Nella Haggadà di Pèsach (A cura di rav Reuven Bonfil, Editrice Fondazione Sally Mayer, Milano, 1962) leggiamo il passo nel quale è detto: “La promessa che è stata mantenuta per i nostri padri lo sarà anche per noi: poiché non uno solo si levò contro di noi [per distruggerci] ma in ogni generazione si levano contro di noi per distruggerci; però il Santo Benedetto Egli sia, ci salva dalla loro mano. Considera quello che l’arameo Labano volle fare a Giacobbe nostro padre. Mentre il Faraone decretò di annientare solo i maschi, Labano volle annientare tutto, secondo quanto detto (Deut. XXVI, 5): L’arameo volle distruggere mio padre […}”.
Le intenzioni di Labano (Lavan) le veniamo a sapere leggendo questa parashà nel passo che descrive la partenza di Ya’akov (Giacobbe) da Charan per ritornare a Chevron, quando Ya’akov se ne andò con la famiglia e i suoi averi senza congedarsi dal suocero Lavan: “E venne detto a Lavan nel terzo giorno che Ya’akov se ne era andato segretamente” (Bereshìt, 31:22). Lavan raggiunse Ya’akov nelle montagne di Gil’ad e gli chiese perché era fuggito senza avvisarlo. Poi aggiunse: «Ho la possibilità di farvi del male, ma il Dio dei vostri padri l’altra notte mi ha detto [in sogno] di guardarmi dal parlare con Ya’akov di bene o di male»” (ibid., 29).
In nota alla Haggadà succitata viene fatta un’osservazione su due difficoltà nel testo: “È stata notata la stranezza del passo che, mentre esagera la malvagità di Labano, pare voglia quasi diminuire la portata del male decretato dal Faraone. D’altra parte, anche a voler seguire il concetto del Midràsh, si va incontro a difficoltà: infatti Labano non mise in atto il suo proposito contrariamente al Faraone il cui decreto fu attuato: inoltre nella Torà è detto chiaramente che il proposito del Faraone, lanciato all’inseguimento degli Ebrei usciti dall’Egitto, era proprio quello di «raggiungerli, dividere il bottino… sguainare la spada, sterminarli» (Es. XV, 9) e pertanto ne deriva che, a parte il decreto di uccidere i maschi, le responsabilità di Labano e del Faraone debbano perlomeno considerarsi come egualmente gravi”.
“La prima difficoltà in realtà è facilmente eliminata quando si pensi che nulla avrebbe impedito a Labano di attuare il suo proposito se Dio stesso non fosse intervenuto direttamente (Gen. XXXI, 24) e che pertanto, in questo caso, allo scopo della valutazione della colpa, azione e intenzione si equivalgono”.
“Tra i tentativi di soluzione della seconda difficoltà accenniamo ad uno che ci è parso altamente significativo: «L’autore del Midràsh ha voluto dire che in ogni generazione sorgono contro di noi nemici senza ragione alcuna: perciò non ha accennato né all’odio e alle intenzioni di Esaù né a quelle del Faraone che inseguiva gli ebrei per farli tornare in Egitto (si pensi anche al fatto che gli Ebrei avevano asportato dall’Egitto notevoli ricchezze); Labano non aveva alcuna ragione per odiare Giacobbe e così pure il decreto del Faraone di fare uccidere i figli maschi era senza alcuna ragione (Maharal)». Insomma, ammesso che sia lecito stabilire una scala di valori per simili crimini, fra coloro che ci hanno odiato senza ragione, Labano sarebbe stato più perfido del Faraone il cui decreto riguardava solo una parte del popolo ebraico. Si noti inoltre che Labano era doppiamente imparentato con Giacobbe”.
“In conclusione, pare che l’autore del passo abbia voluto dire: «Non crediate che il Faraone sia stato il più feroce nemico di Israele; anzi, in confronto ad altri, la malvagità del Faraone potrebbe anche a rigor di logica, passare in seconda linea, senza con ciò diventare meno grave»”.
