Akiva Weiss – Makor Rishon – 7 Novembre 2025
Il redattore di Yated Neeman (il settimanale ultra-ortodosso più autorevole), Israel Friedman presenta “la visione” senza nascondere nulla. Sulla carenza di soldati: “Se intensificheremo lo studio nelle yeshivot, 15 combattenti anziani vinceranno tutte le guerre”. Sul sionismo religioso: “Alcuni di loro sono ignoranti, gente del tipo ‘datemi uno studioso di Torà e lo morderò come morde un asino'”. Sulla difesa del popolo e della terra: “Se non studieranno nelle yeshivot, i carri armati non si avvieranno, gli aerei non decolleranno”. E sull’abbassare la testa davanti ai gentili: “Sono un diasporico orgoglioso”.
Il redattore capo di Yated Neeman, Israel Friedman, è stato convocato il 1° luglio 2024 a casa del leader della comunità charedi lituana, il Rav Dov Lando. Il Rav voleva pubblicare una dichiarazione sul cambiamento delle relazioni dell’IDF con il settore charedi, e ha chiesto di rivedere con il redattore ogni singola parola del testo prima di pubblicarlo in prima pagina. “Era importante per lui precisare il messaggio, questa era una dichiarazione di guerra”, ci racconta Friedman nell’intervista che si svolge nella redazione del giornale a Bnei Brak. Il mattino seguente il messaggio del Rav Lando è apparso nel titolo principale del giornale: “L’ordine ai ragazzi delle yeshivot è di non presentarsi affatto agli uffici di arruolamento, e di non rispondere a nessuna convocazione, nemmeno alla prima“.
Quando Friedman dice “dichiarazione di guerra”, intende che è lo Stato ad aver dichiarato guerra ai charedim. E come ha scritto il Rav Lando: “I tribunali hanno dichiarato guerra al mondo della Torà, e sono loro che hanno aperto un fronte e sono venuti a cambiare l’accordo che c’era da tutti questi anni… Non possiamo fare affidamento su accordi e intese con i capi dell’esercito poiché le loro mani sono incatenate dai giudici, e ogni risposta ai decreti dei tribunali costituisce una resa alla loro guerra contro Hashem e la Sua Torà… e l’Onnipotente ci salverà dalle loro mani“.
Il titolo “guerra” è apparso anche in prima pagina circa un anno dopo, il 7 agosto ’25, a seguito dell’arresto di alcuni disertori tra i ragazzi delle yeshivot. “La società israeliana l’ha interpretato come se stessimo dichiarando guerra allo Stato“, dice Friedman. “Il titolo è stato scritto dal fatto che hanno dichiarato guerra a noi. Guerra contro di noi, contro Hashem e il Suo mashìach“.
La gente combatte a Gaza, e tu scrivi che hanno dichiarato guerra a te?
“Sì, hanno dichiarato guerra a noi – guerra contro i custodi del popolo d’Israele, contro lo spirito del popolo“.
Il titolo ha ricevuto l’approvazione dei rabbini?
“Non abbiamo titoli che non siano stati prima approvati“. Giovedì scorso, il giorno della manifestazione charedi a Gerusalemme, il titolo approvato di Yated Neeman dichiarava: “Il grido della Torà. Oggi si sentirà il nostro urlo“. Accanto è stato stampato un riassunto di un articolo emotivo di Friedman, con frasi come “Ecco che gli angeli si affretteranno, se miriadi di figli si uniranno come un solo uomo con un solo cuore in un grido straziante: ‘Padre, abbi pietà di noi, annulla il piano dei nostri nemici spirituali’… Gli occhi si inumidiscono e versano lacrime, e i cuori si spezzano. Oggi, nessuno sarà assente“. L’articolo lacrimoso è stato coronato da un titolo volutamente ambiguo che usa una retorica militare: “Ordine di mobilitazione. Nessun disertore, nessun renitente“.
Friedman ha iniziato la sua carriera giornalistica come editorialista nel giornale chassidico “HaModia”. Nel 1985, quando rav Elazar Menachem Man Shach e rav Yaakov Yisrael Kanievsky decisero di fondare un giornale charedi lituano, Friedman fu reclutato nel team di fondazione di “Yated Neeman”. Nel corso degli anni ha ricoperto vari ruoli nel giornale, fino alla nomina a redattore capo nel 2012. “Accompagno questo grande shofar chiamato Yated Neeman, e cerco di soffiare in esso il respiro giusto che ricevo dai grandi d’Israele“, dice. “È importante che io dica: io sono lo shofar, non chi suona. Chi suona lo shofar sono i grandi d’Israele. Io devo solo preparare uno shofar buono, interessante, kasher e bello, che la sua voce risuoni“.
E per far risuonare sono apparsi recentemente in prima pagina “ordini” e dichiarazioni di “guerra”: Yated Neeman è diventato l’ordine del giorno dell’esercito dei ragazzi delle yeshivot. Ed è davvero un esercito, agli occhi di Friedman: servizio obbligatorio. “Chi deve studiare studia. È disconnesso da tutto il mondo, chiuso nelle quattro cubiti della halakhà, e questo protegge, questo difende“, dice, e ancora usa retorica militare: “Non abbassiamo la guardia“.
No a sentimenti di inferiorità
Israel Friedman, 67 anni, è nato e cresciuto a Bnei Brak. Ha studiato nelle yeshivot, è stato ordinato rabbino presso decisori halakhici charedim, e oggi vive a Petach Tikva ed è padre di cinque figli – tutti charedim, e tutti erano alla grande manifestazione di giovedì. “È importante sottolineare che l’ebraismo charedi si è radunato in massa non per manifestare“, dice di quella protesta. “Siamo usciti per pregare per i ragazzi delle yeshivot, in supplica. Sai cosa significa centinaia di migliaia di persone che stanno in strada con gli occhi al cielo, e gridano ‘Hashem è Dio’? Solo immaginare questa situazione di tremendo splendore posso piangere. In cielo accade un terremoto. Cosa ne è uscito? Solo l’Onnipotente lo sa. Ma quando centinaia di migliaia di persone stanno nelle strade nello stesso momento e gridano ‘Shema Israel’, questo squarcia i cancelli del cielo“.
