Ripreso dal blog del Peace and Collaborative Development Network
“Rinnega tuo padre; e rifiuta il tuo nome: o, se non vuoi, legati solo in giuramento all’amor mio, ed io non sarò più una Capuleti”. Neanche nei suoi sogni più strani, Fareed avrebbe mai immaginato che queste famose parole pronunciate dalle labbra di Giulietta nell’immortale tragedia di Shakespeare, avrebbero descritto perfettamente la sua situazione attuale.
Fareed, un uomo di 35 anni, mai avrebbe pensato, e con lui altri migliaia di egiziani, che un atto semplice come sposare la donna dei propri sogni, lo avrebbe trasformato in una sorta di eroe di una storia d’amore. Romeo e Giulietta è stato scritto alla fine del 1500, ma la recente decisione della Suprema Corte Amministrativa dell’Egitto di togliere la cittadinanza a coloro che hanno sposato donne israeliane, potrebbe costringere molte coppie ad impersonificare la versione moderna di questa tragedia.
Secondo la sentenza, non impugnabile, ogni caso deve essere considerato singolarmente prima di “prendere le misure necessarie per togliere loro la nazionalità”.
“Il matrimonio è amore e l’amore ha le sue regole, non conosce confini, nazionalità o politica. E’ un diritto umano che nessuna legge può negare”, spiega Fareed con amarezza. L’uomo racconta la storia del suo matrimonio con Nadia, una donna palestinese con passaporto israeliano. Vive in una piccola casa nel quartiere di Giza, al Cairo, con la moglie e i tre figli, Osama, 17, Noha, 14, e Noor, 8.
“Tutto ebbe inizio 20 anni fa. Mi sono laureato in tempi difficili, quando l’Egitto stava cominciando a ricostruire da zero la sua economia dopo la guerra. Trovare lavoro nella mia città natale, Tanta, non era facile in simili condizioni economiche e scarse opportunità.
La maggior parte dei miei colleghi hanno intravisto un futuro promettente a 610 km di distanza, in quella che è l’attuale penisola del Sinai – o ‘Terra di Fayrouz’, come piace chiamarla agli egiziani – nella città di Taba, l’ultimo territorio che l’Israele doveva restituire.” Nel 1988, una lunga controversia si concluse con la sentenza del collegio arbitrale internazionale a favore dell’Egitto. Fareed trovò un buon lavoro nel settore del turismo emergente nel Sinai, dove erano stati costruiti molti resort, hotel e villaggi di prima classe. Il governo egiziano ha istituito infrastrutture con ingenti investimenti e incoraggiato i giovani a lavorarci.
“Per me è stato un colpo di fortuna”, ha detto Fareed, “ho incontrato Nadia mentre lavorava per un’azienda internazionale di tour turistici. Indossava il velo e parlava il dialetto arabo-palestinese, sembrava una qualsiasi brava ragazza palestinese musulmana. Dopo averla conosciuta meglio, sono rimasto impressionato dalla sua natura laboriosa e ho deciso di sposarla e creare con lei una famiglia”.
Fareed non è stato l’unico a sorprendersi quando Nadia gli ha detto di essere cittadina arabo-palestinese di Israele, con passaporto israeliano. Anche i suoi genitori erano riluttanti ad approvare la sua decisione di sposarla. Nonostante considerassero Nadia e tutti gli arabi-israeliani come dei veri eroi, la futura sposa possedeva comunque il passaporto “nemico”.
“Il problema principale è che molti nel mondo arabo o non sanno nulla degli ‘arabi del 1948’ oppure hanno frainteso la situazione”, insiste Fareed. “Questi arabi si identificano come palestinesi, e Nadia proviene da una famiglia di commercianti di Abu Ghosh. Come la maggior parte degli arabi, si sono rifiutati di lasciare le loro terre dopo la guerra arabo-israeliana del 1948 e hanno preferito rimanere lì, resistendo alla tattica di Israele di trasferire le loro case in terre di proprietà statale. Hanno così ricevuto la cittadinanza israeliana,” ha raccontato.
Nel 2003 e dopo decenni di forzato spostamento che ha portato oltre l’80 per cento delle famiglie palestinesi ad andarsene, l’Ufficio centrale di statistica israeliano ha constatato che gli arabi residenti costituivano circa il 20% della popolazione di Israele.
