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Shemà – Ascolta Israele
€8,00
Il fondamento della fede d’Israele spiegato e commentato
2013 – Pagine 36
Informazioni aggiuntive
Scialom Bahbout
Brossura morbida plastificata
150×240 mm
Testo ebraico e traduzione italiana a fronte
Descrizione
Lo Shemà, in italiano “ascolta”, è certamente tra le preghiere ebraiche più importanti. Più precisamente, è un insieme di brani tratti dalla Torà, la cui centralità all’interno della religione è dovuta alla semplicità, al linguaggio profondo, ma allo stesso intimo, che lo rendono di facile comprensione. Non a caso, infatti, è la prima preghiera che si insegna ai bambini. L’esaustività di questa edizione definisce chiaramente la struttura dello Shemà, composto da tre brani, insieme ai relativi commenti e ai temi portanti. Ciò su cui si fa particolarmente leva è l’importanza dell’ascolto (prima ancora della parola da pronunciare), un concetto semplice, ma talvolta difficile da applicare, che fa parte del messaggio ebraico a ogni essere umano.
Introduzione
La ricerca dell’Ascolta
Tra le preghiere ebraiche, e probabilmente tra quelle di tutti i popoli, poche hanno avuto un ruolo e una presenza così continua come quella che può vantare lo Shemà’: questa preghiera ha accompagnato il popolo ebraico lungo tutta la sua storia, in frangenti e in momenti sia di luminosa gioia che di oscuro dolore, e a essa il singolo ebreo ha affidato la sua speranza, anche nei momenti di massima disperazione.
Davvero strana e unica la storia di questa preghiera che, nel senso stretto di questo termine, non è una preghiera, ma è un insieme di brani della Torà, che rappresenta la parola di Dio all’uomo e non la parola dell’uomo a Dio: come mai, quindi, lo Shemà’ è diventato la preghiera ebraica per antonomasia? Innanzi tutto, la sua semplicità, almeno apparente; il suo linguaggio perentorio, ma insieme intimo, comprensibile a ogni persona: non è infatti casuale che lo Shemà’ sia la prima preghiera che si insegna ai bambini. In secondo luogo, il fatto di contenere l’essenza ultima dell’ebraismo, l’osservanza dei precetti basata sull’amore verso Dio e lo studio della sua legge: una legge la cui osservanza è considerata un privilegio, e non soltanto un giogo da cui liberarsi, come dimostra la festa di Simchàt Torà, dedicata alla gioia per averla ricevuta, un caso questo forse unico nella storia dei popoli.
Si badi bene che l’amore verso Dio comprende in sé anche l’amore per ogni uomo, ma i percorsi che conducono a questo risultato, così importante e così ambito, possono essere diversi: l’amore per Dio deve portare all’amore per l’uomo, oppure viceversa l’amore per l’uomo deve condurre all’amore per Dio. I Maestri discutono su quale principio fondare tutta la Torà e troviamo due posizioni apparentemente contrapposte, quelle di Rabbì ’Akivà e di Ben ’Azai.
Rabbì ’Akivà privilegia il principio Ama (per) il tuo prossimo, come (per) te stesso, ma nel momento della grande prova, quando i romani lo torturano a sangue, trova la forza di pronunciare le parole dello Shemà’ e in particolare quella che invita ad amare Dio, anche quando viene richiesta la rinuncia alla vita; Ben ’Azai che afferma che il passo «Nel giorno in cui Dio creò l’uomo, lo creò a immagine divina» contiene il principio generale su cui basare tutto l’ebraismo, le sue norme sia sociali che religiose.
Oggi nell’era della comunicazione, nell’era della ricerca frenetica della conquista del maggiore ascolto, l’invito dell’Ascolta è sempre più necessario: in un mondo dove risuonano molti, forse troppi messaggi, dove l’ascolto è difficile e il più delle volte approssimativo e senza la disponibilità a un vero ascolto, sapere porgere l’orecchio – non solo quello fisico, come dicono i nostri commentatori medievali – nel modo e nel momento giusto, è fondamentale per ogni esperienza religiosa.
L’uomo moderno, disturbato dal frastuono che lo circonda, stenta a mettersi in ascolto: la fuga dalla civiltà, mediante il ritiro in luoghi appartati, protetti e lontani da una società sempre più rumorosa, spesso tentano l’uomo, in quanto questa strada sembra essere la soluzione più semplice per cercare di ascoltare la Voce. L’ebraismo ha tuttavia sempre cercato di coniugare insieme l’esperienza individuale con quella collettiva, perché laddove l’individuo ha difficoltà a porsi in ascolto, gli potrebbe essere più facile se inserito in una collettività che lo aiuta e lo guida nella sua ricerca dell’Ascolta.
Non c’è dubbio che l’ebraismo, come religione rivelata, tenda sempre a sottolineare l’importanza della prima rivelazione, quella del monte Sinai; tuttavia i Maestri insegnano che ogni giorno, e non una sola volta nella storia, una Voce risuona sul monte Chorèv, il monte Sinai: sta all’uomo cercare di raccoglierla, porgendo l’orecchio ai suoni che arrivano dal creato e dalla storia dell’uomo.
Scialom Bahbout
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