Perché non si vedono centinaia di migliaia di charedim pregare per strada per i soldati dell’IDF, ma solo contro l’arruolamento?
“Preghiamo per tutti in tempi di difficoltà e angoscia. Il pubblico charedi ha pregato, eccome se ha pregato, e ha studiato per loro merito. Chi ha il compito di sedersi e studiare Torà, protegge i soldati. Questa è la protezione dei soldati”.
Dopo il 7 ottobre c’è stato uno shock anche nell’ambiente charedi, ma Yated Neeman è partito con una campagna di “ragazzi, svegliatevi, avete ragione – continuate a studiare, non andate a fare grigliate per i soldati“.
“C’erano persone che hanno deciso di dover andare a fare torte e distribuire ciambelle. Questo dimostra inferiorità. Devo mostrare che anch’io sono parte della campagna? Io faccio quello che mi è imposto e studio Torà. Non sentite sentimenti di inferiorità. C’erano persone che sono andate a quell’attività del ‘che bello’, e i grandi d’Israele non l’hanno gradito – non perché l’azione stessa sia il problema, il problema è che crea inferiorità. Che le donazioni vengano prese dal mondo della Torà e trasferite a tutti i tipi di attività ‘positive’ e ‘simpatiche’ e ‘calorose’. Non devo scusarmi con nessuno. L’Onnipotente ha detto ad Aharon ‘il tuo è più grande del loro, perché tu accendi e sistemi le candele‘”.
Quando gli chiedo di spiegare perché la manifestazione gigante si è tenuta proprio ora, Friedman dice che “siamoarrivati a arrivata una situazione – qui arresti, là arresti, entrano nelle case… basta, l’acqua è arrivata fino alla gola. È arrivato il momento come un solo uomo, con un solo cuore, di squarciare i cancelli del cielo. Ci sono quelli che manifestano contro il governo. I grandi d’Israele, e così anche tutta la linea di Yated Neeman, non chiamano a manifestare contro il governo, ma a gridare all’Onnipotente. Questa è l’arma che l’ebreo sa brandire: con preghiere, con suppliche. Così il popolo d’Israele opera e così vince. E anche se siamo per così dire la minoranza, e chi sta fuori ci guarda senza capire, questo non dovrebbe interessarci. Non siamo in una campagna di spiegazione. Siamo in una campagna di preghiera, suppliche, che Hashem abbia pietà degli studiosi di Torà verso chi cerca di diminuirli. Perché tutta la sicurezza dello Stato dipende da questo, questa preghiera è anche una preghiera per la pace dello Stato“.
Questa frase è solo metà della concezione di Friedman. Lui crede che il sistema di studio della Torà charedi – quello e solo quello – mantiene l’ideale dello studio della Torà, e che senza lo studio della Torà lo Stato d’Israele non esisterebbe; d’altra parte, fa una distinzione assoluta tra lo Stato d’Israele e “il popolo israeliano” e “il popolo ebraico”. Il divario è dimostrato dopo che gli chiedo di commentare un articolo nel suo giornale che stabiliva che solo lo studio della Torà ha salvato il popolo d’Israele il 7 ottobre, e che chi danneggia gli studiosi di Torà è come un criminale di guerra e danneggia la sicurezza dello Stato. “Conosci la matematica? Uno più uno fa due?“, mi chiede Friedman. “Chi salva lo Stato sono gli studiosi di Torah, quindi chi danneggia gli studiosi di Torà danneggia la sicurezza dello Stato. Matematicamente, cosa c’è di sbagliato? Noi siamo la preservazione del popolo ebraico, e in questa questione di preservazione del popolo ebraico non c’è uguaglianza nel carico, solo noi contribuiamo“.
Andare a combattere a Gaza non è preservazione del popolo ebraico?
“Questa non è preservazione del popolo ebraico, questa è preservazione del popolo israeliano“.
Queste sono parole che fanno bollire il sangue. C’è qui una guerra che dura da due anni, persone che hanno pagato prezzi terribili, e tu dici “solo noi contribuiamo”?
“Se ti arrabbi, non dovrei dire la verità? Questa è la verità in cui crediamo. Andare a combattere a Gaza è preservazione del popolo israeliano, non preservazione del popolo ebraico. Nella questione di preservazione del popolo ebraico, solo noi contribuiamo“.
Combattono lì affinché i terroristi non uccidano ebrei.
“Questa è preservazione delle vite ebraiche. Non ho parlato di vite ebraiche, che è un compito importante di per sé. Quei combattenti meritano tutto il rispetto, e noi con la nostra Torà li proteggiamo. Ho parlato del popolo ebraico, che il popolo ebraico continui a esistere. Riguardo alla preservazione del popolo ebraico, la maggior parte del pubblico in Eretz Israel diserta, non c’è uguaglianza nel carico. I soldati che combattono hanno preso su di sé di preservare il popolo israeliano, di difendere i corpi, ma non si occupano di preservare il popolo ebraico.
“Quando ci sarà uguaglianza nel carico di preservazione del popolo ebraico, i grandi d’Israele ci diranno cosa fare. Questa è la posizione dell’ebraismo fedele. Stanno i grandi d’Israele e ci dicono ‘tekià’ – allora suoniamo nel loro shofar tekià. Dicono ‘shevarim’ – suoniamo shevarim. Noi siamo uno shofar“.
Il responsabile della visione
Friedman sottolinea questo punto ancora e ancora, in vari modi. “Il redattore capo è sempre una professione di ego, e il mio ego è annullarmi, sapere essere nulla. Tutto il nostro staff – il proprietario, l’amministratore delegato, il redattore capo, i redattori delle riviste e gli scrittori – tutti sono subordinati ai nostri maestri, i rabbini, i grandi d’Israele. Riceviamo le direttive, abbiamo un comitato spirituale di grandi studiosi, e anche loro si sottomettono ai grandi d’Israele.
“Dico esplicitamente: Yated Neeman non è un giornale, è un bollettino. C’era una volta nel mondo un giornale chiamato ‘Pravda’ – la gente tende a citare la parola Pravda in senso negativo, perché la sua traduzione letterale è ‘verità’, e non c’era menzogna più arruolata del giornale Pravda. Ma io per cambiare ti dico: sì, io sono Pravda, verità. Non sono stampa libera. Sono la voce dei grandi d’Israele.
