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Il moèd di piombo

5,00

Un antica ricorrenza romana per celebrare lo scampato pericolo
2008 – Pagine 48

Informazioni aggiuntive

Autore

Giancarlo Spizzichino

Copertina

Brossura morbida

Formato

148×210 mm

Testo

Testo ebraico e traduzione italiana a fronte

COD: 082 Categorie: , , Product ID: 180

Introduzione

All’interno del ghetto nel corso del XVII e XVIII secolo le Congreghe o Chevròt assommarono a più di quaranta, su un totale di circa cinquemila abitanti. L’appartenenza ad una Chevrà era considerato un titolo di merito e motivo di orgoglio, e spesso era una scelta che si tramandava di padre in figlio come è documentato dalle numerose richieste inviate ai maggiorenti delle Compagnie presenti nell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma.

La ragione di un così alto numero di sodalizi rispondeva a due motivazioni fondamentali : uno prettamente laico, ovvero ridurre i problemi di instabilità sociale legati alla diffusa povertà, un altro, filantropico religioso, a mio giudizio il più importante, cioè, attraverso atti devozionali comuni, rendere saldi tra i membri della compagnia i legami tra i membri, combattendo in tal modo la forte pressione conversionistica esercitata dallo Stato pontificio sugli ebrei, soprattutto a partire dal XVII secolo.

L’aiuto che le Chevròt offrivano era rivolto sia all’esterno, ossia verso la popolazione ebraica tutta, sia verso l’interno, cioè verso i propri membri, fortificando pertanto quel senso di identità che era, ed è ancora oggi, l’unico mezzo veramente potente per combattere l’assimilazione.

E pertanto con piacere che saluto l’intenzione del Và’ad del Bet Michaèl intitolato a Stefano Tachè di ricreare la congrega ’Ezrà Betzaròt (aiuto negli affanni), di cui questo volume rappresenta una dichiarazione di intenti. Questa opera, infatti, si prefigge di spiegare le motivazioni per le quali il popolino romano tentò l’assalto al ghetto di Roma nel 1793, motivazioni legate all’antigiudaismo storico sulle quali si innestarono ragioni politiche e culturali complesse determinate dalle trasformazioni associate alla diffusione delle idee illuministiche ed allo scoppio della Rivoluzione francese. Un evento come quello del Mo’èd di Piombo si sottrae a spiegazioni semplicistiche, non consentendo di ricondurre gli accadimenti al solo antigiudaismo, ma riporta a quello che fu il complesso rapporto tra Chiesa ed ebrei. Non a caso le autorità pontificie intervennero a favore degli ebrei al fine di evitare che il popolo sorpassasse quel confine sottile che stabiliva che il giudeo fosse sottoposto alla Chiesa, ma vivo come testimonianza dell’errore di non aver compreso la figura di Gesù.

Quale sono i nessi tra un evento storico così lontano nel tempo e così apparentemente distante in termini di contesto politico e culturale e la creazione di una Chevrà in epoca contemporanea?

A mio avviso, la soppressione tra Otto e Novecento delle Confraternite eliminò un elemento di raccordo fondamentale tra la keillà e le istituzioni comunitarie. Oggi ricreare questa interfaccia viene incontro al crescente desiderio di molti di adoperarsi per la Comunità in modo non mediato dalle istituzioni ebraiche locali e nazionali, per meglio rispondere alle necessità di una parte della popolazione ebraica romana in termini di identità, rapporti fiduciari e problemi materiali.