Descrizione
Libro di preghiere di rito italiano in uso oggi nelle sinagoghe, con chiare indicazioni dei brani recitati dal solo chazàn (ufficiante) e quelli recitati invece insieme al pubblico, per una partecipazione consapevole alle funzioni.
Cultura ebraica a tutto campo
€11,00
Formulario di onoranze ai defunti di rito italiano סדר תפילות לכבוד המתים כמנהג בני רומי
2004 – Pagine 48 – Milano
Copertina | Brossura morbida plastificata |
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Formato | 148×210 mm |
Testo | Testo ebraico e traduzione italiana a fronte |
Autore | David Sciunnach |
Libro di preghiere di rito italiano in uso oggi nelle sinagoghe, con chiare indicazioni dei brani recitati dal solo chazàn (ufficiante) e quelli recitati invece insieme al pubblico, per una partecipazione consapevole alle funzioni.
Questa pubblicazione raccoglie le preghiere relative alla Cerimonia funebre secondo l’uso della Comunità Ebraica di Milano. Tale esigenza nasce dal fatto di dare continuità al formulario di preghiere esistente (ne esisteva un unico esemplare) e viene a beneficio di coloro, familiari e non, che adempiono al dovere religioso di assistere il defunto, così da comprendere meglio il profondo significato dell’atto che stanno compiendo. Confortare le persone addolorate per la perdita di un caro costituisce per il popolo ebraico una mitzvà. Inoltre tale evento, spesso, ispira in noi un’introspezione che ci sprona a migliori propositi futuri.
È significativo notare, nei testi che accompagnano la cerimonia funebre, la pressoché totale assenza di espressioni di dolore e di lamenti per l’avvenuta dipartita. Il trapasso diviene, in seno alla tradizione ebraica, occasione per una meditazione sui massimi valori della vita; il dolore e i rimpianti degli affetti terreni sono lasciati all’intimo e alla sensibilità del singolo, che va rispettata e salvaguardata.
Vi è una separazione netta fra i brani che precedono la sepoltura vera e propria e quelli che la accompagnano e la seguono. Nei primi ricorrono spesso termini come tzèdek e mishpàt, che indicano l’imperscrutabile giustizia divina, e il termine chèsed che richiama la misericordia.
Nella seconda parte l’attenzione si concentra specialmente sulla parola shalòm, pace. Si chiede riposo per l’anima del defunto in cielo nell’attesa della resurrezione. La preghiera sfocia inoltre in un’accorata richiesta per la concordia universale sulla terra, aspirazione secolare del popolo ebraico per quell’èra messianica della quale la resurrezione può essere forse l’evento conclusivo.
La liberazione dell’anima dai vincoli corporei diviene così, nella liturgia funebre ebraica, metafora della redenzione futura d’Israele dal giogo dell’esilio; il profeta esprime chiaramente questo concetto: “Così dice il Signore Iddio: ecco che aprirò i vostri sepolcri, vi farò risalire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi ricondurrò alla terra di Israele” (Ezechiele 37, 12).
Ingresso al cimitero 12 כניסה לבית הקברות
Preghiere nell’ohèl 14 תפילות באוהל
Accompagnamento della salma alla fossa 24 ליווי המת לקבר
Hashkavà 28 השכבה
Hashkavà di shabbàt o di giorno festivo 38 השכבה לשבת ויום טוב
Benedizione del pasto per gli avelìm 40 ברכת המזון לאבלים
Benè Romi è il nome con cui vengono chiamati gli ebrei di rito italiano nella letteratura rabbinica talmudica, dove ne vengono descritte le specifiche usanze, sin dai primi secoli dell’era volgare (p.e. TB Pesachìm 53a). Il primo siddùr di preghiere mai stampato al mondo è quello per gli ebrei italiani (Soncino 1485). Una edizione di poco posteriore (Bologna, 1540) è servita da supporto per la presente pubblicazione. Numerose altre edizioni si sono aggiunte nel tempo. Particolarmente degna di nota è quella curata da Shemuèl Davìd Luzzatto (Shadàl: Livorno, 1856), con un’ampia prefazione in cui il rito italiano viene studiato e descritto per la prima volta (rist. D. Goldschmidt, Mavò le-Machzor Benè Roma, Tel Aviv, 1966). Il Novecento ha visto diverse pubblicazioni: ricordiamo quelle di A. Hasdà (Torino, 1905), D. Camerini (Torino, 1916) e nel secondo dopoguerra quelle di D. Prato e D. Panzieri a uso della Comunità di Roma, mentre D. Disegni curava edizioni particolari per le Comunità di Torino e Milano; va ricordata infine quella più recente di M.E. Artom con le varianti di tutte le Comunità.
La collana Siddur Benè Romi si aggiunge a questa antica tradizione dal 1999, data in cui viene pubblicata una prima edizione a uso privato del siddùr per i giorni feriali e shabbàt, fino a coprire quasi tutte le ricorrenze del ricco calendario liturgico ebraico. Caratterizzano la collana la nuova composizione elettronica dei testi (i siddurìm precedenti venivano riprodotti in anastatica con evidente degrado della leggibilità); una costante redazione critica degli stessi, che facendo riferimento a tutte le edizioni precedenti, tenga conto dei minhaghìm in uso oggi nei diversi battè hakkenèset; un’impostazione grafica che ne esalti la leggibilità e chiarisca quali sono i brani di competenza del singolo e quali del solo chazàn; delle brevi note halakhiche che possano essere finalmente di guida a chi riconosce nella tefillà non solo un bisogno del cuore, ma anche una dettagliata mitzvà; una punteggiatura ebraica moderna più comprensibile; l’uso di convenzioni grafiche che facilitano la partecipazione alla tefillà in pubblico (parentesi tonde per i brani sottovoce, parentesi quadre per quelli in coro, triangolini grigi per i punti in cui ci si inchina).
È ferma convinzione dei redattori che non solo la sopravvivenza, ma lo sviluppo e la crescita delle specifiche tradizioni comunitarie debbano essere sostenute, oltre che dalla buona volontà dei singoli, da strumenti culturali costantemente aggiornati. Speriamo che il Siddùr Benè Romi possa essere uno di questi.
La redazione
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