“Affinché il pubblico mi legga devo essere interessante, devo fornire notizie, devo essere visuale, interessante nel contenuto e interessante nei titoli, ma anche quando faccio un titolo politico, e prego: che possa io avere un buon giornale in modo che possa svolgere il suo compito e far sentire ad alta voce la voce dei grandi d’Israele. Una volta un politico molto importante mi chiese: come si sente un redattore di un giornale che non decide nulla? Gli dissi: ne sono orgoglioso, ma come ti senti tu quando sei in una posizione importante in uno Stato che non decide nulla per sé?“
Il predecessore di Friedman nella posizione di redattore capo, Nati Grossman, fu rimosso perché non si piegò all’autorità del leader lituano rav Aharon Yehuda Leib Steinman. Grossman guidò una linea conservatrice acuta e aggressiva, e in seguito fondò “HaPeles“, il bollettino del Peleg Yerushalmi (Fazione di Gerusalemme). Oggi, in un certo senso, Friedman come redattore fa sentire gli stessi richiami che Grossman faceva allora. Il Peleg Yerushalmi ha interrotto i contatti con l’IDF già allora, e non ha mandato i suoi ragazzi a presentarsi all’ufficio di arruolamento per il primo ordine. Oggi questo è vicino alla posizione ufficiale di Degel HaTorah, dico a Friedman, quindi qual è la differenza tra l’establishment lituano e il Peleg Yerushalmi? Risponde con una storia: “Una persona in un normale giorno feriale disse che bisognava prendere il lulav, e tutti risero di lui e lo derisero. Quando arrivò Sukkot vide che tutti andavano con i lulavim, e disse: ‘Vedete che avevo ragione? Vi ho detto che bisognava prendere il lulav’. Ciò che non era giusto allora, non era giusto. Ora la situazione è cambiata, quindi ora hanno ragione?“
Quest’anno Yated Neeman celebra quarant’anni dalla sua fondazione. La forza principale del giornale è nella sua distribuzione del martedì, quando viene distribuito gratuitamente in circa 150.000 copie in tutti i centri charedim, e quindi titoli importanti e lettere decisive dei rabbini vengono pubblicate il più possibile in quel giorno. Inoltre il giornale ha più di 10.000 abbonati, e molte copie vengono inviate gratuitamente alle yeshivot in tutto il paese ogni giorno, sia come strumento di marketing sia per influenzare. I capi delle yeshivot non sono entusiasti della lettura dei giornali, ma approvano e incoraggiano la lettura di Yated Neeman grazie alle notizie adattate al settore e alla diffusione della “visione pura”.
“Le persone scrivono quello che scrivono“, spiega il redattore capo il processo di censura e il controllo rabbinico dei contenuti. “Poi un avrech (studente di yeshivà) studioso lo revisiona, che è ‘il revisore’: il suo compito è vedere ogni parola e ogni lettera nel giornale, comprese le pubblicità, e ogni cosa difficile la presenta al comitato dei rabbini che traccia la linea del giornale. Grandi domande o domande molto difficili, quelle per cui non abbiamo ricevuto risposta, le presentiamo ai grandi d’Israele e chiediamo risposta. La responsabilità è grande, ci sono domande che possono avere implicazioni di vasta portata e a lungo termine“.
Quindi hai un gruppo WhatsApp con il Rav Lando?
“Il contatto è diretto. Sai quanto tempo ci vuole per andare a piedi da qui a casa sua? Tre minuti. Quando necessario vado a piedi. Ieri sera gli ho posto una domanda grande e reale con un’implicazione politica molto interessante“, racconta Friedman, ma si rifiuta di approfondire il contenuto della conversazione.
Tira fuori dall’armadio del suo ufficio un raccoglitore con la scritta “Ricompensa per l’astensione”: lì raccoglie articoli che ha scritto, ma poi archiviato su richiesta dei rabbini. “Un giorno il mio maestro e rav Steinman z.l. mi chiamò e mi chiese di scrivere un articolo su un certo argomento“, racconta. Dopo aver finito di scrivere arrivò a casa del rav, per mostrargli il testo. “Il rav mi disse: ‘Ripensandoci, ci sono altre ragioni per considerare tutta questa storia. Non è il caso di scrivere questo, perché così e così’. Ho scritto sopra ‘Come ho ricevuto ricompensa per la richiesta, così ho ricevuto ricompensa per l’astensione’, e sono andato a scrivere un altro articolo.
“Ti darò un altro esempio di un articolo del genere: Ilan Ramon volò e profanò lo Shabbat, ma d’altra parte portò il nome di Hashem con orgoglio ebraico durante tutto il suo viaggio. Scrissi su di lui un articolo, ‘da un lato così e dall’altro così’, e poi rav Steinman mi disse: ‘Il pubblico forse non capirà tutte le sfumature nell’articolo, è problematico. Conservalo e pubblicalo tra dieci anni’. E infatti pubblicai dopo un decennio. C’è pensiero presso i grandi d’Israele“.
Quali sono le tue aspirazioni come giornalista?
“Formulare il titolo principale che annuncia che il Messia è arrivato, e forse il giorno dopo avere anche il merito di intervistarlo. Questa è un’aspirazione vera e propria, non un cliché. Ho persino chiesto una benedizione dai grandi d’Israele, che meriti di annunciare la venuta del re Messia“.
C’è un codice etico per Yated Neeman?
“‘E farai secondo tutto ciò che ti insegneranno’ (Deut. 17, 10)”.
Questo non passerebbe all’Ordine dei Giornalisti.
“Che si confrontino con questo. Yated Neeman non è un giornale standard. Da un lato è il giornale più religioso che ci sia, dall’altro parla in linguaggio contemporaneo, a volte pungente. Per così dire c’è una contraddizione tra il messaggio spirituale religioso e il linguaggio che è senza pietà. C’è anche compassione quando bisogna sentire e dare il cuore. Ma non siamo in guerra con le persone, solo con i sistemi e le visioni. Abbiamo una guerra di verità contro la menzogna. La missione della mia vita è passare la torcia di generazione in generazione e dare strumenti alle persone, sapere cosa rispondere“.
