Dibattito “I digiuni nelle tre fedi”– Circolo Design
MODALITA’ E CALENDARIO
Il digiuno: astensione da ogni cibo e bevanda, ivi compresa l’acqua.
Tempi: alcuni digiuni si osservano per 24 ore, altri dall’alba al tramonto. I digiuni più rigorosi sono Yom Kippur (“espiazione”, l’unico prescritto nel Pentateuco) e il 9 Av in memoria della Distruzione dei due Santuari di Gerusalemme (Nabuccodonosor, 586 a.E.V. e Tito, 70 E.V.): solo questi ultimi due comportano afflizioni aggiuntive: il divieto di lavarsi, di ungersi, di calzare scarpe di cuoio e di avere rapporti sessuali.
Vi sono poi in calendario altri digiuni istituzionalizzati: tre di essi riguardano ancora il “ciclo” della distruzione di Gerusalemme (10 tevet, posa dell’assedio di Nabuccodonosor; 17 tammuz, breccia nelle mura della città all’epoca dei Romani e 3 Tishrì, digiuno di Ghedalyah in memoria dell’assassinio di Ghedalyah posto dai Bebilonesi alla testa degli Ebrei non deportati: la sua morte portò alla fine dell’autonomia ebraica in Terra d’Israele). Vi è poi il Digiuno di Ester alla vigilia di Purim in memoria degli avvenimenti narrati in quel libro biblico e il Digiuno dei Primogeniti la vigilia di Pessach (Pasqua) per ricordare la morte dei Primogeniti egiziani nell’ultima piaga d’Egitto. Questi digiuni sono dall’alba al tramonto senza afflizioni aggiuntive.
Un periodo “di magro”, senza carne e senza vino viene osservato nei primi nove giorni del mese di Av in preparazione del grande digiuno, ad esclusione dello Shabbat.
Digiuni estemporanei possono essere indetti anche per calamità o disgrazie, come per accompagnare l’invocazione delle piogge in caso di siccità: la Mishnah dedica la maggior parte del trattato Ta’anit a questo argomento, descrivendo un protocollo di liturgie particolari che veniva seguito nell’antico Israele.
Altri digiuni possono essere stabiliti su base individuale: a convalidare formalmente la decisione è sufficiente esprimere l’intenzione durante la preghiera pomeridiana del giorno prima. Le ragioni possono essere molteplici, alcune diventate tradizione: si digiuna
-nell’anniversario della morte dei genitori;
-gli sposi il giorno del matrimonio fino al momento della cerimonia, perché “allo sposo vengono condonate tutte le colpe precedenti”;
-se si assiste alla caduta di un rotolo della Torah;
-a seguito di un sogno ritenuto presago di sventura. E’ questo l’unico digiuno che si può fare di Shabbat. Gli altri vengono spostati, in genere, al giorno successivo, perché “non si anticipa mai una punizione”. Ma anche chi abbia digiunato di sabato per un sogno, deve poi fare un secondo digiuno in altra data per espiare il digiuno fatto in giorno festivo!
-nell’antico Israele allorché vigeva la pena capitale (abolita da duemila anni) digiunavano i giudici nel giorno in cui pronunciavano la condanna dell’imputato.
Non esiste nella tradizione ebraica il digiuno per più giorni consecutivi. Era assai viva nell’Ebraismo italiano fino a epoca relativamente recente la tradizione dei Digiuni detti di “Shovavim”. La parola “Shovavim” (lett. “ribelli”, dall’invocazione profetica “pentitevi, figli ribelli”) è formata dalle iniziali delle prime sei pericopi settimanali dell’Esodo, che vengono lette fra gennaio e febbraio. L’uso era di istituire ogni lunedì e giovedì di queste sei settimane invernali un digiuno pubblico dall’alba al tramonto, con liturgie penitenziali e prediche particolari nelle Sinagoghe, per scongiurare la mortalità infantile durante l’inverno che nei ghetti in cui gli Ebrei vivevano confinati era particolarmente pesante.
