La parashà inizia con l’ordine di contare i figli d’Israele: “L’Eterno parlò a Moshè, nel deserto di Sinai, nella tenda della radunanza, il primo giorno del secondo mese, nel secondo anno dell’uscita dei figli d’Israele dal paese d’Egitto, e disse: contate tutta la radunanza dei figli d’Israele secondo le loro famiglie, per le case paterne, enumerandole per nome, ogni maschio individualmente. Dai vent’anni in su, tutti quelli che in Israele possono andare alla guerra; tu ed Aharon ne farete il censimento, secondo le loro schiere” (Bemidbàr, 1: 1-3).
Rashì (Troyes, 1040-1105) commenta: “Egli li conta ogni volta a causa del loro amore di fronte a Lui: li contò quando uscirono dall’Egitto; contò quelli i rimanenti dopo che caddero a causa del vitello d’oro; e li contò quando venne il momento di fare dimorare la Sua provvidenza presso di loro. Il mishkàn fu eretto nel primo giorno di Nissàn e li contò il primo giorno del successivo mese di Iyàr”.
R. Shelomo Ohev (XVI sec. a. E.V., Ragusa, oggi Dubrovnik) nel suo commento Shemen Hatov, fa notare che bisogna spiegare perché tutte le tribù si moltiplicarono in modo miracoloso, “sei per ogni ventre”, mentre il numero degli uomini della tribù di Levi crebbe in modo normale. Leggendo il testo vediamo che furono contati ventiduemila leviti dall’età di un mese in su (ibid., 3:39) e circa ottomila dai trenta ai cinquanta anni. Se paragoniamo il numero dei leviti alla tribù con il numero più basso, vediamo che la tribù di Menashè contava trentaduemila e duecento uomini di età da venti a sessanta anni. E anche bisogna tener conto del fatto che la tribù di Menashè era metà della tribù di Yosef.
R. Ohev chiede quindi: “Quale peccato commise la tribù di Levi per rimanere così poco popolosa?“ Per rispondere a questa domanda egli cita il Nachmanide (Girona, 1194-1270, Acco) che nel suo commento afferma che le tribù si moltiplicarono a un ritmo miracoloso perché il faraone voleva impedire l’aumento della popolazione degli israeliti come scritto nella Torà: “Egli disse al suo popolo: Ecco, il popolo dei figli d’Israele è più numeroso e più potente di noi. Usiamo prudenza con essi; che non abbiano a moltiplicare e, in caso di guerra, non abbiano a unirsi ai nostri nemici e combattere contro di noi e poi andarsene dal paese. Stabilirono dunque sopra Israele dei preposti ai lavori, che l’opprimessero con le loro angherie. Ed il popolo edificò a Faraone le città di approvvigionamento, Pithom e Raamses. Ma più l’opprimevano, e più il popolo moltiplicava e s’estendeva…” (Shemòt, 1:9-12). Gli egiziani oppressero i figli d’Israele affinché non si moltiplicassero e il Santo Benedetto proprio per questo motivo fece sì che si moltiplicassero. La tribù di Levi non fu soggetta alla schiavitù e pertanto si moltiplicò solo in modo naturale.
R. Ohev cita anche r. Yitzchak Abarbanel (Lisbona, 1437-1508, Venezia) che da’ un altro motivo. R. Abarbanel sostiene che ai Leviti non fu assegnato nessun territorio della terra d’Israele, come è scritto in Devarìm (18:1-2): “I kohanìm della tribù di Levi, tutta quanta la tribù di Levi, non avrà parte né eredità con Israele; vivranno dei sacrifizi arsi all’Eterno, e di quanto a Lui offerto. Levi non avrà alcuna eredità tra i suoi fratelli; l’Eterno è la sua eredità, com’egli stesso gli disse”. I leviti non avevano un loro territorio e dovevano vivere delle decime che ricevevano dalla altre tribù. Se fossero stati troppo numerosi le decime non sarebbero bastate. E questo è il motivo per cui rimasero poco numerosi.
R. Ohev offre una sua spiegazione basata sullo Zòhar. La Torà è composta di seicentomila lettere e pertanto era necessario che vi fossero altrettanti uomini nelle tribù d’Israele. Per questo si moltiplicarono in modo sovrannaturale. I leviti invece erano destinati a fungere da guardia “reale” del mishkàn e per questo compito non erano necessari più di ventiduemila leviti come scrisse R. Behaye. Per un numero normale non era necessario che l’Eterno facesse miracoli per moltiplicarli.