Fareed ha dovuto affrontare enormi problemi e enorme stress psicologico prima e dopo il matrimonio con Nadia. “Avevamo deciso di vivere in Egitto, vicino a dove lavoro, visto che il trattato di pace firmato tra Egitto e Israele nel 1979, permetteva ai civili israeliani di attraversare il confine con l’Egitto come normali visitatori stranieri. Al contempo, gli egiziani potevano entrare e lavorare in Israele. Fino ad ora non ci sono dati ufficiali sui matrimoni tra uomini egiziani e donne israeliane. E visto che le autorità egiziane si rifiutano di fornire il numero esatto di simili, la speculazione dilaga.
I dati diffusi recentemente da un gruppo locale per i diritti umani stimano che ci sono almeno 17.000 uomini egiziani sposati con donne israeliane, in gran parte discendenti dagli “arabi del 1948”. Chi è contro la normalizzazione alza il numero a oltre 30.000, mentre l’Assemblea del Popolo riduce la cifra a 10.000. Il verdetto è basato su un articolo riguardante la cittadinanza, secondo il quale il governo deve revocare la cittadinanza a coloro che sono sposati con israeliane, o hanno effettuato il servizio militare, oppure abbracciato il sionismo.
La coppia ha cercato di scoprire la ragione di questo sfratto improvviso, ma la polizia ha rifiutato di fornire loro alcun dettaglio. Così Fareed ha contattato uno zio, ufficiale militare in pensione, e dai suoi contatti nella polizia si è scoperto che la presenza di Nadia era considerata una minaccia alla sicurezza nazionale.
“Finora a mia moglie è stato negato il visto per entrare in Egitto. Non capisco perché 37.000 turisti israeliani, che rappresentano circa il 2 per cento del totale del turismo in Egitto, sono stati autorizzati senza problemi a passare le loro vacanze sulle rive del Mar Rosso, mentre un migliaio di donne arabe israeliane sposate con uomini egiziani vengonoespulse per motivi di sicurezza”, mi ha spiegato Fareed.
La maggior parte di queste coppie non ha molta scelta. Sono costrette o a rimanere in Egitto, a costo di destabilizzare la famiglia per l’assenza della madre, oppure a spostarsi in Paesi come Stati Uniti, Australia, Canada, o addirittura in Israele. La maggior parte delle coppie miste ha scelto proprio quest’ultimo come nuova residenza.
“La società ebraica ha elementi razzisti che non tollerano nè arabi nè musulmani. Hanno anche incoraggiato l’emigrazione dei cittadini arabi verso altri paesi. La discriminazione risulta risulta evidente dal fatto che arabi ed ebrei studiano in scuole separate, vengono curati in ospedali diversi, e i cittadini arabi ricevono meno risorse”.
Un sondaggio effettuato dal Centro israeliano contro il razzismo nel 2008, ha rivelato che il 75% degli israeliani non sarebbero d’accordo a vivere in un edificio dove alloggiano anche residenti arabi. Il 60% non accetterebbe visitatori arabi nelle proprie case e circa il 40% sostiene che agli arabi andrebbe tolto il diritto di voto. “Si tratta di una esecuzione morale per me”, ha affermato Fareed: “Non ho commesso alcun crimine che meriti una tale brutale punizione, persino alle spie non viene strappata la nazionalità.”
Sebbene la maggior parte degli egiziani pensi che sposare donne israeliane sia un fenomeno nuovo comparso con la fase finale del trattato di pace di Camp David del 1979 tra Egitto e Israele, gli ebrei egiziani erano considerati una parte essenziale della società e non dei nemici. La popolazione egiziana ebrea contava 88.000 individui nel 1952, in occasione dell’ultimo censimento poco prima della rivoluzione egiziana.
Prima del conflitto arabo-israeliano in Palestina, i matrimoni tra egiziani musulmani ed ebrei egiziani erano comuni, soprattutto nelle aree urbane, dove c’era un’alta concentrazione di ebrei. Dopo lo scoppio del conflitto arabo-israeliano, essendo stati accusati di spionaggio, gli ebrei sono fuggiti per li pressioni della società egiziana.
Nel 1995, dopo cinque anni di matrimonio, il governo egiziano aveva rifiutato di concedere il rinnovo del soggiorno a Nadia, imponendole di lasciare il Paese entro poche settimane.
TRADOTTO DA ELENA INTRA
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