Abbassare l’asticella non conviene. Nello schieramento dei sionisti religiosi in Israele (quelli con la kippà a uncinetto) servono nuove strategie per affrontare nuove situazioni.
Rav Chayim Navon – Makor Rishon 3.5.2024
Gershom Scholem è stato lo stimato fondatore della moderna ricerca sulla Kabbalà. Quando studiavo all’Università Ebraica, scoprii che nel negozio di libri del campus veniva venduta un’edizione fotografata della “Copia personale dello Zohar del Prof. Scholem”, con le sue annotazioni, come se fosse un rebbe chassidico. Oltre al genio accademico, Scholem era noto anche per la sua profonda sensibilità storica. Già nel 1926 predisse ai pionieri atei in Israele il rinascimento della tradizione: “Dio non rimarrà muto nella lingua con la quale migliaia di volte lo hanno implorato di tornare nelle nostre vite”. In questo articolo mi concentrerò su un’altra sua profonda affermazione: secondo Scholem, l’ortodossia avrebbe un vantaggio educativo perché richiede ai giovani dei sacrifici.
Negli ultimi anni, molti israeliani che hanno ricevuto un’educazione religiosa, che però si comportano al massimo in modo tradizionale, dichiarano apertamente di identificarsi ancora con il sionismo religioso. Ci siamo imbattuti in un aspetto tragico di questo fenomeno durante la ricorrenza di Simchàt Torà (il 7 ottobre del 2023 NdT), quando non poche delle vittime del massacro nel quale hanno perso la vita con uno straordinario eroismo, si sono rivelate come provenienti dal sionismo religioso, anche se non stavano celebrando la festa in modo molto ortodosso (Festival Nova NdT). Alcuni deducono da questo episodio che bisognerebbe riconsiderare la definizione di ortodossia del sionismo religioso, in maniera che possa contemplare anche una vita condotta senza un impegno totale alla Halakhà e alla fede. Penso che sia un errore totale. Se vogliamo rafforzare i fiori più belli sui rami più lontani dell’albero, non possiamo certo tagliarne le radici.
Pensate ai Lubavitch. Chabad è, in certo senso, il movimento spirituale più influente nel popolo ebraico oggi, e i suoi membri operano in tre cerchi d’influenza. Nel cerchio più ampio, sono felici di accogliere chiunque accetti di ascoltare qualcosa da loro. Quando ci si avvicina ancora un po’, sono disposti a chiamare “Chabad” quasi chiunque sia disposto a mantenere un minimo di comportamento chassidico. Ma nel cerchio interno, le yeshivòt Chabad insistono con tenacia sulla profonda teologia e sui requisiti molto alti formulati dai precedenti Rebbe di Lubavitch. Questo nucleo duro e profondo non solo non danneggia l’influenza pubblica che hanno i Chabad, ma al contrario la facilita. Una collettività che desidera che molte persone si rifugino sotto le proprie ali, deve sviluppare ali enormi, non restringerle.
Organizzazioni religiose in tutto il mondo hanno imparato questa verità. Negli anni ’60 la Chiesa Cattolica decise di aggiornare i propri riti. Ha rimosso l’antico latino dalle preghiere; ha abolito il divieto di mangiare carne il venerdì e ha reso più accomodante la confessione. Il risultato è stato un esodo in massa dalla Chiesa Cattolica, sia di sacerdoti e sia di semplici credenti. Nel 1963, 167 sacerdoti hanno lasciato la Chiesa, ma nel 1970 erano già 3.800 a farlo. Prima di queste decisioni, il 75% dei cattolici americani partecipava regolarmente alle funzioni in chiesa; dopo, la percentuale di fedeli era scesa al 45%.
Le persone possono identificarsi con un movimento religioso che pretende molto, anche se faticano a rispettarne tutte le richieste. Ancora di più: si può mantenere una condotta religiosa incerta e parziale, solo ai margini di una realtà religiosa più rigorosa. Quando un ex-ortodosso arriva in sinagoga solo per dire il Kaddish per il padre scomparso, può contare sulle almeno dieci persone nel suo quartiere, che frequentano la sinagoga per tre volte al giorno, tutti i giorni. La donna debolmente osservante, che ci tiene all’immersione nel mikvè (bagno rituale NdT) , può contare sulla volontaria nella sua città che è di turno di shabbàt in quel mikvè. Chi propone di abbassare l’asticella dei nostri requisiti religiosi non sembra avere una profonda comprensione della natura umana e del carattere della comunità religiosa.
Dalla parte opposta, a volte sento da educatori e rabbini una risposta che trovo altrettanto sbagliata. Quando tradizionalisti ed ex-ortodossi confondono i confini della società sionista religiosa, c’è chi chiede in risposta di definire meglio questi confini e trasformarli in mura che servano a chiarire chi è dentro e chi è fuori. Mentre i facilitanti ideologizzati che ho citato in precedenza si avvicinano agli ebrei conservativi (una corrente ebraica non ortodossa NdT), questi rigoristi imitano gli ebrei di tradizione lituana. Anche questa è a mio avviso una posizione sbagliata. Chi è sicuro di sé non si sforza di circondarsi solo di persone simili a lui. Dal canto mio cerco di educare i miei studenti alla fede profonda e al pieno rispetto della Halakhà, ma non ho alcun interesse a escludere coloro che non soddisfano questo standard.
A paragone con il resto del mondo, la percentuale di coloro che provengono dal sistema educativo religioso e che continuano a osservare i precetti è molto elevata. E se anche coloro che non si considerano completamente religiosi desiderano far parte di questa società – per me è un guadagno netto.
La chiave per il successo educativo e la prosperità di una comunità sono un alto standard di requisiti, unito alla tolleranza verso coloro che non riescono a soddisfarli. Se non poniamo requisiti, non saremmo una corrente religiosa, ma un club fallimentare. Se non manifestiamo tolleranza, non saremmo una comunità vitale che irradia forza, ma solo una setta fanatica e rabbiosa. Dobbiamo saper distinguere tra sionismo religioso e sionista religioso. Cos’è il sionismo religioso? Su questo potrei scrivere un trattato. Chi è un sionista religioso? Chiunque lo desideri.
Traduzione di David Piazza
Glossario:
“Sionisti religiosi” (a volte chiamati in Italia “nazional-religiosi”) corrispondono nel mondo ebraico anglosassone ai “modern orthodox”, partecipano alla società civile e fanno il servizio militare, sono ormai divisi in correnti più o meno liberali.
“Ex-ortodossi” è la traduzione del neologismo in sigla “Datlash-Datì lesheavàr”, sono gli ebrei che hanno abbandonato l’impegno all’osservanza totale dei precetti.
“Debolmente osservanti” è la traduzione del neologismo ebraico-inglese “Datì Light”-Religioso leggero”, e sono più osservanti comunque dei semplici tradizionalisti.