Il corpo e l’anima
E Friedman sa rispondere, e lo fa nello splendore della retorica charedi. “Noi ci occupiamo di preservare il popolo ebraico, ma funzioniamo in una società che si occupa di preservare il popolo israeliano, di costruire una società israeliana“, spiega la posizione del suo filone. “Yated Neeman, come tutto il pubblico charedi, ha sempre avuto in tasca due passaporti: un passaporto ebraico e un passaporto israeliano. Il passaporto ebraico ha 3.300 anni, da quando ci siamo fermati ai piedi del Monte Sinai. Il passaporto israeliano ha 80 anni, un’età rispettabile di ‘davanti alla vecchiaia ti alzerai’, ma c’è un po’ di differenza. Il sovrano del popolo ebraico è il Sovrano del mondo. Il sovrano del popolo israeliano è il popolo, attraverso la Knesset.
“Finché non ci hanno chiesto di scegliere, avevamo due passaporti. A differenza del pubblico sionista-religioso, che ha un passaporto con un trattino di collegamento, noi non siamo religioso-nazionale ma ebraico e anche israeliano, due passaporti. Ma lo Stato israeliano ci ha costretto a scegliere: o-o. Oggi non ci permette, nelle circostanze esistenti, e-e. 3.300 anni fa abbiamo scelto il passaporto ebraico, e che non ci siano errori: per questo combattiamo, e questa è anche la missione di Yated Neeman“.
Questa divisione tra “il popolo ebraico” e “il popolo israeliano” è legata anche alla Terra d’Israele, ai suoi occhi: “Alcuni hanno deciso che la Terra d’Israele appartiene al popolo israeliano, e il Talmud e il Pentateuco e il leggio dove si studia appartengono al popolo ebraico. Qualcuno si è confuso qui. La Terra d’Israele appartiene al popolo ebraico, non al popolo israeliano. Il popolo israeliano in formazione se n’è appropriata con la forza. Non è sua. L’Onnipotente ha promesso la Terra d’Israele a condizione: ha detto ‘perché Mia è la terra’, e la dà in prestito ‘se nei Miei statuti camminerete’. Questa terra dipende dall’osservanza dei precetti.
“Si alzerà ogni tipo di personaggi e ci dirà, ‘I vostri fratelli andranno alla guerra?’. Ma cosa fare quando rav Dov Lando e tutti i nostri rabbini grandi d’Israele leggono shnayim mikra ve-echad targum già da oltre 90 anni, e conoscono questo verso che ogni balbuziente nei media cita, e conoscono tutte le sue interpretazioni e commenti, e vedono il quadro ampio, e dicono che la Torà protegge e salva letteralmente.
“Questa è la nostra terra e dipende dai precetti. Per tutti questi anni abbiamo gridato ‘e i nostri occhi vedano il Tuo ritorno a Sion’ e abbiamo versato preghiere silenti ‘a Gerusalemme Tua città con misericordia tornerai’. Non Herzl ci ha portato alla Terra d’Israele, perché se dipendesse da Herzl, saremmo già da tempo in Uganda e a Birobidzhan. Lui si occupava di mantenere i corpi, e noi ci occupiamo di preservare lo spirito ebraico per trasmetterlo di generazione in generazione. Altri si occupano di preservare il popolo israeliano, e noi di preservare il popolo ebraico. E Yated Neeman è uno delle braccia del passaggio di questo messaggio, e risuona per inculcarlo almeno in casa“.
Anche i Kaplanisti (chi protesta contro il governo) dicono: c’è uno Stato di Giudea e c’è uno Stato d’Israele.
“Non ci importa cosa dicono. Yated Neeman si occupa di plasmare l’ideologia charedi per incarico dei grandi d’Israele, che hanno ricevuto la torcia dalle generazioni precedenti, generazione in generazione in continuità da Moshe Rabbenu, e questa torcia continuerà a essere trasmessa con la comprensione del pubblico generale o senza la sua comprensione. L’unica cosa che possono fare è danneggiarci attraverso il portafoglio. Ma questa melodia non può essere fermata, perché il giorno in cui si fermerà, non saremo noi e non saranno loro. Non ci sarà qui uno Stato, e non ci sarà qui un popolo, e la Terra d’Israele sarà desolata.
“Questa missione di Yated Neeman non può essere popolare. Va contro la direzione del vento. Non chiediamo che ci capiate, non sono qui per spiegare. Chi vorrà prestare orecchio capirà che non si tratta di selvaggi, non si tratta di indigeni primitivi ai quali vieni a portare il fuoco. Si tratta di un pubblico intelligente la cui dottrina è ordinata. Un pubblico che sa cosa pensa, ha una missione di vita, sa da dove viene e dove sta andando, c’è chi lo muove e lo guida. Abbiamo una colonna di nuvola e una fiaccola di fuoco, attualmente è il nostro maestro e rabbino rav Dov Lando e con lui rav Moshe Hillel Hirsch, rav Baruch Dov Povarsky, rav Meir Tzvi Bergman, rav Tzvi Derbkin, rav Moshe Yehuda Schlesinger, rav Yitzchak Zilberstein e gli altri membri del Consiglio dei Grandi della Torà”.
Ci sono molte persone che sentono le tue parole, e questo stride con loro. Dicono: mai c’è stata tanta Torà come c’è oggi nello Stato d’Israele e con il suo supporto, con budget enormi. Ora c’è una crisi sulla questione dell’arruolamento, ma l’approccio charedi è un po’ ingrato.
