sermoni pubblici di commento alla Bibbia. Il termine deriva dalla radice ebraica “dresh” che significa sia “cercare” che esaminare”.
12) Nella Genesi è espressa la visione bibliche delle origine della donna creata da una costola di Adamo ed ad essa viene attribuito l’appellativo di “compagna” per l’uomo.
13) Essa è una qualità auspicabile anche nell’uomo.