“Col machloket shehì le shem shamaim sofà le hitkajem ve sheenà le shem shamaim en sofà le hitkajem; ezò hi machloket le shem shamaim zo machloket Hillel ve Shammai, ve sheenò le shem shamaim zo machloket Korach vekhol adatò – Ogni controversia che abbia una finalità divina ha la potenzialità di sopravvivere, mentre una controversia che non abbia finalità divina non ha alcuna potenzialità di sopravvivere; ma qual’ è la controversia che ha la finalità divina? Quella di Hillel e di Shammai, (i due maestri della mishnà con idee ed insegnamenti totalmente opposti. La halakhà viene codificata sempre a nome di Hillel, il quale aveva un carattere aperto e disponibile ed accoglieva chiunque gli si presentasse con un sorriso.
Shammai invece, era più rigido ma non per questo meno sapiente; infatti sei halakhot fra le più difficili da interpretare, vengono codificate secondo la sua opinione) e qual è la controversia che non ha una finalità divina ? è quella di Korach e di tutta la sua congrega”.
Korach di cui tratta la nostra parashà, ha una forza smisurata che riesce a destabilizzare, seppur momentaneamente, il potere di Moshè e di Aharon.
Il suo slogan in mezzo al popolo suona con le parole:” Poiché tutta la congregazione (il popolo) siamo dei santi, con in mezzo a noi il Signore, perché voi vi siete innalzati sul popolo di D-o? “.
È un messaggio che ha la finalità di creare malcontento in mezzo al popolo.
Dobbiamo sapere che Korach, non era uno dei tanti, essendo appartenente alla tribù di Levi, aveva un incarico di prestigio; era fra i portatori dell’Arca dell’Alleanza, quindi non aveva altro da chiedere.
Il fatto però, che sia proprio una persona di potere a sollevare una simile disputa, suscita in mezzo al popolo una forte reazione. Ibn Ezrà, nel suo commento dice che la colpa di Korach, non è soltanto è perché si è ribellato contro il potere di Moshè ed Aharon, ma perché ha sbagliato ed ha portato il suo gruppo a sbagliare. Mosè ed Aharon non si erano elevati da mezzo al popolo autonomamente ma per volere di D-o.
Spesso si critica chi è al potere per una forma d’ invidia, senza però rendersi conto dei sacrifici che tale persona fa per starne a capo.
La disputa di Korach è il simbolo di tutte le controversie che, in mezzo al nostro popolo, non portano altro che spaccature e disgrazie.
Infatti in quella contesa morirono un gran numero di persone, sospinte proprio da Korach.
Il mese di Tamuz iniziato soltanto da qualche giorno, deve farci riflettere sul nostro operato. Insieme ad una parte del mese di Av, contiene i giorni più luttuosi del nostro calendario.
Il 17 di Tamuz è digiuno: in esso si commemorano cinque disgrazie avvenute al nostro popolo nel corso della sua storia e si originano sin dai primi momenti della vita nel deserto; la prima è legata alla rottura delle Tavole della Legge da parte di Moshè che scendendo dal Monte Sinai, assistette alla drammatica scena del culto del vitello d’oro; secondo la tradizione rabbinica, quel giorno era il 17 di Tamuz. La seconda riguarda i babilonesi che irruppero dentro Gerusalemme, assediandola fino alla sua distruzione, sempre il 17 Tamuz; la terza è la cessazione di tutte le offerte quotidiane al Tempio, poiché nessuno poteva entrare e uscire da Gerusalemme; la quarta è legata alla figura di un centurione romano che per la prima volta bruciò apertamente la Torà ed infine, la quinta ed ultima, è l’apposizione di una statua di divinità pagana nella parte più interna del Tempio. La causa comune a tutte le disgrazie è legata ai dissidi nati all’interno del Popolo. Si dice che mentre il primo Tempio fu distrutto per la trasgressione delle mizvot, il secondo – sempre nella stessa data – fu distrutto per la maldicenza di un ebreo contro il suo prossimo.
In questi giorni di digiuni, dobbiamo riflettere seriamente sul nostro operato e verso il nostro prossimo e verso il nostro popolo. Korach fa maldicenza contro Moshè ed Aharon, trasporta con sé un gran numero di ebrei e rappresenta pertanto un cattivo esempio da seguire.
Col machloket sheenà le shem shamaim, en sofà le hitkajem!
Shabbat shalom