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Kippùr – Rito Benè Romi

60,00

Machazòr di Kippùr di rito italiano מחזור ליום כפור כמנהג בני רומי
2020 – Pagine 630

Informazioni aggiuntive

Testo

Testo ebraico e traduzione italiana a fronte

Copertina

Cartonata e telata

Formato

148×210 mm

COD: 141 Categorie: , Product ID: 13

Descrizione

Libro di preghiere di rito italiano in uso oggi nelle sinagoghe, con chiare indicazioni dei brani recitati dal solo chazàn (ufficiante) e quelli recitati invece insieme al pubblico, per una partecipazione consapevole alle funzioni.

Quest’edizione comprende tutte le tefillòt  per la festa di Kippùr (testo ebraico e traduzione italiana), comprese le relative letture della Torà ed è rilegata con una speciale tela di tessuto plastificato e rinforzi che la rendono particolarmente resistente all’usura nel tempo.

Introduzione

Introduzione alla prima edizione – 29 settembre 2005

Con la pubblicazione di questo libro si realizza il progetto più ambizioso della collana di Morashà dedicata alla tradizione liturgica di rito italiano. Il giorno di Kippùr è interamente concentrato sulla preghiera, raccolta in una serie molto lunga di testi. È un patrimonio che si è arricchito crescendo nei secoli e che si è sviluppato diversamente nelle varie comunità del mondo. La collezione di testi presente nel minhàg italiano è assolutamente originale e preziosa. Così come lo sono le melodie antiche con le quali si cantano i testi e che potranno essere apprezzate al pieno, con il loro fascino speciale, solo nell’interno della sinagoga. Per questi motivi stampare un machazòr di Kippùr, e quello italiano in particolare, significa riproporre all’attenzione e all’uso della comunità un patrimonio del tutto speciale.

Questa edizione si caratterizza, come tutte le altre di questa collana, per la chiarezza della veste grafica; il testo è stato curato con particolare attenzione, confrontando le versioni delle più antiche edizioni a stampa a quelle relativamente recenti dei rabbini Shadàl e Disegni (quest’ultima, quasi settantenne) e l’ultima di rav Artom. Un plauso speciale a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera, dagli editori David e Mira Piazza, ai revisori liturgici dei testi (Rav Funaro, Rav Di Castro, M° Ariel Di Porto,) al correttore e preciso verificatore delle varianti testuali (Jacov Di Segni), ai revisori delle tradizioni italiane classiche (Yaakov Mascetti), ai generosi donatori che hanno permesso tutto questo (le famiglie Citoni, Di Porto, Di Veroli, Efrati, Funaro, Pace, Perugia, Tagliacozzo, Terracina) e infine a Armando Calò che si è tenacemente prodigato per la riuscita del progetto.

C’è una discussione, tra i Maestri del medioevo, sull’origine del nome Kippùr. Secondo alcuni il nome deriva dalla radice kpr che significa “coprire” (come nota Shadàl, è la stessa radice italiana) e nascondere; kòfer è la pece, nera. Secondo altri, la radice significa “togliere le macchie, cancellare”. Sia che si tratti di una copertura, che rende invisibile il passato negativo con uno strato nero, che di una cancellazione, che lo rimuove del tutto lasciando solo il bianco, abbiamo due facce opposte della stessa situazione: nero o bianco, una superficie pulita e omogenea su cui riscrivere di nuovo. Il giorno di Kippùr conferisce la capacità di costruire il futuro senza i condizionamenti negativi del passato; dà forza e fiducia. Nessuno deve sprofondare nella condanna, tutti possono ricominciare.

La preghiera del giorno di Kippùr è una guida per riscoprire questa speranza. L’augurio è che questo libro, oggi uno strumento nuovo nelle mani del pubblico italiano, acquisti il posto che si meriti nel cuore della nostra generazione e di quelle future e diventi, come le prestigiose edizioni che l’hanno preceduto, un compagno insostituibile per questa giornata speciale.

