Una nota da Iarchon – organo ufficiale della Comunità Ebraica di Trieste
Dall’ultimo resoconto delle riunioni del consiglio della Comunità pubblicato su Iarchon, si sono tenute tre ulteriori sedute che hanno avuto luogo il 19 dicembre 2007, il 16 gennaio e il 23 gennaio 2008.
Nel corso delle tre riunioni si è discusso principalmente di un importante fatto: Rav Margalit ha giustamente ritenuto doveroso chiarire quale sia la procedura da seguire affinché un bambino con il padre ebreo e la mamma non ebrea possa egli stesso diventare ebreo. Questo chiarimento, comunicato alle famiglie interessate nel corso di un’assemblea tenutasi il 3 dicembre, ha creato un certo sconcerto. Il signor Rabbino ha, infatti, illustrato criteri molto più severi di quelli adottati negli anni precedenti sui quali le giovani coppie in questione avevano basato i loro progetti di vita.
Il percorso indicato durante l’assemblea da Rav Margalit ha previsto la necessaria conversione della madre. Pur riconoscendo l’autorità del Rabbino in materia di Halachà, autorità sottoposta ai dettati dei Beth Din di Roma e Milano che giudicano delle conversioni proposte, il consiglio ha espresso la propria preoccupazione per un evento che può avere gravi conseguenze sulla composizione e sulla vita della Comunità che si è già molto indebolita sia anagraficamente sia spiritualmente nel corso degli anni e che rischia di subire l’allontanamento di una sua parte importante rappresentata da questi bambini che possono esserne il futuro ma anche dai loro nonni e parenti che ne rappresentano il passato. Questa preoccupazione è condivisa anche dalle altre Comunità italiane ed è in atto un dibattito che ha trovato espressione nel Moked svoltosi nell’ottobre 2007 a Livorno sul tema del ghiur, alla ricerca di un difficile equilibrio tra stretta osservanza religiosa, ebraismo laico e identità ebraica.
L’approfondimento del problema che si è articolato nelle tre riunioni di consiglio ha condotto alle seguenti determinazioni.
Nell’ambiente scolastico non verrà fatta alcuna differenza tra bambini ebrei e non ebrei che insieme reciteranno preghiere, canteranno canzoni e svolgeranno tutte le attività scolastiche.
Anche se, come ha fatto notare Rav Margalit, si presenta come procedura più complessa, è prevista la possibilità del ghiur katan, cioè che il bambino o la bambina con il solo papà ebreo che vivano però in un ambiente consapevole e rispettoso della tradizione e delle regole ebraiche, si convertano al momento del Bar o Bat Mitzvà rimandando l’iscrizione alla Comunità al diciottesimo anno d’età ma essendo, nel frattempo, ebrei a tutti gli effetti.
Il Rabbino e il Presidente della Comunità stenderanno un comunicato nel quale saranno delineate le regole entro le quali accedere alla procedura della conversione.
Il consiglio della Comunità si rapporterà con le altre Comunità italiane per elaborare e condividere una comune presa di posizione su questo tema di vitale importanza e cercherà, per quanto sia nelle proprie facoltà, di sostenere queste famiglie nel loro percorso di conversione dei bambini.
Nicoletta Spiezia