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Essere Comunità – Adàt kèdem

15,00

Che cos’è una Comunità ebraica. La storia, le esperienze e le riflessioni
2002 – Pagine 174

Informazioni aggiuntive

Autore

Alberto M. Somekh

Copertina

Brossura morbida

Formato

130×210 mm

Testo

Testo italiano

COD: 036 Categoria: Product ID: 268

Descrizione

A partire dal versetto del Salmo 74 “Ricorda la Tua comunità che hai acquisito in antico – Zekhòr adatekhà kanìta kèdem”, il libro si propone come guida ad un progetto ideale di vita ebraica comunitaria, indispensabile per la sopravvivenza del popolo ebraico, soprattutto nelle varie Diaspore dove si è trovato sempre minoranza e spesso anche discriminato. Attraverso una serie di fonti storiche, filosofiche e normative, l’obiettivo è quello di scoprire il segreto dell’unità di fondo, da cui si riesca a trarre insegnamento per confrontare il presente e progettare il futuro. Si tratta, infatti, di uno studio approfondito del vissuto di un gruppo per trarre delle indicazioni generali di comportamento. L’edizione presenta un interessante percorso a partire dall’idea di comunità, sino alla creazione effettiva di quest’ultima, prestando attenzione alle istituzioni che ne fanno parte, tra cui il mikvè – il bagno rituale, il Talmud Torà – l’insegnamento ai più piccoli, il cimitero, la ghemilùt chassadìm – il sostegno ai più poveri, e il bet hakenèsset –  la sinagoga, essenziali per il buon funzionamento di una comunità ebraica completa.

 

Introduzione

Introduzione

Salmo di David.
Il S. è il mio Pastore, non manco di nulla.
Egli mi fa coricare su prati d’erba,
mi conduce su acque riposanti.
Ristora la mia anima: mi guida nei circoli
della Giustizia a riguardo del Suo Nome.
Anche quando me ne andrò nella Valle della Morte
non temerò alcun male perché Tu sei con me:
il Tuo bastone e la Tua verga mi danno la quiete.
Disponi per me la tavola a dispetto dei miei angustiatori,
ungi con l’olio il mio capo, il mio calice è ricolmo.
Invero il bene e la bontà mi raggiungeranno per tutti i giorni della mia vita e potrò risiedere nella Casa del S. per lunghi giorni.

Nel Salmo 23, che in molte Comunità si usa cantare prima del Kiddùsh il sabato mattina, il re David espresse l’anelito della Comunità di Israel a poter bastare a se stessa, sotto la guida del proprio Pastore. È un anelito che ha accompagnato da sempre la nostra lunga e travagliata storia. Quando il popolo di Israel può ben dire di “non mancar di nulla”?

Secondo il Salmista vi sono cinque istituzioni di cui il nostro popolo ha bisogno per vivere, in qualsiasi luogo della sua presenza, in qualsiasi momento della sua storia. A ciascuna di esse alludono nell’ordine i versetti che nel salmo seguono il primo, con una mirabile abilità poetica.

Egli mi fa coricare su prati d’erba, mi conduce su acque riposanti: allude al mikvè, il bagno rituale fatto di acqua piovana, perfettamente immobile, che permette a noi ebrei di portare avanti il nostro popolo con kedushà e taharà;

Ristora la mia anima: mi guida nei circoli della giustizia a riguardo del Suo Nome: allude alla mitzvà del Talmùd Torà e alle sue istituzioni, che deve essere coltivato senza secondi fini, puramente per il nome di D., e consente a noi ebrei di praticare la giustizia;

Anche quando me ne andrò nella Valle della Morte non temerò alcun male perché Tu sei con me: il Tuo bastone e la Tua verga mi danno la quiete: allude al cimitero, che ci consente dopo la morte di trovare quiete in una prospettiva di continuità oltre la vita;

Disponi per me la tavola a dispetto dei miei angustiatori, ungi con l’olio il mio capo, il mio calice è ricolmo: allude alle istituzioni della Ghemilùt Chassadìm, che consentono ai più poveri, ai viaggiatori, agli anziani e a tutti coloro che devono quotidianamente fare i conti con le angustie di mangiare cibo kashèr e dissetarsi tutti i giorni;

Invero il bene e la bontà mi raggiungeranno per tutti i giorni della mia vita e potrò risiedere nella Casa del S. per lunghi giorni: allude al bet hakkenèset, dove ci è dato di mettersi in comunicazione quotidiana con l’Altissimo.

In questo libro mi soffermerò ad analizzare queste millenarie istituzioni del nostro popolo alla luce della nostra eredità tradizionale, cercando possibilmente di esporre problemi e formulare proposte al servizio della Comunità ebraica in Italia oggi. Ma prima ancora di addentrarmi in tale disamina, che costituisce lo scopo del libro, passerò in rassegna gli elementi che stanno alla base di un’istituzione da molti considerata caratteristica del popolo ebraico, la Comunità ebraica appunto. Una realtà che in oltre duemila anni ha saputo adattarsi alle diverse situazioni, ma nello stesso tempo rimanere rigorosamente una e di garantire in tal modo la sopravvivenza di un popolo. Cercheremo di scoprire il segreto di tale unità di fondo nel passato, traendone insegnamento per progettare il nostro avvenire confrontandoci con il presente.

