Yaakòv, trascorsi vent’anni nella casa di Lavàn, prima di lasciare la Diaspora per tornare con le mogli e i figli in terra di Israele, ricorda al suocero tutte le angherie da questo commesse. Tra i soprusi commessi da Lavàn, Yaakòv include: “Tu mi hai modificato il compenso per dieci volte”. Lavàn prometteva un pagamento e poi lo modificava a lavoro concluse e questo, secondo la Torà, non è permesso.
Domanda: accadde a Tel Avìv. Un tale decise di rinnovare il proprio salotto e chiamò un’impresa di ristrutturazioni edili. Il padrone di casa e il muratore incaricato del lavoro si concordarono per una cifra che si aggirava attorno ai mille dollari. Uscendo, il muratore notò nel salotto un quadro di suo piacimento e chiese al padrone di casa se era possibile ricevere il disegno in cambio del prezzo pattuito. Il padrone accettò di buon proposito. Terminati i lavori, la moglie del padrone di casa si accorse che il marito stava per staccare il quadro dal muro per darlo al muratore. La donna, però, era assai affezionata al dipinto che le fu regalato dal nonno quand’era ancora giovane perciò vietò al consorte di staccare il quadro. Così l’uomo offrì al muratore la cifra pattuita al principio. Il muratore, però, disse che a termini di legge il pagamento doveva essere effettuato con il quadro e non con il denaro in quanto questi erano gli accordi pattuiti prima di iniziare i lavori. Che fare? Che cosa dice la Halakhà in questi casi? I due, entrambi osservanti, si rivolsero al Tribunale Rabbinico cittadino.
Risposta: Rabbì Moshè Isserlès (Choshèn Mishpàt 332, 4) sulla base dell’insegnamento di Rabbènu Ashèr, scrive che un lavoratore a cui è stato promesso un oggetto in pagamento per un’opera svolta, non diviene il legittimo proprietario di tale oggetto finché costui non lo abbia afferrato e tenuto nelle proprie mani. Pertanto chi si è avvalso del lavoro dell’operaio può ancora sostituire il pagamento proposto con del denaro contante. In tal caso, però, il Tribunale Rabbinico esecrerà pubblicamente colui che non ha mantenuto l’impegno dichiarando ad alta voce: “Colui che ha fatto pagare le colpe ai peccatori viventi all’epoca del diluvio universale; Colui che ha fatto pagare le colpe ai peccatori viventi nella generazione successiva al diluvio universale per la divisione tra loro, farà pagare prima o poi le colpe di coloro che non mantengono le promesse”.
La risposta del Tribunale fu poi esaminata da Rav Zilbershtein il quale disse: “Se il pagamento con l’oggetto non avviene a causa di un vero impedimento, la retribuzione proposta può essere sostituita con un’altra forma di retribuzione e in tal caso nessun Tribunale Rabbinico potrà esecrare colui che non ha mantenuto l’impegno. Il dolore della donna padrona di casa nel separarsi da un dono che ricorda in lei il proprio passato è qui un vero impedimento per il marito. Un marito che nota del dolore nella propria moglie non può nel modo più assoluto non considerare questo come un intralcio e uno scoglio anche per la propria felicità e per il proprio futuro familiare. Si paghi il muratore, ci si scusi con lui in privato e possano i coniugi vivere nella nuova casa solo momenti di felicità. Amèn.
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