Da una derashà di Rav Sacks
Con la parashah di Terumah si apre un ciclo di cinque parashot in cui viene meticolosamente descritta la struttura del Mishkan, il primo edificio di culto collettivo del popolo ebraico. Per ogni oggetto troviamo istruzioni precise, in particolare sulle misure di ogni parte. Perché tutto questo dovrebbe interessarci? In fondo il Tabernacolo caratterizza un momento circoscritto nella storia ebraica, quello delle peregrinazioni nel deserto, delle conquista, e i primi anni della monarchia, ma verrà poi sostituito dal Bet ha-miqdash, una costruzione più imponente e magnifica.
Qual è il significato eterno di queste misure? Le misure anzi possono portarci in errore. Una divinità trascendente non può essere contenuta nello spazio. Come dice il re Shelomò, inaugurando il bet ha-miqdash, neanche i cieli più alti possono contenerTi, tanto meno questo Tempio che ho costruito. Lo stesso all’inizio dell’ultimo capitolo di Isaia, che leggiamo come haftarah di Rosh Chodesh. Nessuno spazio fisico è abbastanza grande per assolvere questo compito, o anche, come dice sorprendentemente il Midrash, nessuno spazio è troppo piccolo. Anche un cubito sarebbe sufficiente. Quindi che differenza fa se il Tabernacolo è grande o piccolo? In fondo si tratta di un simbolo dell’idea che la presenza divina è ovunque, e le sue misure dovrebbero essere totalmente irrilevanti. Rav Sacks dice di avere avuto una risposta inaspettata a questa domanda alcuni anni fa.
Una volta partecipò ad un convegno su religione e scienza. Uno degli ascoltatori al termine dell’incontro si avvicinò a lui, dicendogli di aver scritto un libro che pensava che fosse di suo interesse, e glielo avrebbe spedito. Una settimana dopo il libro, intitolato Just six numbers, le forze profonde che danno forza all’universo, arrivò. Rav Sacks scoprì che quell’uomo silenzioso che si era rivolto a lui era il più illustre scienziato della Gran Bretagna, presidente della Royal Society, la più antica e prestigiosa istituzione scientifica del mondo. Il libro era molto avvincente, e sosteneva la tesi che l’universo fosse modellato da sei costanti matematiche, che se fossero state anche minimamente diverse da come sono, anche di un milionesimo, non avrebbero portato all’universo o allo sviluppo della vita. Se la forza di gravità fosse stata minimamente differente, l’universo si sarebbe espanso o sarebbe imploso, e non si sarebbero formate stelle o pianeti, e così via.
Le probabilità che tutto fosse in ordine, permettendo all’universo di svilupparsi, erano francamente minime. I commentatori alla Torah, ed in modo particolare Nechama Leibowitz, si sono concentrati sulle analogie linguistiche fra la creazione del mondo e la costruzione del Mishkan. Il mishkan è una sorta di microcosmo, un ricordo simbolico del mondo creato da D. Affermare che la presenza divina è nel Mishkan non significa dire che D. è qui e non là, ma vuole indicare che D. è dappertutto. Il Mishkan è una struttura creata dall’uomo per riflettere sull’universo creato dalla divinità. E’ nello spazio ciò che lo Shabbat rappresenta nel tempo, un promemoria della creazione. L’universo risponde a leggi matematiche esatte. Se fossero state anche minimamente diverse l’universo non esisterebbe o non ci sarebbe vita. Solo ora gli scienziati iniziano a cogliere questo fatto. La saggezza divina si esprime anzitutto nella sua precisione, e questo è secondo Maimonide nella Guida dei perplessi (3,54) il senso del termine chokhmah quando si parla del Mishkan.
Troviamo la stessa attenzione alle misure nell’arca di Noè, ed il motivo è simile. L’arca simboleggia il mondo nel suo ordine divino, l’ordine che gli umani con la loro corruzione morale e violenza avevano distrutto. D. intendeva distruggere quel mondo mantenendo una minima parte dell’ordine rimasto intatto, per modellare un nuovo ordine. La precisione conta. E’ sufficiente un errore minimo nei circa tre miliardi di lettere che compongono il genoma umano per portare a conseguenze devastanti. Il famoso effetto farfalla ci insegna che minime azioni possono avere enormi conseguenze. Questo è ciò che il Tabernacolo intende insegnarci. D. crea l’ordine nell’universo naturale. Noi siamo tenuti a fare ordine nell’universo umano. Ciò significa essere meticolosi quando parliamo, quando agiamo o non agiamo. La vita morale è accuratamente normata perché l’universo risponde a precise norme. Essere buoni o santi non vuol dire seguire i moti dello spirito. Vuol dire allinearsi alla volontà che ha dato forma al mondo. Il mondo ha le sue leggi precise e la sua struttura. E’ fatto così e se così non fosse non esisterebbe. Lo stesso si può dire del comportamento umano, e per dirci che è così la Torah è tanto precisa quando ci segnala le dimensioni esatte del mishkan e dell’arca di Noè.