“Sono orgoglioso di essere diasporico. Questo è un altro degli obiettivi di Yated Neeman: creare un’identità ebraica, e se essere ebreo è essere diasporico, allora sono un diasporico orgoglioso. Eretz Israel e lo Stato d’Israele non sono uno. Se c’è un luogo che è Eretz Israel secondo la Halakha, è Eretz Israel anche sotto il dominio di Giordania, Egitto, Siria o USA. E se non è territorio della terra promessa, anche se c’è sovranità israeliana questa non è la Terra d’Israele“
“Noi siamo dalla parte di chi fa il bene, grazie a noi lo Stato è qui. Non devo spiegare come l’Onnipotente si prende cura di me. La Torà si mantiene con un miracolo, e come fa i miracoli – non lo so. Lavoro per Lui, non Lui per me. Credo con fede completa in ogni parola che ho detto qui. Inoltre, Eretz Israel non si mantiene per ‘la mia forza e la potenza della mia mano’. Perché se non studieranno nelle yeshivot, i carri armati non si avvieranno. Gli aerei non decolleranno. Nell’operazione a cui sono decollati così tanti aerei, non hanno potuto tornare senza guasto nemmeno in un bullone. Questo è contro ogni statistica, non è logico.
“Questo accade per qualcos’altro: la Torà. Se Hashem non custodisce la città, invano vigila il guardiano. E per questo servono meriti. Lo Stato d’Israele, ha il merito che mantiene la Torah, e quindi sopravvive contro tutte le probabilità. Altrimenti non hai chance di stare qui un giorno nella regione. Anche con l’esercito forte, e c’è un esercito forte, e anche con la saggezza e l’intelligenza diplomatica, e c’è saggezza – alla fine siamo uno Stato cliente americano. È scritto ‘perché Lui ti dà la forza di fare ricchezza’. Non basta la forza, serve anche la forza per fare ricchezza. Puoi avere un esercito formidabile, ma si alzerà qualcuno con una cravatta rossa in lontananza, e ti dirà no-no-no, e finito. Le mani sono legate. Una volta bisognava essere credente. Oggi bisogna non essere cieco e stupido“.
Sephra (libro) senza sayfa (spada)
Ad alcune delle accuse contro la renitenza charedi Friedman risponde seriamente, altre le respinge immediatamente. Non gli piace l’argomento che dice che altri muoiono per la difesa dei charedim che non servono nell’esercito. “Nella questione dell’arruolamento ci sono molti argomenti emotivi che si possono capire. Non solo capire, sentire. Essere con loro nell’angoscia“, dice. “Ma quando vieni ad analizzare una questione centrale come questa, non puoi analizzarla nel dipartimento di psicologia o nel dipartimento di psichiatria. Con tutto il rispetto, questo lo analizzi nel dipartimento di filosofia, e ci sono cose che devi analizzare solo nel Bet Midrash, come la questione specifica che ora è sul tavolo. Chi vuole condurre con noi un dialogo emotivo – andiamo a passare a fattori che forniscono trattamento emotivo. Questa questione carica, difficile e dolorosa è piena di domande emotive. Ma puoi chiarirle in modo oggettivo solo tra le pareti del Bet Midrash, alla presenza dei grandi della generazione“.
A Simchat Torà lo Stato va in fiamme, persone vengono assassinate, dall’Olocausto non c’è stata una cosa del genere. Metà dello Stato prende armi e bastoni e corre a combattere, soldati cadono. Ma tu dici: “No, ora è il momento di studiare”. La tua casa sale in fiamme, e invece di versare acqua o chiamare i pompieri, dici Tehillim. Ti dicono che mancano soldati per difendere lo Stato. Cosa pensi di questo?
“L’esercito non ha mai vinto a causa del numero di soldati. Al West Point College studiano le guerre di tutto il mondo e non le guerre di Israele, sai perché? Perché le regole delle guerre non si applicano qui. Qui non c’è logica. I risultati della Guerra dello Yom Kippur non sono logici, e i risultati della Guerra dei Sei Giorni non sono logici. Ci sono regole in guerra, e qui non funziona, non si adatta.
“Le persone pongono domande difficili, ma non sono corrette. Non abbiamo vinto perché le persone hanno preso le armi, ma perché hanno studiato Torà. C’era una storia con rav Chaim di Brisk – i maskilim (illuministi) fecero uno spettacolo in città, su ‘Chi è l’uomo che ha costruito una casa e non l’ha inaugurata, chi è l’uomo timoroso e dal cuore tenero’, e alla fine tutti tornano a casa e rimangono 15 vecchi. I maskilim derisero questa immagine e chiesero: c’è una guerra e tu dici Tehillim? Disse rav Chaim di Brisk: sì. E loro, i 15 vecchi, uscirono e vinsero in guerra. Mi chiedi, ma questo non è logico. Ma cosa è logico qui? Quando qualcosa qui è stato logico? La Guerra dello Yom Kippur, che improvvisamente i siriani si girano, questo era logico? Il pensiero che la mia forza e la potenza della mia mano mi fa questa ricchezza – questa è hybris israeliana. E abbiamo visto i risultati.
“L’esercito dice che gli mancano combattenti, e io dico: mancano studiosi! Bisogna intensificare ancora di più lo studio nelle yeshivot, e allora 15 combattenti anziani vinceranno tutte queste guerre, e credo in questo con fede completa. Ma cosa, c’è chi dice ‘no, tu vivrai secondo le mie domande, secondo la mia logica e secondo la mia fede’. Io, per incarico dei grandi d’Israele, cerco di spiegare a tutti: noi vivremo secondo la nostra fede, e non prendete in considerazione lo sgradevole. Sì, piangete per i caduti, fate tutto quello che potete, ma siate Abramo l’Ebreo. Studiate, difendete e salvate. Non si ammorbidisca il vostro cuore perché avete ragione, e giusto e popolare non devono andare insieme“.
E riguardo ai charedim che non studiano? Se si arruoleranno non annulleranno Torà.
“Per tutti gli anni in cui è esistito l’accordo ‘Torato omanuto’ (“chi fa della sua Torà il suo lavoro”), i grandi d’Israele si sono riferiti solo a coloro che studiano. Ma dal momento in cui l’autorità giudiziaria ha preso il controllo dell’autorità legislativa, e il sistema giudiziario e l’avvocatura dello Stato hanno scosso e sconvolto l’accordo esistente, tutte le cose passano un riesame. Nei giorni normali non si conduce una battaglia su erketa demessana – il cambio del laccio della scarpa. Ma in tempo di decreto, se i gentili ti costringono a cambiare il laccio della scarpa che è apparentemente una cosa marginale e piccola, si dà la vita per questo.
