La parashàh di Bemidbar e la prima parte della parashàh di Nasò hanno come tema principale quello del censimento del popolo ebraico. Il censimento, come scrive Hirsch, segna il passaggio dalla visione del destino del popolo ebraico, incentrata sulla qedushàh, come descritto nel libro di Waiqrà, alla realtà concreta, dove tale destino si realizza e il popolo viene presentato come una ‘edàh. E’ molto bello che i membri del popolo ebraico siano “benè Israel”: non siamo divenuti un’idea, ma siamo sempre rimasti una famiglia! Il conteggio consente ai rappresentanti del popolo di comprendere che la collettività non è solo una bella idea, ma nasce dall’unione concreta di tutti gli individui che la compongono, e ciascuno dei suoi membri d’altro canto comprende di essere una parte importante del tutto.
Non è la prima volta che ciò si verifica: già quando ci si accingeva a costruire il mishkan era avvenuto lo stesso. Per questo vari commentatori hanno tentato di spiegare dove risiedesse la necessità di un secondo conteggio, oltre a evidenziare le differenze fra i due censimenti. Una differenza notata da Rashì, che notoriamente considera il conteggio un atto di amore da parte di H., e dal Malbim è che nel libro di Bemidbar il conteggio avviene attraverso le famiglie. Ciascuno doveva portare le prove per dimostrare l’appartenenza a una certa famiglia. Israele è la somma di tante famiglie. Non si tratta di un aspetto di secondaria importanza. Il libro di Bemidbar è nella tradizione rabbinica il chumash ha-pequdim (libro dei censimenti), e questo senso è stato trasferito nelle lingue occidentali, per cui in italiano parliamo di libro dei Numeri. Nella percezione dei chakhamim gli snodi fondamentali del libro, nel quale, soprattutto nella seconda parte c’è molta “action”, sono i due censimenti, quello di Bemidbar e quello di Pinechas, quando il popolo ebraico si accinge ad entrare in Eretz Israel. Tuttavia dobbiamo notare che in questa parashàh viene censita la generazione di coloro che sono usciti dall’Egitto, mentre in Pinechas, a seguito dell’episodio degli esploratori e della scomparsa di tutta quella generazione, vengono contati i loro figli, che entreranno in Israele. Il tema unificante di tutto il libro è il passaggio dal Dor ha-midbar, la generazione del deserto al Dor baè ha-aretz, la generazione che sarebbe entrata in Israele.
Ma dobbiamo considerare che anche la generazione del deserto, se avesse avuto un comportamento differente sarebbe entrata in Israele ed il conteggio in Bemidbar è differente da quello in Ki tissà, quando il popolo aveva appena abbandonato l’Egitto. Ad esempio qui il popolo viene contato “lezivotam”, secondo le loro legioni, perché ci si preparava ad una guerra di conquista. Miracolosamente il numero degli adulti e degli abili alla guerra coincideva. Non c’erano quindi deboli o inabili. L’enfasi sulla famiglia in questo censimento trasmette un messaggio centrale: nel deserto la famiglia non era un veicolo di trasmissione fondante del messaggio divino. Tutti avevano avuto esperienza dell’uscita dall’Egitto e della rivelazione divina; tutti assistevano quotidianamente ai miracoli propri della vita nel deserto, dalla manna sino agli ‘anenè kavod, le nubi di gloria, che proteggevano Israele. Ma in Israele sarebbe stato diverso! Ci si sarebbe stabiliti nelle città e nei villaggi, non necessariamente vicini a Yerushalaim. In questa dimensione la famiglia diviene fondamentale per trasmettere il nostro patrimonio.
Con il peccato dei meraghelim cambia tutto: Moshèh e Aharon non entreranno in Israele e gradualmente l’intervento miracoloso dall’alto lascia spazio ad un ordine più naturale delle cose, enfatizzando ulteriormente il ruolo della famiglia. Nella parashàh di Pinechas troviamo quindi la lista dettagliata di tutte le famiglie. I mefareshim discutono sulle modalità secondo le quali si svolge il censimento nella parashàh dii bemidbar, se attraverso il mezzo siclo, come nella parashàh di Ki tissà, o meno. Secondo il Ramban anche in questo caso venne utilizzato il mezzo siclo. Secondo il Ralbag no. Qual è lo scopo del mezzo siclo? L’unione di due mezzi sicli serve ad accomunare due individualità che hanno una similitudine di fondo. In molte realtà, come quella militare, il grosso pericolo è quello di tramutare gli individui in numeri. Un soldato è un soldato, a prescindere dalla sua storia personale e dai suoi interessi. Ma quando ogni singolo individuo viene inserito nella sua storia familiare, non serve più il mezzo siclo per restituirmi la mia individualità! E per dare maggiore risalto a questo aspetto, il compito di censire non viene affidato ad un anonimo addetto dell’Istat, ma a Moshèh e Aharon in persona, uniti dai capi-tribù. Come vi sentireste se suonasse il campanello il presidente della Repubblica per sottoporvi il questionario dell’Istat?
La sottolineatura della centralità della famiglia è ancora più rilevante nella nostra società, priva del Bet ha.miqdash e di miracoli manifesti, dove il materialismo e il consumismo dilagano e attraggono con forza i più giovani, negando il messaggio della Toràh. In questo mondo il ruolo dei genitori diviene ancora più centrale. Non è sufficiente demandare l’educazione ebraica dei nostri figli alla comunità o alla suola. La Toràh ci comanda di istruire i nostri figli “quando sei in casa e quando vai per la strada…”, in ogni frangente della nostra vita, e questo messaggio è oggi come non mai attuale.