R. Mayer Twersky (Boston, n. 1960) in Insights and Attitudes (p. 262-3) tratta l’argomento della superbia, traendo spunto dal versetto dove sono descritti i doveri del Re: “Affinché non si comporti da superbo con i suoi fratelli, ed egli non devii da questi comandamenti né a destra né a sinistra, e prolunghi così i suoi giorni nel suo regno, egli coi suoi figli, in mezzo ad Israele (Devarìm, 17:20).
Il Nachmanide (Girona, 1194-1270, Acco) nel suo commento alla Torà afferma che in questo versetto la Torà accenna alla proibizione della superbia (per tutti), perché la Torà la proibisce al Re, e a maggior ragione ad altri (di rango inferiore al Re) che non hanno alcun motivo per insuperbirsi. La superbia è un tratto di carattere ripugnante nei confronti di Dio, perché la grandezza può essere attribuita solo a Dio.
R. Twersky, oltre a citare il Nachmanide, cita anche il tosafista r. Moshè di Coucy (m. 1260), autore del Sefer Mitzvòt Gadol, nel quale elenca le 613 mitzvòt della Torà. In un noto passaggio R. Moshè scrive che alla conclusione della sua opera egli ebbe un sogno nel quale gli fu detto che aveva dimenticato la mitzvà fondamentale di non dimenticare l’Eterno e diventare superbo. Fu così che egli aggiunse la proibizione di essere superbo tra le mitzvòt proscrittive.
R. Moshè Cordovero (Safed, 1522-1570) in Tomer Devorà afferma che l’umiltà è il contrario della superbia ed è la base di tutti i sani tratti di carattere.
Per quale motivo la superbia è così deplorabile ed è l’antitesi dell’umiltà?
R. Twersky spiega che il superbo non è necessariamente una persona che esagera nel parlare delle proprie capacità e dei propri successi. Il superbo può essere assai preciso nel valutare se stesso. Il suo errore consiste nel ritenere di essere un “self made man”. Nel testo della Torà una persona del genere è colui che dice: “La mia forza e la potenza della mia mano m’hanno acquistato queste ricchezze” (Devarìm, 8:17). Il superbo si sente indipendente e fiero di se stesso. Una persona umile invece si rende conto che le doti che possiede gli sono state date dall’Eterno, e che il suo successo dipende dal sostegno divino. E di conseguenza è modesto e senza pretese.
Il Maimonide (Cordova, 1138-1204, il Cairo) nel Mishnè Torà (Hilkhòt De’ot, 2:3) scrive che “chi è superbo nega il principio fondamentale” cioè la divinità. La superbia per definizione consiste nel dimenticare l’esistenza dell’Eterno. E consiste nel sentirsi indipendente e autonomo, cosa che nega la necessità dell’esistenza di un Essere Supremo, che è la fonte della nostra esistenza. Queste definizioni ci danno la possibilità di comprendere perché r. Moshe di Coucy e r. Cordovero sottolineano l’importanza dell’umiltà.