“Quando lo Stato d’Israele dice ‘tutti all’esercito’, quando un uomo tra i capi dello Stato non dice pubblicamente ‘c’è valore nello studio della Torah che protegge e salva e i suoi studiosi sono i difensori del popolo’, e c’è molto più della sensazione che vogliono cambiare i charedim – questa è l’ora di esaminare se l’esercito è un luogo adatto anche per chi non studia. Esaminare se c’è la possibilità che chi non studia entri charedi ed esca charedi. Quando è noto che l’esercito non è solo una forza combattente, ma ha agende di progresso come l’uguaglianza di genere, ed è persino disposto a rinunciare alla qualità dei combattenti e ad abbassare il livello dei requisiti per adattarlo all’agenda – cosa di cui persino i migliori figli del sionismo religioso si lamentano e ammettono di pagare un prezzo spirituale per i suoi valori – questo significa che non c’è un quadro adatto. Cosa sarà in futuro? Non credo che la risposta a questa domanda sia nelle mani del pubblico charedi, ma nelle mani di chi ancora pensa erroneamente di poterlo cambiare“.
Il settore religioso-nazionale combina: con una mano tiene un M-16, e con l’altra il Talmud. È dentro lo Stato e anche a Gaza. E non riesce a capire: perché voi restate nel Bet Midrash?
“Oggi non c’è un ‘pubblico religioso-nazionale’. Charles Dickens scrisse un libro ‘Racconto di due città’, e intendeva tra Parigi e Londra. Oggi il mainstream del pubblico religioso-nazionale si trova tra due monti, Har Hamor e Har Etzion. È un continuum, e quasi ognuno nel pubblico religioso-nazionale si trova su questo continuum. Da entrambi i lati del continuum c’è altro, qui e là. Ci sono persone in questo pubblico a cui Yated Neeman non dovrebbe rivolgersi affatto – persone la cui kippà sulla testa è solo un simbolo sociale di appartenenza, e non è collegata quasi per niente alla realtà religiosa. Altri sono un tipo di ignoranti, gente del ‘datemi uno studioso di Torà e lo morderò come morde un asino’, e non voglio analizzare questo perché non voglio offendere. E ci sono quelli che si adattano alla definizione che hai dato, ma non credono veramente che la Torà protegge e salva. E ci sono anche quelli che sì sanno e sì credono”.
Perché pensi che non credano che la Torà protegge e salva?
“Perché nel momento in cui siedono e studiano nella yeshiva – i carri armati viaggiano, i proiettili colpiscono, le operazioni brillanti riescono, l’incredibile accade. E se non c’è studio di Torah, non si può condurre la guerra. L’angelo – il principe dell’esercito di Hashem che si rivelò a Yehoshua di notte in uniforme militare – gli dice: ieri sera avete annullato il tamid tra i due crepuscoli e ora di notte annullate la Torà, e io ‘ora sono venuto’, per l’annullamento della Torà, perché non posso condurre la guerra se annullano la Torà.
“Quando scoppia una guerra, devo studiare Torà. Se mi alzo ora perché voglio combinare sephra (libro) e sayfa (spada), e nel momento della verità quando è richiesta Torà chiudo il Talmud e vado a combattere, è come un uomo dell’aviazione che mette l’aereo nell’hangar e corre sul campo a combattere accanto alla fanteria. Scusa, il tuo compito è essere nell’aviazione. Così anche un ben Torah: perché chiudi la Gemara? Se sai e credi veramente che la Torà protegge e salva, e servi nel battaglione della Torà che è quello che vince la guerra – perché abbandoni la posizione di difesa nel momento della verità? Combinare è forse interessante, ma non credi che la Torà protegge e salva. Non credi che l’immersione in una sugya (dibattito talmudico) intercetta missili e dirige il fuoco e protegge i combattenti“.
Il soldato che sta con il Talmud a Gaza e sfrutta ogni momento libero per studiare, sa che se non terrà un’arma, i terroristi verranno a casa tua.
“Non servirà che tenga un’arma se a Ponevezh, a Hebron e a Mir fermeranno gli studi e la combustione nel forno talmudico, il ‘brenen’ nella nostra lingua. La sua arma è superflua e inefficace. Se non c’è chi ora siede e studia, vai su un freeloaf, stai solo pedalando. Ho bisogno che ci sia un gruppo di qualità che preserva il popolo ebraico, altrimenti l’ebreo che combatte non avrà successo nella sua guerra. Allora perché ora lasci la posizione di difesa?“
Dove tutto è iniziato
Le pareti della redazione storica di Yated Neeman, in via Jabotinsky a Bnei Brak, sono impregnate di storia (tra l’altro, il giornale dovrebbe trasferirsi in una nuova sede nel prossimo futuro). Nell’ufficio del redattore capo, al centro della redazione, c’è una libreria con il Talmud Babilonese (“ogni trattato che finisco rimane sullo scaffale“) e libri di pensiero e storia ebraica. Le pareti sono decorate con foto di Friedman con leader charedim, tra cui rav Steinman. La foto più prominente racconta della grande vicinanza tra loro: il redattore del giornale versa acqua calda da un bollitore nella tazza di tè del capo della yeshiva nella sua stanza. Anche la foto di rav Shach è appesa al muro. Accanto alle fotografie è appeso un dipinto a olio che mostra una figura di una persona dello shtetl ebraico, e la scritta “all’amico che condivide il sentimento e l’emozione vicini a entrambi”.
