Siftè Chayim[1], Mo’adim 2, pp. 186-197
Il nome di Purim deriva da (Ester 3,7): “fu estratto il pur, cioè la sorte davanti ad Haman”, “la sorte di Haman è divenuta la nostra sorte”, e così è detto esplicitamente nella Meghillàh (Ester 9,26) “Perciò questi giorni si chiamarono Purim, dal nome Pur”. Il nome definisce la natura delle cose, e pertanto il nome Purim esprime e definisce la radice l’insegnamento dei giorni di Purim.
Bisogna capire però in quale modo il nome Purim esprima l’essenza della giornata. Infatti la sorte di Haman, che è divenuta la nostra sorte, è solamente un particolare nella fissazione della data per l’attuazione del decreto nei confronti degli ebrei. Haman non ha voluto fissare lui la data per uccidere gli ebrei, e per questo lo ha estratto a sorte, e questo ha determinato la scelta della data, e se è così la sorte è solo un particolare, secondario, degli avvenimenti di quei giorni, e perché è stato stabilito il nome di questo giorno proprio in base a questo particolare secondario?
Inoltre bisogna capire se il giorno è stato chiamato così per via della sorte di Haman, il giorno si sarebbe dovuto chiamare Pur, e perché è stato chiamato Purim, al plurale?
Per comprendere questa cosa si dovranno premettere alcuni principi fondamentali sulla scelta e il caso. Normalmente l’uomo sceglie come comportarsi secondo il suo punto di vista e la sua comprensione, ma ci sono cose per le quali non si riesce a decidere per un motivo qualsiasi, e si stabilisce in base alla sorte. Chiaramente questa decisione non dipende dalla capacità di scelta dell’uomo, ma è una decisione che arriva dall’alto.
Anche nelle questioni sacre troviamo che hanno usato la sorte, ad esempio per i capri di Kippur, la cui mitzwàh era che fossero uguali di aspetto e valore, e la sorte stabiliva quale fosse offerto per H. e quale venisse mandato ad ‘Azazel. E così la divisione di israele era secondo l’estrazione a sorte.
E’ possibile spiegare il senso di tutto questo in due modi distinti, o come una dimostrazione di fede, perché la decisione non è lasciata in alcun modo agli uomini, o come una dimostrazione di negazione, perché si lascia la decisione al caso. Haman è l’esempio tipico di questo secondo approccio.
Così hanno detto ad esempio i chakhamim (Ester Rabbà 8,5) sul verso “Mordechay gli riferì tutto ciò che gli era accaduto”, Mordechay ha narrato ad Hatakh lo svolgimento dei fatti, “ha detto ad Hatakh vai e dille: il nipote di Qarahu è venuto su di voi, come è scritto – Che ti è capitato nella strada”, ‘Amaleq ha visto tutti i prodigi e miracoli che sono stati fatti nell’uscita dall’Egitto e nell’apertura del Mar Rosso, e quando tutti i popoli erano atterriti ‘Amaleq non ha voluto comprendere ciò che tutti i popoli hanno visto e compreso ma si è opposto e ha combattuto Israele. Come ha osato fare ciò dopo che ha visto tutti i prodigi e i miracoli? La risposta: “che ti è capitato nella strada”. ‘Amaleq ha assistito allo svolgimento dei fatti, all’uscita dall’Egitto, all’apertura del Mar Rosso, ma in tutto questo non vedeva altro che l’unione di varie casualità, un caso e poi un altro, negando la provvidenza divina. Così si comportò anche Haman, come lo ha definito Mordechay, il nipote di Qarahu. In ogni fatto vede solo il caso, non è toccato dai miracoli, perché nega la provvidenza.
Quando Haman preparò il palo per impiccare Mordechay, Haman si recò dal re per chiedere il permesso di impiccare Haman sul palo che aveva preparato per lui, ed in quella notte la provvidenza fece in modo che il re non riuscisse a dormire, e leggessero le cronache davanti a lui, e lessero davanti a lui proprio l’episodio di Bigtan e Teresh, e c’è nello Yalqut (1057): poiché arrivarono al merito di Mordechay lo saltavano e le lettere volevano… non c’è scritto “e lessero”, ma “ e furono lette”, venivano lette da sole… e c’è chi dice che Elihau venne e le scrisse poiché è detto “e fu trovato” e non si dice “e fu trovato” se non per qualcosa che era andato perso. E proprio in quel momento Haman capitò nel cortile del re, e allora il re interrogò Haman, che voleva chiedere il permesso di impiccare Mordechay, cosa bisogna fare a un uomo che è nelle grazie del re, ed il re ordinò ad Haman, che aveva elevato al di sopra di tutti i ministri, di fare queste cose a Mordechay, fargli cavalcare il cavallo per le strade della città. Tutti questi sono eventi incredibili, come la provvidenza divina abbia indirizzato l’andamento delle cose.
