La parasha’ di Toledot, inizia con la narrazione della sterilità di Rivkà e delle preghiere che ella rivolge a D-o per rimanere incinta di suo marito.
Le preghiere non sono esaudite, fintanto che Izchak, non si rivolge anch’egli a D-o in preghiera.
Izchak adotta una tecnica particolare di tefillà, che noi oggi conosciamo con il termine “zekhut avot – il merito dei padri”.
Egli, infatti, adopera questo modo di pregare invocando qualcosa a lui caro ma soprattutto caro a D-o: le azioni di suo padre Avraham.
Nel testo è detto:
“…e Isacco supplicava il Signore a causa di sua moglie che era sterile”.
Il termine “le nochach ishto’ – a causa di sua moglie” vorrebbe esprimere la posizione che Izchak teneva rispetto a Rivka’; cioè, pregando, si poneva di fronte a lei.
I Maestri fanno notare che l’anagramma del nome Rivka’ e’ “ha bakar – il bestiame” o “ha boker – il mattino”.
Quindi invocando questi due termini, ricordava al Signore due cose che Gli erano particolarmente care: l’incontro con i tre Angeli, a proposito di cui e’ scritto che Abramo corse verso il bestiame per preparare loro un pranzo dignitoso, e l’akeda’ – il sacrificio di Isacco, a proposito di cui e’ scritto ” e Abramo si alzò di buon mattino” per affrettarsi ad esaudire la volontà divina.
Questo ci insegna che, ogni volta che ci rivolgiamo al Signore, per chiedergli di esaudire le nostre richieste, abbiamo il dovere di appellarci al zekhut avot. E’ questo è ciò che noi facciamo in ogni occasione che ci rivolgiamo a Lui in preghiera e, in modo particolare nei giorni di Rosh ha shana’ e Kippur.