Lo studio che propongo adopera fonti storiche, filosofiche e halakhiche, ma non è specificatamente né un testo di storia, né di filosofia, né di Halakhà. Vuol essere semplicemente la guida ad un progetto ideale di vita ebraica associata. A differenza di altri testi, esso non si articola in una trattazione sistematica delle feste e degli usi, ma parte piuttosto dal vissuto di un gruppo e dai problemi che questo vissuto pone al gruppo stesso, cercando di trarne indicazioni generali di comportamento. Dei molteplici aspetti pratici si tratteranno soltanto quelli strettamente legati alle istituzioni che ci proponiamo di prendere in esame. Non che altri siano meno importanti: ma siamo costretti a tralasciare tutte le funzioni che nella Comunità appartengono a sfere molto specialistiche, come la shechità o il bet din; ovvero quelle che “non hanno una misura prefissata” e si articolano in maniera differente a seconda dei numeri e delle possibilità economiche delle varie realtà locali, come le istituzioni assistenziali.

Ho intitolato il libro ’Adàt kèdem, che significa “Comunità antica”, sulla base di un versetto del Salmo 74: zekhòr ’adatekhà kanìta kèdem (“ricorda la Tua Comunità che hai acquisito in antico”). Entrambi i vocaboli del titolo riflettono aspetti dell’opera. Una delle tesi di fondo è incentrata sulla valorizzazione del termine ’edà per indicare la Comunità, con la sua particolare connotazione, a completamento di concetti apparentemente sinonimi, come il più noto kehillà. La ’edà indica etimologicamente la Comunità in quanto testimonianza di un gruppo, aldilà della somma formale degli appartenenti al gruppo stesso implicita piuttosto nella nozione di kehillà. Soltanto se la Comunità saprà trascendere la somma fisica dei suoi membri, nello sforzo di guardare più alla qualità che alla quantità, troverà in sé le motivazioni della propria continuità.

In questo soccorre il secondo termine, kèdem, che allude in ebraico tanto alla nozione di antichità che a quella di progresso. Per un accostamento tipico della lingua ebraica, la Comunità ebraica avrà un futuro soltanto se saprà guardare con impegno al suo passato, in una ricerca continua della propria più autentica eredità ad opera di tutti i suoi membri.

Con queste convinzioni ci accingiamo a dar vita al nostro studio. Saremo alla fine ripagati se per mezzo della sua lettura anche un solo ebreo avrà trovato la via e l’ispirazione per riavvicinarsi alla Comunità ebraica e alla Torà d’Israel.

Indice

Introduzione 10

La Storia

1. La Comunità e il rabbinato fino all’Emancipazione 15

a. Da Oriente a Occidente 15

b. Origini della Comunità 16

c. Nell’età dei Gheonìm 18

d. La Comunità ebraica in Occidente a partire dal Medioevo 20

e. Le chevròt 23

f. Ruolo e funzioni del rabbinato 24

2. La svolta illuminista 30

a. L’emancipazione 30

b. In Europa 32

c. In Italia 36

d. Il declino degli studi 39

e. Ruchaniyùt 41

L’idea

3. Dalla kehillà alla ’edà 45

a. Tzèlem Elokìm: ad immagine divina 45

b. Berìt 48

c. Shuttafùt e tzibbùr 51

d. Kehillà e’edà 53

e. Hafradà e havdalà 57

4. Parametri e limiti dell’unità comunitaria 61

a. Accettazione dell’altro e non-contraddizione 61

b. Lo ziyùf ha-Torà dinanzi ad una minaccia individuale 62

c. Lo ziyùf ha-Torà dinanzi ad una minaccia collettiva 64

d. Emunà 66

5. Leadership 68

a. Talmùd Torà 68

b. Privacy e funzione pubblica 71

c. Shelichùt 73

d. La figura del rav: yiràt Hashèm  75

6. Risorse 78

a. La situazione attuale 78

b. La mitzvà di contribuire economicamente alla Comunità 78

c. Eyn tzibbùr ’anì 81

d. Quali fondi per la Comunità? 85

Gli spazi

7. Il Bet Hakkenèset 90

a. “Ciascuno conosce il proprio spazio” (Sanhedrìn 4, 4) 90

b. La tefillà e il bet hakkenèset 91

c. Luogo di kedushà 92

d. La hashkamàt bet hakkenèset 94

e. La mechitzà 97

f. Abbigliamento decoroso 99

g. La presenza dei bambini 101

8. Il mikvè 104

a. Taharà 104

b. Come è fatto un mikvè 105

c. Niddà 107

d. La tevilàt kelìm 108

9. La Casa di riposo 110

a. Ghemilùt chassadìm 110

b. Onore e cura dei genitori 112

c. Provvedere agli anziani 113

d. Sofferenza e malattia 116

e. Bikkùr cholìm 118

e. La hachnassàt orechìm 119

f. Imitatio Dei 122

10. Il cimitero 123

a. Il significato della morte 123

 b. Fra il decesso e il funerale 125

c. La taharat ha-mèt (“purificazione del morto”) 127

d. La levayà (“accompagnamento”) 129

e. La kevurà (“sepoltura”) 130

f. Il divieto della cremazione 132

g. Le cinque fasi della avelùt (“lutto”) 134

h. Il cimitero 136

i. La Comunità e il cimitero 137

11. Il Talmùd Torà 140

a. La scuola 140

b. Il rav e la semikhà 141

c. L’istruzione ebraica in Italia oggi 146

d. Talmùd Torà e Bet ha-midràsh 147

e. Programmi di studio 149

f. Conclusione 153

Note 155