Continua la pubblicazione a puntate della rivista Alef-Dac dell’agosto del 1987.
1. Casi celebri
Lo zelo di proselitismo degli Ebrei fu certamente una delle cause dell’antiebraismo nel mondo pagano. I Romani, sentendo la loro religione minacciata dagli Ebrei, rispondevano per reazione difensiva respingendoli. Le due espulsioni degli Ebrei e che si verificarono con tre secoli di intervallo, furono tutte due motivate, sembra, da sanzioni contro il proselitismo, troppo intraprendente, degli Ebrei. I provvedimenti di Adriano, che vietavano la circoncisione in tutto l’impero e che furono mantenuti dai successori, almeno per quanti non erano di nascita ebraica, furono anche misura di difesa contro un proselitismo troppo attivo. Quale traccia questo proselitismo ha lasciato nella storia?
Non vogliamo riportare qui i personaggi oscuri, che ci sono indicati come convertiti da iscrizioni funebri e da testi. Ci limitiamo allo studio di alcune conversioni parziali o totali di personaggi per altro verso celebri nella storia romana. Oltre ai personaggi di cui parleremo, la tradizione talmudica cita alcuni rabbini anch’essi proseliti o discendenti di proseliti. Per esempio Rabbi Meir e i maestri di Hillel e Sciammaj: Scemaià e Avtalion. (I sec. a.C.).
«Quando un giorno essi si mostrarono indulgenti verso una proselita, accusata di adulterio, furono sospettati di parzialità, perchè anch’essi erano discendenti di proseliti». (Mishnà Eduyot).
POPPEA, FAVORITA DI NERONE
Poppea, amata da Nerone e divenuta sua moglie nel 62 (morì nel 65), era una semi proselita. Questo risulta chiaramente da Giuseppe Flavio e anche dalla tradizione talmudica. Questo non risulta affatto dai testi di Tacito: ma si capisce facilmente che la corte desiderasse tener segreta tale situazione, data la poca simpatia che godevano gli Ebrei nell’impero.
Quello che più sorprende è che il personaggio di Poppea descritto da Tacito, lungi dall’essere un modello di virtù, è invece un esempio di dissolutezza e di delitto.
«Le frecce caddero in direzione di Gerusalemme»
« Fu mandato l’Imperatore Nerone contro Gerusalemme. Arrivato in Palestina, fece scagliare delle frecce (per auspicio) ai quattro punti cardinali. Tutte ricaddero in direzione di Gerusalemme. Interrogato un bambino ebreo, gli chiese di recitare il versetto che aveva imparato quel giorno a scuola: “Eserciterò la mia vendetta contro Edom per mezzo del mio popolo Israele”. (Ezechiele 25, 14), recitò il ragazzo. Nerone disse: “Il Santo Benedetto vuole a tutti i costi distruggere il suo Tempio, ma vuole lavarsene le mani utilizzandomi come strumento della sua vendetta”. Fuggì, andò a trovare i sapienti e si convertì all’Ebraismo. Alla sua discendenza appartenne Rabbi Meir ».
(Talmud Babilonese, Ghittin 56 a)
FLAVIO CLEMENTE, CUGINO DI DOMIZIANO
Il fratello maggiore di Vespasiano, Tito Flavio Sabino, negli ultimi anni della sua vita subì influenze ebraiche. Uno dei suoi figli, Tito Flavio Clemente, sposò Flavia Domitilla, nipote di Vespasiano. La coppia era quindi doppiamente imparentata con i due figli di Vespasiano che arrivarono al principato: Tito e Domiziano. I loro due figli, che si chiamavano anch’essi Vespasiano e Domiziano,furono educati da Quintiliano ed erano considerati i probabili successori di Domiziano al principato. In queste condizioni le simpatie di Flavio Clemente e di sua moglie per le “superstizioni orientali “finirono con l’essere conosciute. L’anno stesso del suo consolato Flavio Clemente fu giustiziato per ordine del cugino, l’Imperatore Domiziano (anno 95); la moglie fu condannata all’esilio.
