Così l’antisemitismo è diventato “il problema numero 1 in Francia”
Giulio Meotti
Il 17 marzo Edgar Morin è comparso davanti al tribunale di Nanterre per rispondere all’accusa di diffamazione razziale. Sul Monde ha definito Israele “un popolo dominatore e, tranne un’ammirevole minoranza, sprezzante e che prova soddisfazione a umiliare”. Renaud Camus aveva scritto di provar fastidio nel “vedere questa civiltà francese avere come principali portavoce una maggioranza di ebrei”. Fayard ne ha ritirato il libro in commercio. Il comico Dieudonné è andato in tv a dire che “con la bandiera israeliana mi ci pulisco il culo”, che “bin Laden è solo contro la più grande potenza del mondo, e questo ispira per forza rispetto”, salutando IsraHeil l'”asse americano- sionista”. Pochi giorni fa la folla lo ha accolto al grido “liberate Dieudonné, libertà d’espressione”, conformista come il branco che voleva linciare Dreyfus prima che salpasse per l’Isola del Diavolo.
Julien Benda non brindò alla cena organizzata dalla “Revue Blanche” quando ne fu proclamata l’amnistia, perché sapeva che l’antisemitismo sarebbe stata una terribile piaga in Francia.
Una radio popolare di Parigi, la Fun-Radio, ha definito le baracche di Auschwitz una “ridente villetta di campagna in vendita”.
Nel 1998, l’Associazione magistrati fu sciolta dopo che il suo presidente, Alain Terrail, si rivolse così a un procuratore: “Tanto va Levy al forno che alla fine si brucia”. L’Oréal, mentre rilevava una quota della Helena Rubinstein, aderì al boicottaggio della Lega araba contro Israele. La solita ipocrisia: anche oggi due Stati europei che più fanno affari con Israele sono la Francia e il Belgio.
Nel 1989 il regista Claude Autant-Lara dichiarò al Globe: “Quando mi si parla di genocidio, io dico che hanno mancato Veil”, riferendosi all’allora presidente del Parlamento europeo, Simone Veil.
Dieci anni dopo France Soir pubblicò una lettera in cui Cocteau scriveva: “Per noi non ci sarà un appartamento decente fin quando tutti gli ignobili ebreacci che ci ingombrano non saranno stati messi alla porta”.
Il direttore del Maariv, Amnon Dankner, ha dichiarato recentemente che in Francia c’è “un’anima progressista, umanista, coraggiosa, pronta a combattere per i più alti ideali” e un’altra “vigliacca, antisemita, micragnosa e traditrice”. traditrice”. Non è solo un problema francese, sostiene il Centro Simon Wiesenthal.
Il sito Internet di Atene 2004 si è come “dimenticato” di riportare la capitale di Israele.
Eleftherotypia, il secondo quotidiano più venduto in Grecia, ha scritto contro i “fondamentalisti cristiani fascisti in coalizione con i sionisti internazionali che governano in America”.
Alla fine di febbraio la Friedrich Ebert Stiftung Foundation, l’ammiraglia di Gerhard Schroeder, ha organizzato un summit a Beirut con Hamas e Hezbollah. “Nessuno degli organizzatori ha mosso un dito per far cessare gli attacchi antisemiti”, ha detto al Maariv la cantante Shirel, dopo che le avevano gridato “sporca ebrea” a un concerto organizzato dalla moglie di Chirac a Macon.
Un tunisino ha ricusato il giudice sospettando che fosse ebreo.
“E’ il problema n° 1 in Francia”, ha scritto Denis Jeambar su L’Express. “Quello che era accettato solo da gruppi marginali ora è diventato norma”, gli fa eco l’ex rabbino capo Samuel Sirat. La norma è quella che il presidente dell’Observatoire de l’antisémitisme, Pierre-Andrè Taguieff, ha definito “la nuova giudefobia”.
Secondo Roger Cukierman, del Consiglio delle istituzioni ebraiche di Francia, “in certi ambienti intellettuali l’antisemitismo è diventato politicamente corretto”. Raffarin, nel gennaio scorso, ha sentito il bisogno di rivolgersi ai 600 mila ebrei francesi: “Non abbiate paura. Voi potete aver fiducia nella Francia, perché voi siete la Francia”.
Ma Nathan Sharansky continua a giudicare inquietante la situazione.
In esergo al pamphlet di Jean Genet su Sabra e Chatila, le parole di Gabriel García Márquez: “Se esistesse il Premio Nobel per la Morte se lo sarebbero assicurati Begin e il suo assassino di professione: Ariel Sharon”.
E la Francia dà asilo ai brigatisti. Ulrike Meinhof si espresse così: “Auschwitz significa che sei milioni di ebrei sono stati gettati nella discarica d’Europa per quello che erano considerati: ebrei del denaro. L’antisemitismo è in realtà odio per il capitalismo”. Sapranno antisemiti e brigatisti che fu l’ebreo Andrè Citroën a illuminare la Torre Eiffel, ravvivando così le loro rimpatriate nostalgiche?
IL FOGLIO QUOTIDIANO – VENERDÌ 26 MARZO 2004