INTERPRETAZIONI:
Il digiuno fin dai tempi biblici è la reazione alle sciagure. Non dobbiamo pensare che queste siano affidate al caso. Secondo il Maimonide queste ci vengono inviate da D. in risposta ai nostri cattivi comportamenti, affinché facciamo Teshuvah (pentimento).
Lo digiuno è strumento di pentimento e di espiazione in quanto l’astensione da cibi e bevande:
-provoca una modesta sofferenza;
-aiuta il nostro spirito a elevarsi al di sopra della materia;
-comporta l’idea del sacrificio di sé, sia pure simbolico. L’idea di fondo è che non meriteremmo di vivere a causa dei nostri trascorsi, ma il buon D., nella sua misericordia, si accontenta di una pratica sostitutiva . In antico il sacrificio animale sostituiva quello del peccatore stesso. Questo spiega fra l’altro come il digiuno sia la principale forma di memoria collettiva della distruzione del Santuario di Gerusalemme, l’unico luogo in cui sarebbe consentito a noi Ebrei effettuare sacrifici se esistesse.
PRASSI APPROVATA?
Indulgere in digiuni aldilà di quelli comandati è già argomento di discussione fra i Maestri della Mishnah. La scuola di R. El’azar considerava il digiuno uno strumento pienamente raccomandabile: egli sosteneva che il digiuno è superiore persino alla beneficenza, perché questa si fa solo con il denaro, mentre il digiuno impegna tutto il corpo. “Il digiuno indebolisce gli istinti. Proprio colui che domina il suo istinto è chiamato prode e la sua preghiera viene accolta”. Nel suo approccio pratico alle difficoltà, invece, R. Yossi è contrario. Nella Tosseftà (Ta’anit 22b) è riportata la sua opinione in proposito: “Persino il singolo individuo che si trovi perseguitato o braccato non ha il permesso di affliggersi con digiuni per non indebolirsi. In tal caso finirebbe per ricadere sulla collettività e la collettività non avrebbe per costui alcuna commiserazione”.
La norma viene stabilita in linea di principio secondo la prima opinione, ma con dei “se” e dei “ma”. Il digiuno è commendevole e in certi casi persino un obbligo, purché lo si faccia non fine a se stesso, ma con spirito di pentimento. Come l’antico sacrificio espiatorio animale non aveva alcun valore se non accompagnato dalla confessione, così il digiuno oggi non ha alcun valore se non accompagnato dalla Teshuvah.
In secondo luogo si deve essere in grado di reggerlo fisicamente, altrimenti si è chiamati “peccatori” secondo tutte le opinioni. Gli insegnanti non devono imporsi digiuni non comandati, perché ne risentirebbe la loro attività. Un Rabbino medioevale noto per il suo rigore scrive che è sufficiente attenersi a ciò che prescrive la Torah. Per il resto, se non si è abbastanza robusti è preferibile limitare la propria assunzione di cibo piuttosto che astenersene del tutto, perché limitarsi si può fare ogni giorno, mentre digiunare no. Contenere l’appetito è dunque una disciplina molto più continuativa ed efficace del digiuno.
Malattie e gravidanze possono essere motivo di esenzione anche dai digiuni comandati, secondo criteri che non possono essere trattati qui. I bambini sono esenti fino ai 13 anni (12 le ragazze), ma per il digiuno di Kippur vige una disciplina di esercizio “a ore” a partire dai 9 anni, ritardando di anno in anno l’assunzione del cibo in modo che giungano all’età debita in grado di portare a termine le 25 ore consecutive di digiuno. Tale esercizio non è invece previsto in preparazione degli altri digiuni commemorativi della distruzione del Santuario. Dobbiamo credere che ora che il bambino sia cresciuto sarà già giunto il Messia e i giorni di digiuno previsti non saranno più necessari: anzi, come ha anticipato il Profeta Zaccaria, si saranno nel frattempo tramutati in giorni di festa. “Purché – aggiunge significativamente – vi prendiate a cuore la verità e la pace”.