“Nadav ed Avihu, figli di Aronne, presero ciascuno il suo turibolo, vi misero dentro del fuoco, vi posero su dell’incenso e offrirono davanti all’Eterno del fuoco estraneo che Egli non aveva loro ordinato. E un fuoco uscì dalla presenza dell’Eterno e li divorò; e morirono davanti all’Eterno” (Levitico 10:1-2). Questa settimana, la Torah racconta la terribile tragedia che si verificò il giorno dell’inaugurazione del Tabernacolo. Il primo giorno in cui Aronne e i suoi figli prestarono servizio come Sacerdoti, i due figli maggiori, Nadav e Avihu, morirono dopo aver portato un’offerta di incenso. I maestri menzionano ragioni diverse per cui Nadav e Avihu meritassero una punizione così severa. Tra queste ragioni, sono riportate quelle dell’offerta di Ketoret (incenso) non richiesta e l’ingresso nel Tabernacolo dopo aver bevuto del vino. Tuttavia, è difficile capire perché furono puniti così duramente.
Innanzitutto, molte delle leggi che regolavano il Tabernacolo e i Sacerdoti non erano ancora state emanate e Nadav e Avihu potevano essere giustificati per la loro inosservanza di queste restrizioni. Inoltre, il giorno dell’inaugurazione del Tabernacolo fu un’occasione unica in cui molte delle procedure standard non trovarono applicazione. Non era così irragionevole per Nadav e Avihu presumere – seppur erroneamente – di poter portare incenso non richiesto e di entrare nel Tabernacolo dopo aver bevuto, in questo giorno speciale!
Diverse spiegazioni sono state fornite sul perché Dio abbia trattato Nadav e Avihu con tanta severità. Una risposta molto interessante fu suggerita dal Magghid di Dubno (Rabbi Yaakov Krantz, 1741-1804), che tracciò il paragone con un re che ordinò ai suoi servi di costruire per lui una città speciale che sarebbe stata il gioiello della corona del regno. Quando la città fu costruita, ordinò ai suoi servi di offrire incentivi per far arrivare in città i professionisti più grandi e affermati. Il re desiderava in modo particolare che il miglior medico del regno dovesse essere portato in città, affinché i residenti sapessero che la loro salute era in ottime mani.
I servi reali individuarono il medico più esperto e rinomato e lo portarono a vivere nella nuova città. Il suo arrivo fu celebrato con grande clamore e in suo onore fu organizzato uno speciale ricevimento reale.
Ancor prima della fine del ricevimento di benvenuto, il medico fu chiamato in servizio perché un uomo si era gravemente ammalato. Il medico si recò rapidamente dal paziente e, dopo averlo visitato per qualche istante, assicurò a tutti di poterlo curare.
Poco dopo il medico uscì dalla stanza visibilmente sconvolto e informò la folla che il paziente era morto. Nonostante i suoi migliori sforzi, non riuscì a salvare l’uomo.
Inutile dire che la gente del paese rimase sbalordita. Il medico tanto acclamato fallì al primo tentativo.
Quando domandarono al medico del perché non fosse riuscito a guarire il malato, il medico rispose: “la verità è che ho capito benissimo fin dal primo momento in cui ho visto quell’uomo che non aveva alcuna possibilità di sopravvivere. Soffriva di una malattia incurabile ma ciononostante ho deciso di dare una prognosi ottimistica, per inviare un messaggio a tutti in città. Ho visto come sono stato accolto con tanto onore e ho capito quali fossero le aspettative della gente. Sapendo che l’uomo considerato il più grande medico del mondo sarebbe vissuto tra loro, la gente ha cominciato a trascurare la propria salute. Hanno pensato che, qualunque cosa accadesse loro, c’era un medico qui che poteva certamente curarli. In questo modo ho voluto chiarire fin dall’inizio che le mie capacità sono limitate. Dovete tutti continuare a prendervi cura di voi stessi. Non sono un taumaturgo e non ho una cura per ogni male. Questo è il messaggio che volevo trasmettere fin dal primo giorno”.
Il Magghid spiegò che questo è lo stesso motivo per cui Dio reagì così duramente al peccato di Nadav e Avihu. La costruzione del Tabernacolo offrì ai figli d’Israele l’opportunità di ottenere l’espiazione per i peccati attraverso l’offerta di sacrifici. Il popolo, quindi, poteva aver inteso il Tabernacolo come lo strumento per ripulirsi dalle colpe in modo automatico e che da quel momento potevano anche non osservare le mitzwoth con precisione o affatto, tanto con un sacrificio rimettevano a posto le cose. Il popolo avrebbe considerato il Tabernacolo una sorta di vaccino automatico contro il peccato, trascurando così lo studio e la pratica delle mitzwoth.
Come gli abitanti della nuova città nella parabola del Magghid, i figli d’Israele avrebbero fatto affidamento sui rituali del Tabernacolo e non avrebbero ritenuto necessario affidarsi al proprio comportamento.
Per questo, il giorno dell’inaugurazione del Tabernacolo, Dio fece morire due anime pure ed eccelse per un errore di minore rilevanza. Per dei divieti che ancora non erano entrati in vigore. Il Signore Voleva che il popolo vedesse che questi due uomini, eccezionalmente giusti, erano stati puniti gravemente per un’infrazione relativamente marginale e non erano stati salvati dall’offerta speciale che avevano portato nel Tabernacolo.
Il popolo avrebbe allora compreso che il Tabernacolo non è una panacea e che non esiste una cura magica per i nostri mali spirituali. Sebbene Dio ci abbia, per la Sua misericordia, concesso modi per ottenere l’espiazione, in prima istanza siamo noi ad essere responsabili delle nostre azioni.
Per quanto significativi e potenti fossero il Tabernacolo e i suoi sacrifici, nessuno era esonerato dal comportarsi correttamente, con responsabilità e di aderire rigorosamente ai comandamenti della Torah. Lo stesso vale per noi oggi, non c’è nessun colpo di spugna che – magicamente – ci ripulisce l’anima dall’impurità generata dalle nostre trasgressioni, ma solo processi seri ci studio, conoscenza e giusta osservanza, Shabbat Shalom!