La storia di Chanukkà, così com’è narrata nel Talmud, è molto strana e ancora più strano è il fatto che i Maestri abbiano fatto dell’episodio dell’ampolla d’olio e dell’accensione dei lumi l’elemento centrale della festa, una festa che è bene ricordare è l’unica stabilita in epoca postbiblica accettata da tutto Israele nel corso delle generazioni.
Chanukkà deriva da una radice ebraica che ha vari significati e può essere tradotta con inaugurazione, in ricordo dell’inaugurazione del Tempio fatta dai Maccabei, oppure con consacrazione e destinazione di un oggetto alla sua funzione: quindi nel caso specifico, significa riconsacrazione del Tempio profanato dagli Ellenisti, per restituirlo alla sua primitiva funzione.
La radice Chanukkà, da cui derivano Chanukkà e Chinnukh (educazione), significa anche “educare”. Se l’educazione è un processo che per sua natura è dinamico, un investimento di cui non possiamo conoscere il risultato finale, Chanukkà è invece il “prodotto” finito: La rivolta ebraica scoppiò quando il nemico greco tentò di colpire proprio le radici culturali e religiose del popolo e più precisamente, quando i Seleucidi, dominatori della Giudea, imposero agli ebrei di abbandonare progressivamente le proprie tradizioni, costringendoli ad adorare gli idoli nel Tempio di Gerusalemme. Di fronte al pericolo della perdita della propria identità, gli ebrei si opposero e organizzarono una resistenza che fondava le proprie basi sull’adesione all’educazione ebraica.
Contro un nemico militarmente più agguerrito, gli ebrei opposero la propria determinazione nel difendere la propria cultura e il diritto alla diversità contro il livellamento culturale imposto dalla cultura ellenista imperante. Non sappiamo con certezza quale sia il significato della storia dell’ampolla d’olio rimasta pura tra le macerie del Tempio: forse essa rappresenta il manipolo di persone sempre pronto a lottare per difendere la propria identità e dignità ebraica, a Gerusalemme come a Buchenwald. L’olio, che sembra bastare per una sola generazione, si rivela sufficiente per alimentare lo spirito ebraico non solo per sette generazioni (un numero che rappresenta la sopravvivenza dell’uomo nei limiti della natura e della storia), ma per sette + uno, cioè per infinite generazioni, per un tempo che trascende la storia e la natura.
Il miracolo di Chanukkà è davvero strano: gli ebrei credono che ogni anno, nel momento in cui un ebreo accende il proprio lume, il miracolo si compia ancora: è il miracolo della sopravvivenza di una piccola minoranza in un mondo che non ha ancora assimilato l’idea che si può essere diversi, ma godere di eguali diritti.
Il lume di Chanukkà va acceso vicino alla finestra, in modo che sia ben visibile dall’esterno. Questo gesto ha sì lo scopo di rendere pubblico il miracolo e quindi rendere partecipi anche gli altri della gioia e del mistero della sopravvivenza del popolo ebraico, ma è anche un invito a tutti gli uomini a non lasciarsi intimidire da ogni sorta di prevaricazioni e sopraffazioni.
Ma in questa lotta per i propri diritti, pur muovendosi tra le macerie, a Gerusalemme come ad Buchenwald, ieri come oggi, importante è riuscire a non perdere mai di vista i valori che devono caratterizzare la vita dell’uomo. Per l’ebreo questi valori si devono affermare salvaguardando la propria dignità umana ed ebraica, anche nelle condizioni più disperate. Mantenere la Kedushà (santità) dell’immagine divina che è in ogni uomo è stata una delle imprese più difficili per gli ebrei che sono passati attraverso l’esperienza terribile delle Crociate come dei campi di concentramento nazisti.
La resistenza ebraica al nazismo viene identificata con la rivolta armata del Ghetto di Varsavia e degli altri Ghetti, una lotta attraverso la quale gli ebrei avrebbero riguadagnato la propria dignità e il proprio diritto alla vita. Non dobbiamo tuttavia dimenticare un’altra resistenza, meno eclatante, ma non per questo meno importante: molti ebrei sono riusciti a mantenere alto l’onore d’Israele rifiutandosi di accettare la logica dell’assassino che voleva distruggere l’ebreo nella sua umanità ebraica, prima ancora che nel suo corpo. La resistenza armata è stata per molto tempo giustamente messa in primo piano: c’è da chiedersi se non sia doveroso oggi ricordare con orgoglio anche la resistenza che, giorno dopo giorno, gli ebrei sono stati capaci di opporre al nazismo nei campi di concentramento, osservando anche la più piccola delle mizvoth.
La nostra generazione, che ha avuto il privilegio di vedere ricostruito il “corpo” d’Israele, ha anche la responsabilità di muoversi con urgenza e determinazione per ricostruire lo “spirito” e la cultura d’Israele.
Se il chinnukh – educazione – è un processo che per sua natura è dinamico, un investimento di cui non possiamo conoscere il risultato finale, Chanukkà è invece il “prodotto” finito, è il risultato di un processo che deve avere lo scopo di riconfermare la riconsacrazione di Israele a svolgere la sua funzione nella storia dell’uomo.
Per accendere e mostrare al Mondo, ancora una volta, la propria Chanukkà.
(Scritto per la Comunità ebraica di Trani)
Scialom Bahbout