“Questo è un dipinto di Moishe’le Bernstein“, racconta Friedman. “Era uno degli abitanti della bohème di Tel Aviv. Lo conobbi nella biblioteca di Beit Ariela, e cercò di provocarmi su questioni di fede. Era un sopravvissuto della Shoah che per tutta la vita visse lo shtetl che c’era e non c’è più, tutti i suoi dipinti sono figure dello shtetl. Lo invitai a essere mio ospite per Shabbat, e dopo mi scrisse una lettera: ‘Dopo lo Shabbat a casa tua continuo a camminare nei vicoli perduti della mia infanzia e a cercare i lineamenti del viso’. In seguito lo portai su sua richiesta in un tour a Mea She’arim e alla yeshiva di Hebron, e in lui si risvegliò molto nostalgia“. Mi invita in cucina e mi offre un caffè. “C’è Nescafé e c’è Taster’s Choice, questo è quello che va qui. Non c’è richiesta per una macchina del caffè“, dice, e poi – come dal nulla – racconta: “Vivo dello stipendio di mia moglie, e con lo stipendio del giornale sostengo i miei figli avrechim. Sono la cosa più importante per me, e quello che fanno è la cosa più importante. Tra i miei cinque figli ho dei gemelli, due di loro maschi. Li abbiamo cresciuti per la Torah, e il giorno in cui dovevano passare dal cheder alla yeshiva ketana, alle cinque del mattino, ricevo una telefonata e sulla linea mia madre, che piange amaramente. Cosa immagini in un momento del genere? Minimo un disastro. ‘Vieni subito’, dice.
“Vivo a Petach Tikva, e mia madre viveva a Bnei Brak. Entro nell’auto, la trasformo in un aereo, volo velocemente e arrivo, apro la porta in tempesta, e mio padre e mia madre sono seduti ad aspettare. Prima cosa scende il livello di ansia: mio padre sta bene. Ma mia madre piange, e comincia a raccontarmi una storia che non aveva mai raccontato. È nata nella città di Govorovo, tra Varsavia e Bialystok, una città di provincia a maggioranza ebraica. Ha raccontato che i nazisti arrivarono e spruzzarono le case di legno con carburante. Tutti gli ebrei della città furono portati alla sinagoga, stipati dentro e le porte furono chiuse. La città salì in fiamme, e il fuoco si avvicinò alla sinagoga, e dentro urla, preghiere, Tehillim e pianti. Improvvisamente un ufficiale nazista disse stranamente: ‘Non è un onore per noi bruciare tutti gli ebrei in una volta’, e ordinò: ‘Aprite la porta’. La sinagoga era sulla riva del fiume. Aprirono le porte, tutti gli ebrei scesero nell’acqua, attraversarono il fiume, fuggirono, e la sinagoga salì in fiamme.
“I membri della mia famiglia e gli altri ebrei partirono per un viaggio. Mio nonno, che insegnava ai giovani della città, disse a tutti ‘mangiate tutto quello che c’è, è pikuach nefesh’ (pericolo di vita), ma lui stesso decise di mangiare solo kasher. Chiamò mia madre e disse: andremo a cercare piante nella foresta. Questo è quello che mangiò. Sulla strada le sue forze non ressero, e crollò e morì. Con le sue piccole mani mia madre scavò una tomba da qualche parte sulle strade afflitte della Polonia e lo seppellì. Dopo si unì al gruppo di ebrei in fuga dalla città. Nelle mani del nonno c’era una Gemara del trattato Yevamot, e dentro due biglietti di auguri dei suoi due fratelli, Chaim Avigdor e Yaakov, che erano usciti per studiare nelle yeshivot. I biglietti furono inviati per Rosh Hashanà 5698 (1937). I suoi fratelli scomparvero nella Shoah. Ma quei due biglietti di auguri sopravvissero dentro la Gemara del nonno. La Gemara e i biglietti di auguri erano tutto ciò che sopravvisse della città.
“Mi raccontò questo e si avvicinò alla libreria, aprì il cassetto sinistro e tirò fuori un fazzoletto e dentro i due biglietti di auguri. Disse: ‘I miei due fratelli erano talmidei chachamim, furono ordinati rabbini nelle yeshivot già a 16 anni, e ti chiedo una richiesta – allo Shabbat chatan del primo dei due figli, racconta loro questa storia‘”. Friedman si strozza dal pianto per un momento, e dopo che si riprende si scusa e continua: “‘Racconta loro questa storia’, disse mamma, ‘e dai un biglietto di auguri a Yoni e un biglietto a Itai’ – i miei due figli, entrambi oggi avrechim nella yeshiva di Mir a Gerusalemme – ‘e di’ loro che questo è quello che la nonna chiede di continuare’.
“E loro continuano, e io faccio tutto affinché continuino. Non servirà a nessuno niente: loro continueranno e io farò tutto affinché lo Yoni e l’Itai di tutti possano continuare. Da questo luogo mi si è chiarito ancora di più cosa devo fare nei giorni della mia vita: questo bisogna continuare. L’Onnipotente mi ha guidato a Yated Neeman esattamente per questo scopo. Io e il giornale e i suoi lettori non abbiamo paura di nulla. Abbiamo una strada, abbiamo uno scopo: questo bisogna continuare“.
Il sionista orgoglioso della Diaspora
Yated Neeman continua anche una tradizione diasporica antica di “non provocare i gentili”. Nell’agosto 2024 il titolo principale del giornale fu dedicato a una dichiarazione in arabo: “È proibito con divieto molto severo la salita degli ebrei al Monte del Tempio (chiamato dai musulmani ‘spianata di Al-Aqsa’) e questa opinione non è cambiata“. Con questo rav Lando voleva trasmettere ai paesi arabi il messaggio che l’ebraismo charedi si oppone alla salita degli ebrei al Monte. Nove anni prima, in un periodo di attacchi con coltello a Gerusalemme, il giornale “Mishpacha” pubblicò un testo simile, che supplicava gli arabi: “Anche se avete informazioni solide sul desiderio israeliano di cambiare lo status quo nella Cupola della Roccia… il pubblico charedi non ha alcun legame con questo. Per favore, smettete di assassinarci“.
“C’è una tradizione di diplomazia charedi“, giustifica Friedman la mossa. “Non si va contro gli Stati Uniti, perché non sei veramente il padrone di casa qui. Quindi l’ebraismo charedi non è disposto a nessun prezzo a far arrabbiare l’America. Anche sulla questione del Monte del Tempio, oltre al fatto che tutti i rabbini hanno stabilito che è proibito salire al Monte con divieto di karet, c’è qui un passo pericoloso. Quando vuoi dimostrare sovranità in un luogo che loro chiamano Al-Aqsa, prendi un conflitto nazionale e lo trasformi in un conflitto religioso per mostrare i muscoli. Non ti interessa che la strada al Monte del Tempio passerà per il Monte degli Ulivi, e non ti importa che le candele della vittoria si trasformino in candele dell’anima. Quando si tratta di Al-Aqsa, non c’è musulmano amichevole e non c’è musulmano moderato. Tutti sono contro di te. È permesso abbassare la testa. Il popolo ebraico ha saputo sopravvivere, ha saputo abbassare la testa davanti ai governanti arabi. Questo è un fatto storico, questo è quello che è stato. Non dobbiamo provocare, questa non è saggezza“.
