La parashà di Toledot, dedica un largo spazio ad Isacco, figlio di Abramo e secondo dei tre Patriarchi.
Già nella parashà della settimana scorsa, la Torà ci ha presentato un Isacco completamente diverso da suo padre, sia nel modo di comportarsi nei confronti della propria famiglia, che nei confronti della società.
Isacco ha un carattere totalmente introverso e remissivo, gli viene presentata una donna che lui sposa e con la quale metterà al mondo due gemelli: Giacobbe ed Esaù. Il carattere così remissivo di Isacco farà sì che i suoi figli, e sua moglie Rebecca non lo considerino per la sua reale grandezza.
Isacco verrà ingannato per la sua vecchiaia e per la sua cecità, sia da Rebecca che da Giacobbe stesso, che attraverso il travestimento da Esaù, dietro consiglio della madre, prenderà al suo posto la benedizione per la primogenitura.
Isacco è un personaggio mite, che vive una vita superficiale, dedicandosi poco alle virtù che erano la caratteristica di Abramo.
Leggendo la sua vita, nelle due parashot – Chajè Sarà e Toledot – si può conoscere un personaggio passivo davanti a tutto, che ripete gli errori di suo padre senza però dare troppe spiegazioni; si può dire che egli viva un po’ all’ombra di Abramo.
Secondo il midrash, i tre Patriarchi hanno istituito le tre tefillot giornaliere: Abramo Shachrit, Giacobbe Arvit, ed Isacco Minchà, che apparentemente, rispetto alle altre due, è considerata quella di ripiego; infatti ha un lasso di tempo molto breve per essere recitata, è un po’ la tefillà che si trova fra le due grandi colonne della liturgia, soprattutto fra i due momenti fondamentali della giornata, mattina e sera.
Minchà invece, secondo i nostri Maestri, è forse la tefillà più importante fra le tre, perché per prima cosa avendo un tempo di recitazione più ristretto, obbliga ad una maggior attenzione nel recitarla e seconda cosa, Minchà è quella tefillà che segna il passaggio dalla forza della giornata solare, alla fiacca dovuta alla fatica di una giornata di lavoro, di studio e di dedizione alla famiglia.
Secondo una interpretazione cabalistica, la tefillà di minchà, ci fa raggiungere il livello più alto di spiritualità rispetto al resto della giornata e delle altre due preghiere.
Proprio come il Patriarca Isacco che, essendo l’oggetto dell’Akedà (il Sacrificio non sacrificio) e quindi dell’essere stato posto sul mizbeach – l’altare dei Sacrifici, considerato Kodesh ha kodashim (Santo dei Santi), aveva raggiunto un livello di spiritualità talmente alto che, tutto ciò che era umano e materiale, veniva da lui considerato di scarso interesse.
E’ forse questo uno dei motivi del suo disinteressamento per tutto ciò che gli girava attorno.
Shabbat shalom