Rav Riccardo Di Segni

Indice מפתחות

Indice מפתחות

Minchà della vigilia di Kippùr 2 מנחה‭ ‬של‭ ‬ערב‭ ‬יום‭ ‬כפור

Dichiarazione di fede 28 סדר‭ ‬מסירת‭ ‬מודעא

Accensione dei lumi 40 הדלקת‭ ‬נרות

’Arvìt di Kippùr 42 ערבית‭ ‬ליל‭ ‬כפור

Kol Nedarìm 54 כל‭ ‬נדרים

Selichòt di ’Arvìt 86 סליחות‭ ‬ערבית

Preghiera per il sostentamento 110 תפלה‭ ‬על‭ ‬הפרנסה

Shachrìt di Kippùr 116 שחרית‭ ‬של‭ ‬יום‭ ‬כפור

Zemiròt 130 זמירות

Introduzione a Nishmàt 160 רשות‭ ‬לנשמת

Yotzèr di Kippùr 168 יוצר‭ ‬של‭ ‬יום‭ ‬כפור

’Amidà 184 עמידה

Ripetizione di Shachrìt 202 חזרה‭ ‬לתפלת‭ ‬שחרית

Selichòt di Shachrìt 250 סליחות‭ ‬שחרית

Sèfer Torà 296 הוצאת‭ ‬ספר‭ ‬תורה

Commemorazione dei defunti 328 סדר‭ ‬הזכרת‭ ‬נשמות

Musàf di Kippùr 332 מוסף‭ ‬של‭ ‬יום‭ ‬כפור

Ripetizione di Musàf 350 חזרה‭ ‬לתפלת‭ ‬מוסף

Sèder Ha’avodà 378 סדר‭ ‬העבודה‭ ‬

Minchà di Kippùr 428 מנחה‭ ‬של‭ ‬יום‭ ‬כפור

Sèfer Torà 438 הוצאת‭ ‬ספר‭ ‬תורה

’Amidà 456 עמידה

Ripetizione di Minchà 472 חזרה‭ ‬לתפלת‭ ‬מנחה

Selichòt di Minchà 502 סליחות‭ ‬מנחה

Ne’ilà di Kippùr 528 נעילה‭ ‬של‭ ‬יום‭ ‬כפור

’Amidà 532 עמידה

Ripetizione di Ne’ilà 546 חזרה‭ ‬לתפלת‭ ‬נעילה

Selichòt di Ne’ilà 560 סליחות‭ ‬נעילה

’Arvìt di Motzaè Kippùr 592 ערבית‭ ‬למוצאי‭ ‬כפור

Havdalà 612 הבדלה‭ ‬על‭ ‬הכוס

Benedizione alla luna 618 ברכת‭ ‬הלבנה

La traduzione

La traduzione che affianca il testo ebraico ha origine dall’edizione del 1856 del Machazòr di rav Shemuèl Davìd Luzzatto (Shadàl), uno dei più grandi maestri dell’ebraismo italiano dell’era moderna. È su questa prestigiosa versione che Costanza Coen ha iniziato nel 2000 a elaborare un testo che tenesse conto sia delle brillanti intuizioni dell’autore, profondo conoscitore della lingua ebraica, sia della necessità di arrivare oggi a un italiano comprensibile a tutti. Questo lavoro è stato successivamente esteso ed elaborato da altri collaboratori fino all’attuale versione, utilizzando anche testi di allievi del Luzzatto e di maestri a noi più vicini, come l’enciclopedica edizione di rav M.E. Artom z.l.

Dove possibile, la traduzione originale è stata resa più aderente al senso letterale del testo ebraico, uniformando la corrispondenza tra i frequenti sinonimi e la loro trasposizione in italiano.

È chiaro che così operando potremmo aver trasgredito a molti criteri storici e filologici, e agli esperti vanno da subito le nostre scuse. Tuttavia, il progetto dei siddurìm di Morashà, in tutte le loro edizioni, ha avuto soprattutto l’intento di offrire al pubblico italiano strumenti accessibili per poter adempiere a un precetto divino, quello della tefillà, con un’immediatezza che non ponesse ostacoli alla comprensione, perlomeno superficiale, dei brani recitati in ebraico.

La redazione

Siddùr Benè Romi

Benè Romi è il nome con cui vengono chiamati gli ebrei di rito italiano nella letteratura rabbinica talmudica, dove ne vengono descritte le specifiche usanze, sin dai primi secoli dell’era volgare (p.e. TB Pesachìm 53a). Il primo siddùr di preghiere mai stampato al mondo è quello per gli ebrei italiani (Soncino 1485). Una edizione di poco posteriore (Bologna, 1540) è servita da supporto per la presente pubblicazione. Numerose altre edizioni si sono aggiunte nel tempo. Particolarmente degna di nota è quella curata da Shemuèl Davìd Luzzatto (Shadàl: Livorno, 1856), con un’ampia prefazione in cui il rito italiano viene studiato e descritto per la prima volta (rist. D. Goldschmidt, Mavò le-Machzor Benè Roma, Tel Aviv, 1966).  Il Novecento ha visto diverse pubblicazioni: ricordiamo quelle di A. Hasdà (Torino, 1905), D. Camerini (Torino, 1916) e nel secondo dopoguerra quelle di D. Prato e D. Panzieri a uso della Comunità di Roma, mentre D. Disegni curava edizioni particolari per le Comunità di Torino e Milano; va ricordata infine quella più recente di M.E. Artom con le varianti di tutte le Comunità.

La collana Siddur Benè Romi si aggiunge a questa antica tradizione dal 1999, data in cui viene pubblicata una prima edizione a uso privato del siddùr per i giorni feriali e shabbàt, fino a coprire quasi tutte le ricorrenze del ricco calendario liturgico ebraico. Caratterizzano la collana la nuova composizione elettronica dei testi (i siddurìm precedenti venivano riprodotti in anastatica con evidente degrado della leggibilità); una costante redazione critica degli stessi, che facendo riferimento a tutte le edizioni precedenti, tenga conto dei minhaghìm in uso oggi nei diversi battè hakkenèset; un’impostazione grafica che ne esalti la leggibilità e chiarisca quali sono i brani di competenza del singolo e quali del solo chazàn; delle brevi note halakhiche che possano essere finalmente di guida a chi riconosce nella tefillà non solo un bisogno del cuore, ma anche una dettagliata mitzvà; una punteggiatura ebraica moderna più comprensibile; l’uso di convenzioni grafiche che facilitano la partecipazione alla tefillà in pubblico (parentesi tonde per i brani sottovoce, parentesi quadre per quelli in coro, triangolini grigi per i punti in cui ci si inchina).

È ferma convinzione dei redattori che non solo la sopravvivenza, ma lo sviluppo e la crescita delle specifiche tradizioni comunitarie debbano essere sostenute, oltre che dalla buona volontà dei singoli, da strumenti culturali costantemente aggiornati. Speriamo che il Siddùr Benè Romi possa essere uno di questi.

La redazione