Qual è la reazione di Haman “E haman raccontò alla moglie Zeresh e a tutti i suoi amici ciò che gli era accaduto” (Ester 6,13), è capitato un caso, non è stato toccato dalla provvidenza particolare, e non ha visto in tutto ciò una punizione divina per la sua malvagità, ma solo l’unione di casualità, un caso e poi un altro che non sono sotto il suo potere. E anche i suoi consiglieri non hanno visto in tutto questo la mano della provvidenza, e non hanno capito che H. non voleva impiccare Mordechay, e gli hanno risposto con lo stesso punto di vista: Se Mordechay, dinnanzi al quale cominciasti a cadere, è della stirpe dei Giudei, tu non gli potrai fare nulla, anzi soccomberai davanti a lui” (Ester 6,14), tutto questo è un caso, “se è della stirpe dei Giudei” chi combatte con i Giudei quando l’ora gli è favorevole, allora il successo gli sorride, ma se per caso non ha successo, allora è lui ad essere sfortunato, e il caso lo abbassa sempre di più, e per questo cadrai davanti a lui.
C’è da capire che sia Haman, sia Mordechay hanno usato la parola Qarahu, ma la spiegazione delle parole di Mordechay è il figlio di Qarahu è venuto su di voi, ma il senso piano del testo è “che gli è capitato”, è un caso, e la stessa espressione ha usato Haman.
Nel Tanakh troviamo altri esempi del genere, come le parole di Eli’ezer in cerca di una moglie per Ytzchaq e Rut. Rashì spiega l’espressione Wehiqritem circa le città rifugio come una preparazione. Anche il caso è preparato dall’alto. Questo modo di mandare avanti le cose, non in base alla scelta dell’uomo, ma in base a quanto è decretato dall’alto, è chiamato anche “conduzione della sorte”, come se stillasse dall’alto, ciò che è decretato dall’alto come parte nel servizio divino, e non come ricompensa per le sue azioni.
Il nome Purim rappresenta l’essenza del giorno. L’estrazione a sorte è solo un particolare negli eventi della Meghillàh, ma da questo particolare si capisce bene tutto l’andamento della visione negatrice di Haman, come voglia assoggettare elementi celesti alla sua volontà… Per la misericordia divina la sorte di Haman diviene la nostra sorte, H. volge la volontà di Haman nel mezzo attraverso il quale si concretizzano i decreti divini. Ad esempio: Haman vuole operare contro la volontà divina e fa un’estrazione a sorte per individuare il giorno più adatto per uccidere gli ebrei, vale a dire ha utilizzato un caso secondo la sua scelta e la sua volontà, e alla fine la sua sorte è divenuta la nostra. Perciò si è chiarito che questa giorno è un giorno di successo per Israele, “nel giorno in cui i nemici degli ebrei speravano di averli in loro potere, allora si capovolse, poiché gli ebrei, proprio essi, ebbero in loro potere i loro avversari” (Ester 9,1). Anche il mese è di successo: secondo le parole della ghemarà in Ta’anit (29b) “chi ha un giudizio con un non ebreo, si confronti con lui nel mese di Adar”. Vale a dire che il Signore ha usato la sorte di Haman e alla fine ne è uscito un bene per Israele. Il consiglio di Haman di uccidere Washtì alla fine si è rivoltata contro di lui, al suo posto è stata presa Ester alla casa reale e lei lo ha condotto alla caduta. Sul palo che aveva preparato per Mordechay alla fine è stato impiccato lui. Il consiglio che aveva dato al re per accrescere se stesso, di mettere l’uomo che era nelle grazie del re sul suo cavallo, alla fine è divenuto un male per lui e alla fine ha dovuto mettere sul cavallo il suo nemico Mordechay e portarlo per le vie della città.
In questo modo capiamo anche perché è stato fissato come nome della giornata Purim, cioè sorti al plurale, e non sorte. La spiegazione è che ci sono due lati nella sorte, da una parte la sorte che ha scelto Haman e dall’altra questa sorte che è la nostra. Haman voleva asservire degli elementi celesti per il suo vantaggio, e dall’altro tutto questo è la nostra sorte, e il Signore ha asservito la volontà di Haman per mettere in pratica il decreto divino, e alla fine per mezzo suo è uscita una santificazione del Nome. Se è così ci sono due aspetti: la sorte che voleva Haman e questa sorte che in realtà è la nostra.
[1] Chayim Friedlander (1923-1986) nacque a Breslavia. Si trasferì in Israele alcuni mesi prima dello scoppio della seconda guerra mondiale. Fu fa i primi studenti della Yeshivà di Ponivetz, dove si avvicinò molto a Rav Dessler, di cui è considerato il continuatore. Fu fra i curatori della principale opera di Rav Dessler, Mikhtav MeEliahu. Si occupò molto del pensiero di Ramchal, e curò varie edizioni di alcune sue opere. La sua opera principale è Siftè Chayim, che comprende dei volumi sui mo’adim, sulla fiducia e sulla provvidenza divina, sulle middot ed il servizio divino, sulla ‘amidàh, oltre a un commento alle parashot della Toràh.