“Guarda, io pongo oggi dinanzi a voi benedizione e maledizione” (Deuteronomio 11:26). Con queste parole Mosè spiega al popolo ebraico le condizioni attraverso le quali una persona può ricevere benedizione oppure maledizione. Rabbì Levi Yitzchak di Berditchev (1740–1809), nella sua opera di commento alla Torah dal titolo “Kedushat Levi”, solleva la questione che due opposti come benedizione e maledizione, siano stati raggruppati da Mosè in questo caso, in un unico versetto, invece di essere trattati separatamente, come nel capitolo degli ammonimenti nel libro del Levitico o delle maledizioni nel libro del Deuteronomio, in cui si elencano sia i risultati dell’obbedienza sia della disobbedienza ai comandamenti di Dio.
Perché è importante per Mosè menzionare insieme benedizione e maledizione?
Nella Ghemara (Berakhot 40a), si tramanda il detto che gli esseri umani possono essere “kelì rekan machazik / un vaso vuoto che contiene” oppure “keli malè eno machazik / un vaso pieno che non può contenere”. Come un recipiente che, quando è pieno, non può contenere altro, ma se è vuoto, se può ancora riempire.
Il maestro chassidico Rabbì Elimelekh Weisblum di Lizhensk (1717-1797), nell’opera Noam Elimelekh, spiega cosa significa questo detto e come questo si può applicare alle persone. Possiamo essere “riempiti”, possiamo crescere, solo se riconosciamo di essere “vuoti”, di essere incompleti, di avere ancora molto da imparare e molto da migliorare. Se una persona si sente di essere “pieno”, di essere completo, di essere già la persona che dovrebbe essere, allora “enò machazik / non può essere riempita”, non crescerà mai. Possiamo crescere e cambiare solo quando riconosciamo che abbiamo bisogno di crescere e cambiare.
Così avviene per coloro che hanno cattive abitudini, che sanno che dovrebbero cambiare, ma non lo fanno, perché tutto sommato, fino ad ora è andato sempre bene.
Purtroppo, questo è il motivo per cui le persone cadono nelle dipendenze. Sanno che dovrebbero smettere, ma vedono che nella vita sono riusciti, in qualche modo, nonostante la dipendenza, quindi si può andare avanti come si è sempre fatto.
Quand’è che un tossicodipendente si rende conto di aver bisogno di aiuto, che non può continuare così? Quando tocca il fondo. Quando sua moglie minaccia di lasciarlo, quando perde il lavoro, quando la sua vita sta per sgretolarsi.
Il fallimento può essere la benedizione più grande, perché è un potente motivatore al cambiamento. Quando una persona fallisce, diventa un “kelì rekan machazik / un vaso vuoto che può essere riempito”.
Molto spesso, è proprio quando una persona fallisce che inizia la strada che porta alla grandezza e al successo.
Questo è il motivo per cui Mosè ha fatto questo discorso al popolo, presentando insieme “benedizione e maledizione”. Perché, per chi ha la capacità di riconoscerlo, sono la stessa cosa. Quando sperimentiamo una maledizione, quando falliamo terribilmente, riconosciamo il nostro “vuoto” ed è questo riconoscimento che ci permette l’inizio del processo di crescita, portandoci benedizione.
Cerchiamo, soprattutto di questi tempi, di avere la forza, il coraggio, l’onestà e l’umiltà per riconoscere il nostro “vuoto”, per renderci conto che abbiamo bisogno di cambiare per poi riuscire a produrre quei cambiamenti. Non aspettiamo di toccare il fondo. Se c’è un’area nella nostra vita che sappiamo richieda di essere aggiustata, scegliamo noi stessi di farlo e mettiamoci al lavoro affinché le nostre vite raggiungano la benedizione che meritiamo, Shabat Shalom!