«Shetià bar Shalom paga il dazio»
Flavio Clemente sembra designato nel Talmud con lo pseudonimo di Shetià bar Scialom (il circonciso figlio della pace). Ecco il racconto di cui è l’eroe. «Un imperatore (Domiziano) odiava gli Ebrei. Disse ai notabili del suo Impero: “Un uomo che abbia un ascesso al piede è meglio che lo tagli e viva o che lo lasci e soffra?” Tutti risposero: “Che lo tagli e viva”, tranne Shetià Bar Scialom, che gli disse: “In primo luogo non potrai mai annientarli tutti, perché sono indispensabili al mondo come lo Spirito. Poi non potrai impedire che il tuo Impero sia allora chiamato “amputato”». L’imperatore allora disse: «Hai ragione; ma la legge vuole che chi resiste al Re sia condannato a morte». Nel momento in cui Shetià fu condotto al supplizio, una matrona (sua moglie Domitilla?) esclamò: «Maledetto il bastimento che se ne va senza pagare il dazio!». Shetià allora rapidamente si circoncise da sé ed esclamò: «Ho pagato il dazio». E una voce dal cielo echeggiò: «Shetià bar Scialom è sicuro nel mondo futuro!».
(Talmud Babilonese, Avodà Zarà 10 b)
AQUILA E ONCHELOS
Era originario di una ricca famiglia del Ponto e imparentato per matrimonio con Adriano. Visse dunque verso la metà del secondo secolo. Fu designato dall’imperatore per certi lavori della costruzione di Aelia Capitolina, la città che doveva sostituire Gerusalemme, in un tempo imprecisato si affilio a una setta giudeo-cristiana e ben presto passò all’Ebraismo integrale, fu proselito completo e discepolo di Rabbi Akivà (1). Tradusse la Bibbia in greco. Disgraziatamente questa traduzione è andata integralmente perduta. Ci restano solo alcuni frammenti conservati negli Exapla (2) di Origene (3), che pure ci sono arrivati solo in minima parte.
«Compra la merce disprezzata»
Il proselita Aquila era figlio della sorella di Adriano. Voleva convertirsi all’Ebraismo, ma temeva suo zio Adriano. Gli disse: « Vorrei fare del commercio ». « Non hai abbastanza oro ed argento? I miei forzieri sono aperti dinnanzi a te ». «Voglio commerciare fuori con gli altri uomini, per conoscerli meglio, e desidererei i tuoi consigli ». « Ebbene, se vedi una merce trascurata e disprezzata da tutti, comprala; finirà con l’acquistare valore e ti arricchirà ». Andò in Palestina e studiò la Torà presso Rabbi Eliezer e Rabbi Giosuè (sono i due maestri dinnanzi ai quali intraprese più tardi la traduzione della Bibbia; essi se ne felicitarono con lui e gli espressero la loro ammirazione). Tornò poi da Adriano, che gli chiese perché era tanto turbato in sua presenza. «Forse hai avuto perdite nel tuo commercio? Qualcuno vuole nuocerti?» «Sono tuo parente. Chi potrebbe volermi nuocere?» «Allora perchè sei così turbato? » « Ho studiato la Torà e mi sono fatto circoncidere». « E chi dunque te l’ha consigliato?» «Tu stesso. Non mi hai consigliato di occuparmi della merce più disprezzata? Ho viaggiato dappertutto e non ho trovato popolo più umiliato di Israele. Israele si rialzerà un giorno ». « Dimmi tutta la verità: che cosa ti ha spinto a fare ciò?» «Il mio amore per la Torà». «Affidi tu un esercito a un luogotenente senza dargli contemporaneamente delle armi? Così la circoncisione è l’arma, con cui la Torà può essere conquistata ».
