Una delle figure più carismatiche del sionismo religioso. Questa settimana segneranno dieci anni dalla morte del mio maestro e rav, rav Aharon Lichtenstein. Alcune storie su un grande uomo molto amato.
Rav Haim Navon – Makor Rishon – 28 aprile 25

Una volta il rav raccontò candidamente: “Quando studiavo per il dottorato ad Harvard, fui costretto a ridurre il mio studio della Torah. All’epoca studiavo Torah solo sei ore al giorno”. Il figlio di rav Lichtenstein disse: “Non l’ho mai visto arrabbiato, e non l’ho mai sentito parlare male degli altri“. Un altro suo figlio testimoniò: “Non ricordo nemmeno una volta in cui papà fosse semplicemente seduto senza studiare o compiere una mitzvà“. Il rav non mangiava minestra nei giorni feriali perché riteneva fosse uno spreco di tempo. Di shabbat mangiava la minestra, per onorare lo Shabbat.
In gioventù giocava a basket con i suoi studenti. Una volta interruppe il gioco nel bel mezzo esclamando: “State giocando in modo immorale!” Gli studenti si chiesero se stessero giocando in modo troppo fisico, ma il rav rispose: “Non è questo il punto; non vi state impegnando a tornare in difesa“.
La figlia del rav, la rabbanit Esti Rosenberg, raccontò al giornalista Yair Sheleg: “Tre anni fa ho volato con lui negli Stati Uniti. Gli era stato imposto che doveva dormire e riposarsi, quindi doveva volare in business class. Si era opposto a questo per tutta la vita e si sentiva molto a disagio. Saliamo sull’aereo e io consegno i biglietti all’assistente di volo dicendo: lui è in business, io in classe economica. E papà alza la testa e dice all’assistente: ‘Me l’hanno imposto!’ E io gli dico: ‘Papà, a lei non importa’. Ma lui sentiva il dovere di giustificarsi per viaggiare in business class, perché era un lusso, e lui non credeva nei lussi“.
Dopo essere tornato dalla sua prima visita in Israele, il giovane rav Aharon Lichtenstein andò a far visita a uno dei suoi maestri, rav Yitzchak Hutner, e gli raccontò delle sue esperienze nel paese. Il rav parlò dei luoghi che aveva visitato e delle persone che aveva incontrato. All’improvviso rav Hutner batté sul tavolo e gridò: “Sono andato qui, sono andato là – ma dov’è la santità della Terra d’Israele?!” Rav Lichtenstein fu scosso dal rimprovero del suo maestro. Da allora, ogni volta che volava in Israele – anche dopo essersi trasferito lì – il rav recitava salmi negli ultimi minuti del volo, per prepararsi alla santità della Terra d’Israele. Mentre gli altri passeggeri sistemavano le loro borse prima di scendere dall’aereo, lui recitava salmi. Dopo l’atterraggio indossava nuovamente i tefillìn, anche se li aveva già indossati quella mattina all’estero, per meritare il privilegio di compiere il precetto nella Terra d’Israele.
Alla fine di Tishà Beav, i fedeli uscivano dalla sinagoga di rav Lichtenstein. Rav Daniel Tropper annunciò che chiedeva a dieci uomini di rimanere fino alla fine del “Kiddush Levanà” (benedizione della luna), in modo che si potesse recitare il Kaddish. Rav Lichtenstein si assicurò che ci fossero dieci persone anche senza di lui, e si affrettò a tornare a casa. “Cosa c’è di così urgente per papà?” chiese rav Tropper al rav Meir Lichtenstein, che gli spiegò: “Non sai cosa fa papà alla fine di Tisha B’Av? Si siede e studia Torah per un’ora“. La moglie del rav, la Dott.ssa Tovah, diceva a riguardo: “A Tisha Beav è proibito mangiare e studiare. Quando finisce il digiuno, ognuno va a fare ciò che è più importante per lui“.
Nei dieci anni in cui ho studiato nella sua classe, non ha mai saltato una lezione a causa di malattia. Nell’inverno del 1996 si verificò una tempesta di neve, e la strada per Gush Etzion fu ripetutamente chiusa e riaperta. Il rav camminava in casa come un leone in gabbia. Sua moglie gli disse: “Non puoi guidare con questo tempo. Con tutto il rispetto per il tuo lavoro, la tua vita vale di più“. Dopo una lunga ora, il rav uscì dal suo studio e disse: “Non è il mio lavoro. È la mia vita“. Andò alla yeshivà e tenne la sua lezione come al solito.
Quando il rav doveva viaggiare all’estero per questioni della yeshivà, riduceva al minimo la perdita di tempo di studio per i suoi studenti. Chiedeva loro di alzarsi presto al mattino, teneva la lezione e poi andava subito all’aeroporto. Dopo essere atterrato nuovamente a Ben Gurion, andava con le valigie alla yeshivà, teneva la lezione e solo dopo tornava a casa.
