“Questo mese sarà per voi il capo dei mesi; il primo dei mesi dell’anno sarà per voi” (Shemòt 12; 2)
Questo Shabbat è l’ultimo dei quattro sabati chiamati “segnalati” ossia quelli che ci indicano dall’inizio del mese di Adar, in concomitanza con la festa di Purim, fino al sabato che precede l’inizio del mese di Nissan, in cui cade Pesach.
La prima cosa che i nostri Maestri ci fanno notare leggendo questo brano, che verrà letto in sinagoga proprio questo Shabbat, è che in esso si trovano le prime mitzvòt che gli ebrei non ancora definibili “popolo” ricevono dal Signore.
Rashì, riportando il midrash (mekhiltà) ci insegna che, proprio negli istanti precedenti la loro liberazione, gli ebrei ricevettero come prima mitzvà, quella di compilare il calendario, prendendo come punto di riferimento la luna – chiamata in questo passo chodesh (da chadash – nuovo, poiché essa si rinnova ogni ventinove giorni) – e fissare gli eventi che capiteranno al popolo di volta in volta, come ricorrenze e festività.
Molti si chiederanno cosa c’entri in un momento così delicato per gli ebrei e drammatico per gli egiziani, la mitzvà del computo del calendario.
La risposta dei chakhamim è che soltanto chi sa gestire ed amministrare il proprio tempo, può essere definito libero e senza vincoli.
La mitzvà del calendario è talmente importante nella tradizione ebraica che si racconta nel talmud, quando un uomo si accingeva a ricevere la semichà – l’investitura Rabbinica, veniva interrogato pubblicamente su quali requisiti fossero richiesti e come dovesse essere impostato un calendario.
Chi è padrone del proprio tempo può definirsi veramente un uomo libero.
La stessa cosa doveva avvenire per il popolo ebraico.
Shabbat shalom