(Tanchumà, Mishpatim – Talmud di Ger., Meghillà 71 c)
Onchelos, figlio di Calonimo, si convertì all’Ebraismo. L’Imperatore mandò contro di lui un esercito di soldati romani, ma egli conquistò in tal modo i soldati con i versetti biblici che recitava e il commento che ne dava che tutti si convertirono. Lo stesso fenomeno si ripeté con un altro esercito. Un terzo ricevette la consegna rigorosa di non entrare in conversazione con Onchelos. Ma, quando egli uscì dalla casa e baciò la mezuzà, i soldati gli chiesero: « Che significa questo gesto? » « Vedete – disse Onchelos – in tutti gli altri luoghi i Re sono dentro la loro casa e i servitori fanno la guardia fuori, ma per il Signore Benedetto i servitori sono dentro ed Egli fa la guardia per loro fuori ». Di nuovo tutto l’esercito si convertì.
(Talmud Babilonese, Avodà Zarà 11 a)
(1) La tradizione ebraica distingue raramente fra questo Aquila, traduttore della Bibbia in greco, e Onchelos il traduttore in aramaico.
(2) Gli Exapla di Origene presentavano il testo biblico in 6 colonne: la prima in ebraico, la seconda in ebraico traslitterato in caratteri greci, le restanti quattro riportavano le traduzioni greche dei Settanta, di Aquiila, di Teodozione (II sec) e di Simmaco (11 sec).
(3) Origene (185.254) fu un filosofo e teologo cristiano, che elaborò la fusione del pensiero neoplatonico con quello cristiano.
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2. La repressione cristiana
«Guai a voi ipocriti, maestri della legge e farisei! Voi fate lunghi viaggi per terra e per mare, pur di riuscire a convertire un solo uomo: ma poi quando l’avete conquistato, lo fate diventare degno dell’inferno, peggio di voi».
Con queste parole, attribuite a Gesù in Matteo 23:15 si delinea un’opposizione nascente tra il mondo ebraico, tutto proteso al proselitismo e il cristianesimo nascente. Progressivamente il cristianesimo si delineò come religione alla ricerca di proseliti e su questo tema vi fu presto con l’ebraismo concorrenza e conflitto, fino all’inversione dei ruoli. E’ probabile che uno dei fattori che portò al cambiamento degli atteggiamenti tradizionali rabbinici di apertura al proselitismo fu l’acuirsi della opposizione cristiana, che dopo il trionfo politico del cristianesimo trovò espressione in una serie di editti imperiali. La ripetizione di questi editti in varie occasioni e forme fa supporre che malgrado lo stato di costrizione gli ebrei proseguirono per qualche secolo una tenace attività di proselitismo. Le leggi colpirono direttamente il proselitismo e indirettamente altre possibili forme di giudaizzazione, come il matrimonio misto e il possesso di schiavi cristiani (che secondo la norma tradizionale dovevano essere circoncisi entro un anno dal loro ingresso in casa o rivenduti).
Ecco alcuni frammenti degli editti:
L’Imperatore Costantino Augusto ad Evagrio: Se qualcuno del popolo avrà aderito alla loro nefanda setta (cioè all’ebraismo) e avrà partecipato ai loro conciliaboli subirà con loro la pena meritata (cioè sarà arso vivo). Data il 18 ottobre 315.
L’Imperatore Costantino Augusto ad Evagrio: … per quanto riguarda le donne, precedentemente appartenenti ai nostri ginecei, che i Giudei hanno indotto a turpe concubinato,vuolsi siano esse restituite al primitivo gineceo…; questo perché non sia consentito ai Giudei fare di donne cristiane strumento delle loro pratiche illecite. Data il 13 agosto 339.
L’Imperatore Costanzo Augusto e il Cesare Giuliano a Talassio prefetto del pretorio: Se qualcuno fattosi giudeo, parteciperà ai loro sacrileghi conciliaboli, una volta provata l’accusa, ordiniamo che i suoi beni siano incamerati dal fisco. Data a Milano il 3 luglio 352.
L’Imperatore Costantino Augusto a Felice prefetto del pretorio: Se un Giudeo, dopo aver acquistato uno schiavo cristiano o di qualsiasi altra religione, l’abbia fatto circoncidere, non potrà più mantenerne il possesso e lo schiavo che ha subito il danno otterrà i privilegi della libertà. Data a Cartagine il 21 ottobre 335.
Analoghi editti furono emanati da Costantino e Teodosio Augusto (416) e da Teodosio e Onorio Augusto (417).