Il rav era attento a studiare Torà ogni settimana con tutti i suoi figli e figlie. Quando i suoi figli studiavano alla Yeshivà Netiv Meir, andava lì due volte a settimana per studiare con ciascuno dei suoi figli per un’ora e mezza in chavruta (studio in coppia), dopo la sessione serale. Gli chiesero: “Come fai a trovare il tempo?” e il rav rispose con fermezza: “Chiedimi piuttosto come trovo il tempo per tutto il resto. Cosa c’è di più importante di questo?“
Il rav fu probabilmente il primo nel mondo del sionismo religioso i cui figli completarono un trattato del Talmud per il loro Bar Mitzvà, e da lui si diffuse questa usanza. Con le figlie, era solito completare un ordine di Mishnà per il loro Bat Mitzvà. Non solo la cerimonia di conclusione, ma anche la celebrazione stessa del Bat Mitzvà erano allora una novità: quando il rav andò a stampare gli inviti per il Bat Mitzvà di sua figlia, il proprietario della tipografia non riusciva a capire cosa volesse; non aveva mai stampato un invito per un evento del genere.
E quando chiedevano al rav, venerato capo della yeshivà, noto autore di libri e vincitore del Premio Israele, qual era la cosa più importante che avesse fatto nella sua vita, rispondeva: “La mia famiglia“.
Il rav amava molto i suoi figli, ed esigeva anche molto da loro. Sua figlia, la rabbanit Toni Mittelman, raccontò che dopo la nascita del suo primogenito era nel reparto maternità, senza orologio e senza finestra. Quando il rav venne a farle visita, lei gli chiese che ora fosse, e poi disse: “Allora devo pregare Minchà (la preghiera pomeridiana)“. Il rav rimase stupito: “Non hai ancora pregato Minchà?“
Il rav pretendeva molto anche dai suoi studenti. C’erano due istituzioni nella yeshivà che non accettò mai completamente, anche se non riuscì ad eliminarle: una sala caffè e la pausa pranzo. La vacanza di “ben hazmanim” (tra i semestri) era notevolmente più breve rispetto ad altre yeshivot, e le vacanze in altri periodi erano inimmaginabili. Una volta un giovane studente si avvicinò a rav Lichtenstein chiedendo di poter partire a metà anno per una vacanza sciistica all’estero con suo padre, come facevano ogni anno. Il rav espresse stupore per la richiesta stessa, osservando che ragazzi della sua età in quel momento giacevano nel fango rischiando la vita durante il servizio militare. Disse allo studente che gli avrebbe permesso di partire solo durante la vacanza estiva di “ben hazmanim“. Lo studente disse: “Ma in estate non c’è neve, e non si può sciare“. Il rav non si lasciò impressionare e trovò una soluzione: “Allora fai sci d’acqua“
I nostri Maestri stabilirono che un Maestro non interrompe le parole del suo compagno, e il rav lo prendeva alla lettera. Per molti anni ho studiato con lui e non l’ho mai sentito interrompere le parole di un’altra persona. Se chi parlava con lui si dilungava, il rav semplicemente aspettava che finisse. Chiesi a uno studente più anziano di me, che aveva studiato con il rav e poi insegnato al suo fianco per decenni, se avesse mai sentito il rav interrompere qualcuno. Mi disse: “Una volta sola. Gli stavo esponendo un’idea innovativa sulle leggi di purità, e lui era così entusiasta che prima ancora che finissi mi disse con gioia: ‘Verità e certezza!’“
Una volta andai prima di Rosh Hashanà a fare gli auguri al rav. Mi chiese come procedesse il mio lavoro rabbinico ed educativo. Ero in un periodo non molto buono e gli dissi: “Più delusioni che successi, e più fallimenti che risultati“. Il Rabbino mi disse: “Sai come Moshè riassume prima della sua morte i quarant’anni in cui ha guidato il popolo d’Israele? ‘Ecco, mentre sono ancora vivo con voi oggi, siete stati ribelli contro il Signore; quanto più lo sarete dopo la mia morte!’ (Deuteronomio 31:27) – pensi di meritare più di quanto ha ricevuto Moshè?“
Non si vantò mai né si diede importanza. Una volta uno studente, Danny V., chiese al suo amico Aaron P.: “Aaron, che ora è?” Rav Lichtenstein si voltò dal suo posto e rispose: “Dieci e un quarto“. Nessuno studente nella yeshivà avrebbe mai pensato di rivolgersi al rav usando il suo nome, ma il Rabbino semplicemente suppose che la domanda fosse rivolta a lui.
Una volta, durante una festa di Purìm, uno studente si avvicinò al rav e gli disse: “Rav, perché dovrei studiare Torah? In ogni caso, non arriverò mai alle sue caviglie!” Il rav non evitò la domanda né adulò il suo studente, come altri avrebbero potuto fare, ma gli rispose così: “E allora? Neanch’io arriverò mai alle caviglie del mio maestro, Rav Soloveitchik. Ognuno deve sforzarsi di fare ciò che può“.
Rav Amnon Bazak raccontò: in tutti i trent’anni della mia conoscenza con rav Lichtenstein, solo una volta ho sentito dalle sue labbra le parole “io odio“. Fu quando ci disse: “Odio la pigrizia“.
Una volta chiesero al rav cosa avrebbe voluto che scrivessero un giorno sulla sua lapide. Il rav rispose con una sola parola: “Si sforzò“.
Le storie sono tratte dal libro “Beato l’uomo che trova forza in Te“, dal libro di rav Yaakov Fisher “L’educazione è tutta la storia“, e anche dalla memoria di uno studente che sente molta nostalgia per il suo maestro e rabbino.