Gli assassini non cercano una ragione per uccidere.
“Giusto, ma noi forniamo loro la scusa. Ismaele è un uomo selvaggio, Ismaele vuole uccidere, ma non fornirgli la scusa. E tutto per l’orgoglio nazionale“.
È molto galuti, quello che dici.
“Sono orgoglioso di essere diasporico. Questo è un altro degli obiettivi di Yated Neeman: creare un’identità ebraica, e se essere ebreo è galuti, allora sono un galuti orgoglioso. Eretz Israel e lo Stato d’Israele non sono uno. Se c’è un luogo che è Eretz Israel secondo l’halacha, è Eretz Israel anche sotto il dominio di Giordania, Egitto, Siria o USA. E se non è territorio della terra promessa, anche se c’è sovranità israeliana questa non è Eretz Israel. Eretz Israel e lo Stato d’Israele sono due che non sono uno“.
Quindi sei anti-sionista, in pratica.
“Prego ogni giorno ‘e i nostri occhi vedano il Tuo ritorno a Sion con misericordia’. Prego ‘e a Gerusalemme Tua città con misericordia tornerai’. Sion è mia. Vivo in una terra che dipende dalle mitzvot e osservo le mitzvot, mi preoccupo che la terra non ci vomiti. Sono sionisti quelli che stanno nelle piazze e nelle strade e cantano ‘Terra di Sion e Gerusalemme’, ma profanano la sua santità e causano con il loro comportamento che le viscere della terra vogliano vomitarci come è scritto ‘e la terra non vi vomiti’, sono loro i sionisti?“
Ti stai un po’ dimenticando del miracolo di questo Stato. Dopo la Shoah, dopo migliaia di anni di Diaspora e persecuzione, siamo seduti qui a Bnei Brak. Tutte le generazioni hanno sognato che potessimo sedere così a Bnei Brak o a Gerusalemme.
“Il pubblico charedi non è contro Sion, è contro le idee distorte del movimento sionista, del ‘mondo vecchio fino alle fondamenta distruggeremo’, del tentativo di essere ‘come una delle nazioni la casa d’Israele’ e di creare una nuova varietà di ebreo rinnovato in una terra rinnovata, assimilato. Noi siamo un popolo antico e continueremo a essere un popolo antico. Ci sono tre criteri che definiscono un popolo anche secondo il diritto internazionale: lingua, territorio e definizione nazionale comune.
“Nota, questo non funziona per gli ebrei. Posso essere senza una lingua comune, non conoscere una parola di ebraico, e sono ebreo. Posso non vedere Eretz Israel dal giorno della mia nascita fino al giorno della mia morte, e rimango ebreo. Posso definirmi non israeliano, e sono ancora ebreo: ebreo americano, ebreo francese. Sai perché? Perché la definizione del popolo ebraico è la religione. E se questo ti suona diasporico, con questa macchia non vado in lavanderia. Questa Diaspora mi porterà all’eternità. Rav Shach nel ‘discorso degli iraci’ sfidò gli israeliani e chiese all’epoca: in cosa siete ebrei? Oggi, se vieni a parlare con qualcuno di ebraismo, può dire che è ebreo per via dell’hummus. Noi siamo gli autentici. L’hai chiamato galuti? Sì, noi siamo i rappresentanti dell’autenticità che c’era. Che non hanno cambiato il loro nome e la loro lingua“.
Dall’insediamento del governo alla fine del 2022, i politici charedim e il governo hanno registrato un fallimento dopo l’altro di fronte al sistema giudiziario. Decine di migliaia di studenti di yeshiva sono stati definiti disertori, i budget delle yeshivot sono stati tagliati a causa dell’annullamento dell’accordo “Toratò Umanutò”, i budget delle istituzioni educative per ragazze sono stati bloccati, e la fiducia dei leader charedim in Netanyahu ha raggiunto il minimo. Il 9 luglio Friedman usò la piattaforma del suo giornale per rivolgere a Netanyahu un messaggio minaccioso: in un articolo intitolato “Lezioni del passato” ricordò che il primo ministro britannico Winston Churchill, che guidò il suo paese alla vittoria nella Seconda Guerra Mondiale, fu rimosso dal potere alla sua fine. “Non prestò orecchio ai bisogni del popolo esausto”, scrisse Friedman, “e invece di fare riparazioni in casa, vendette loro discorsi di vittoria“.
C’è la possibilità che i charedim non vadano con Netanyahu dopo le elezioni?
“Mi fai una domanda a cui non posso rispondere, perché è affidata solo ai grandi d’Israele e alla loro decisione, e faremo secondo tutto ciò che ci insegneranno. Ma analizzo con te la situazione. Non è un segreto che nelle nostre posizioni politiche, non apparteniamo alla destra. Non siamo destra né sinistra, ma guidati dalla Daat Torà. Ma per via di ‘responsabili l’uno dell’altro’ siamo andati con il lato credente, tradizionale, che è la maggioranza del popolo. In molte cose abbiamo coperto la destra per il bene di questo cammino comune, e nel momento della verità la destra non ci ha restituito allo stesso modo. Alla fine abbiamo bisogno della cosa più preziosa per noi, custodire la nostra cassaforte, che sono gli studiosi di Torah. Questa non è solo la mia cassaforte, ma anche dei laici. Il giorno in cui il cammino insieme metterà in pericolo il nucleo del nucleo dell’esistenza ebraica, che si irradia anche sull’esistenza israeliana – quel giorno la questione tornerà sul tavolo dei grandi d’Israele, e non posso dirti cosa sarà. Per quanto mi riguarda dipende da quale istruzione uscirà dal lishkat hagazit, dal tavolo dei grandi d’Israele, e nulla è assurdo“.
