L’attore tra i protagonisti della serie tratta dal romanzo del Premio Pulitzer americano, disponibile su Sky dal 24 luglio
E se le elezioni presidenziali americane del 1940 avesse visto contrapposti Franklin D. Roosevelt e Charles Lindbergh, l’aviatore eroe con simpatie naziste, e fosse stato quest’ultimo a prevalere? L’America della Seconda guerra mondiale di fronte a un bivio decisivo per le sorti del mondo intero: uno dei capitoli cruciali della storia degli Stati Uniti completamente riscritto dall’inquietante ucronia di Il complotto contro l’America, che debutterà su Sky Atlantic e NOW TV il 24 luglio, quando tutti i sei episodi della serie saranno disponibili anche on demand. L’adattamento televisivo targato Hbo del capolavoro omonimo del Premio Pulitzer Philip Roth, firmato da David Simon ed Ed Burns (già dietro il successo di The Wire), racconta la nascita di un’America filonazista in cui proliferano antisemitismo e populismo. La serie riscrive la storia degli Stati Uniti seguendo dal punto di vista dei Levin, una famiglia ebrea di Newark, New Jersey, l’ascesa politica di Charles Lindbergh, aviatore con idee xenofobe e populiste che arriverà a legare a doppio filo il destino degli Stati Uniti d’America a quello della Germania di Hitler. Nel cast Winona Ryder, Zoe Kazan e John Turturro.
“Conoscevo personalmente Roth – racconta Turturro – ho lavorato con lui, mi volle per un suo adattamento teatrale dopo avermi visto in Quiz Show di Robert Redford, nel 1994. Ho letto tutti in suoi libri, compreso ovviamente The plot against America“. Forse, mentre lo leggeva, non immaginava che sarebbe stato tra i protagonisti della miniserie, nel ruolo del rabbino Lionel Bengelsdorf, seguace di Lindbergh.
Qual è stato l’aspetto più difficile nell’affrontare questo adattamento per la tv?
“Ogni libro di Roth è uno stimolo alla riflessione, oltre che un piacere per il lettore. La difficoltà sta nel suo essere così intimista, ti fa penetrare nella mente del personaggio tanto da farti sentire il suo pensiero. Adattare tutto questo è sempre un rischio”.
Questa storia è una riflessione sulla politica americana, sull’immigrazione italiana negli Usa, su ebraismo e antisemitismo, sulla democrazia. Non potrebbe essere più attuale.
“I protagonisti di Roth sono sempre ebrei ma le sue storie abbracciano ogni aspetto dell’esistenza umana. Lindbergh è l’opposto dei suoi “eroi”, per questo il personaggio del rabbino è così importante: riesce a navigare in una situazione complessa, a suo modo trama anche lui. Ma The plot parla anche di integrazione, è ambientato nel 1940 ma dal 1882, dopo la grande immigrazione ebrea dall’Est europeo, soprattutto dall’Italia e dalla Polonia, le amministrazioni Usa hanno sempre avuto la tentazione di chiudere le porte. Poi ha prevalso la filosofia dell’accoglienza. Il vero complotto è quello ordito da Trump, che vorrebbe tornare al passato”.
Un passato che lei, con le sue origini italiane, conosce bene.
“Tutti sappiamo che in America gli immigrati italiani, i contadini meridionali, erano considerati dei subumani. Ma sono stati loro, la manodopera italiana, a costruire le grandi città americane. Fra quegli uomini c’era mio padre. Era nato nel 1925 a Giovinazzo, in Puglia, per anni fece avanti e indietro con l’America. Per sei anni provò a entrare, ci riuscì solo quando il governo stabilì le quote”.
Invece il suo rabbino Bengelsdorf da dove viene?
“Credo che sia ispirato a un personaggio che Primo Levi tratteggiò ne I sommersi e i salvati, Mordechai Chaim Rumkowski, presidente del Judenrat, il consiglio ebraico nominato dai nazisti all’interno del ghetto di Lodz, in Polonia, che allestì una “sua” Gestapo tutta di ebrei. Bengeldorf me lo ricorda. Non ho fatto in tempo a chiederlo a Roth prima che morisse ma secondo me si era ispirato a quei racconti”.
Trump avrebbe potuto diventare presidente nel 1940?
“Non credo, all’epoca dovevi essere un oratore eccellente soprattutto in radio, per farti ascoltare e far presa sulle masse. Trump ha una voce orrenda, un linguaggio volgare, da bullo di strada. Gli avrebbero riso tutti dietro”.
Il suo prossimo impegno invece sarà in “The Batman”, con Robert Pattinson…
“Faccio il cattivo! Amavo molto Batman da ragazzino ma in realtà il mio vero idolo era Zorro. Per anni, da bambino, mi sono immaginato con la spada, giravo per casa “infilzando” mio padre. Poi, quando Batman è arrivato in tv, mi sono appassionato: ho letto i fumetti, ora li leggono i miei figli… È entrato nella mia vita. Ma nel profondo rimango un fan di Zorro e di Douglas Fairbanks. Anche Antonio (Banderas, ndr) non è stato male. E una volta, tempo fa, scrissi una lettera a Spielberg dicendogli che avrebbe dovuto prendermi in considerazione se mai avesse fatto un film su Zorro. Credo sia rimasto molto sorpreso…”.