Questa parashà può essere considerata l’ultimo discorso che Mosè rivolge al popolo prima di accommiatarsi definitivamente da esso. È chiamata shirà – cantica, in quanto, oltre ad essere scritta in forma poetica, è scritta graficamente in modo assai diverso da tutto il testo della Torà, a differenza di un altro brano di Torà, chiamato “shirat ha jam – cantica del mare” che è quel brano che intonarono Mosè e tutto il popolo, dopo aver attraversato il Mar Rosso.
La shirà di Ha azinu è di altro argomento rispetto alla shirat ha jam, in quanto nel brano in questione, troviamo un forte rimprovero che Mosè rivolge al popolo prima di morire.
È considerato una profezia per il futuro del popolo, in quanto Mosè è sicuro che subito dopo la sua morte, il popolo non impiegherà molto tempo ad allontanarsi dalla strada che egli gli ha insegnato e ciò porterà alla sua rovina.
Al termine della parte in forma poetica, la Torà ci narra il brano commovente nel quale viene comandato a Mosè di salire sul Monte Nebo e da lì potrà vedere, con una visione profetica, tutta la Terra nei suoi confini ideali, dopodiché morirà lì, come avvenne per suo fratello Aharon e sua sorella Miriam, senza che anche essi entrassero in Israele.
I decreti divini sono irremovibili, anche dei grandi uomini, come Mosè.