“E parla ai figli d’Israele e di loro: Chiunque maledirà il suo Dio porterà la pena del suo peccato” (Levitico 24:15). Alla fine del brano della Torah del prossimo sabato, si racconta una storia sconvolgente di un uomo che a causa di una lite con un’altra persona, ha maledetto pubblicamente il Nome del Signore. Nei commenti si spiega che siccome aveva perso una causa in tribunale contro il suo compagno, questa persona era così arrabbiata che in pubblico ha sfogato la sua rabbia bestemmiando il nome di Dio.
Mosè, davanti a questa situazione mai capitata e forse anche inimmaginabile, non sapeva quale decisione dovesse prendere. Il Signore allora gli parlò e gli insegnò le norme per questa casistica: se qualcuno avesse commesso un atto così terribile, era passibile di pena di morte.
Su questo episodio, per prima cosa c’è da dire che il comportamento di quest’uomo ci mostra l’esatto opposto di come dobbiamo reagire a una situazione avversa, quando le cose non vanno come vorremmo. Il bestemmiatore, ci insegna che la cosa giusta da fare in tempi di difficoltà è una sola: avere emunah, avere fiducia nel Signore. Anche, e soprattutto, nelle avversità, Lui ci ha messo a disposizione tutti gli strumenti per procedere sulla strada giusta, per raggiungere la consapevolezza che ogni situazione difficoltosa, è un’opportunità per noi di crescere e imparare così da diventare delle persone migliori.
Ma c’è anche un altro aspetto di questa storia che vale la pena considerare.
Nella Torah, questo è uno dei cinque casi in cui si è verificata una situazione in cui Mosè non sapeva come rispondere. Gli altri quattro si trovano tutti nel libro dei Numeri: quando un gruppo di persone che non poteva offrire il sacrificio di Pesach pesach a causa del loro stato di impurità e chiesero a Mosè l’opportunità di offrire il sacrificio il quale non aveva una norma stabilita per rispondere a questa richiesta. Chiese a Dio e fu deciso che le persone che non possono offrire il sacrificio a Pesach possono farlo il mese successivo, il 14 di Iyar (Pesach Shenì); quando un uomo raccolse della legna profanando pubblicamente lo Shabbat e Moshe non sapeva come avrebbe dovuto essere punito. Dopo aver consultato il Signore, la norma stabilita per questa profanazione, fu quella della pena capitale; quando un uomo commise un peccato di idolatria in pubblico con una donna moabita provocando una calamità su tutto il popolo. Mosè non seppe decidere cosa fare finché il sacerdote Pinechas non si alzò e uccise i trasgressori. Questo atto di zelo divenne una base giuridica per fissare un’eccezionale norma che autorizza una persona zelante a uccidere i trasgressori in questo tipo di situazione estrema; quando le figlie di Tzelofchad della tribù di Manasse. Questo uomo era morto senza figli maschi e la sua parte della terra d’Israele sarebbe andata ad altri. Le figlie allora chiesero di ricevere lo l’eredità paterna. Anche in questo caso non c’era una norma stabilita per cui Mosè potesse decidere per cui chiese di nuovo al Signore come rispondere. La norma che fu stabilita era che le figlie dovevano ricevere l’eredità paterna, facendo giurisprudenza per tutti i casi in cui un uomo muore senza figli maschi. Cosa hanno in comune questi episodi?
Erano tutte situazioni difficili, spiacevoli anche indesiderate, ma tutte hanno provocato l’effetto dell’insegnamento di nuove mitzwoth. A causa di qualcosa di terribile, o almeno indesiderabile, una Qedushah speciale è stata aggiunta al popolo ebraico.
Un concetto espresso persino da Winston Churchill in uno dei suoi motti proverbiali: “Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità; un ottimista vede l’opportunità in ogni difficoltà”.
Quando affrontiamo una situazione indesiderata, la nostra reazione deve essere quella di continuare ad andare avanti, di fare del nostro meglio, confidando che da qualche parte in questa situazione ci sia un’opportunità di realizzazione e crescita. Queste cinque storie della Torah in cui addirittura Mosè, il “rabbino dei rabbini”, aveva bisogno di imparare qualcosa di nuovo, ci mostrano che i problemi e le crisi sono in realtà opportunità per imparare di più, per elevarci più in alto e per diventare persone migliori.
Invece di cadere a pezzi, come il bestemmiatore di questa settimana, cerchiamo di comprendere con umiltà, che forse quello che abbiamo fatto finora non è abbastanza o addirittura non giusto e proviamo invece a trovare nelle difficoltà l’opportunità di trasformare ogni situazione in cui ci troviamo in un’esperienza di crescita e miglioramento, Shabbat Shalom!